A Felice Dionisi
Via delle Gardelline, strada storica che collega Savigno a Merlano. La prendo non sapendo dove porti e non sapendo quale sia la condizione della strada, ma sapendo che….
Le strade più impervie ci hanno sempre portato in alto.
Non sapevamo di arrivarci, avevamo grandi dubbi, avevamo una sorta di paura, insicurezza, meglio dire timidezza, si una sorta di timidezza nell’affrontarla, e non c’è forse cosa peggiore della timidezza.
Un sentimento vero, autentico, naturale come lo sbocciare delle rose in maggio, un sentimento che non è paura, è timore, il timore di sapere che Puoi farcela, Puoi abbattere il muro tra te e l’indifferenza, unico scalino davanti a te, quello scalino che ti fa inciampare, l’assenza di cattiveria nel farlo.
La timidezza è vigliacca ed è vigliaccheria, non è paura, ma lo diventa, è un’insicurezza che porta a trasformazioni impreviste, appaiono davanti all’apparenza, nell’illogica del tuo io.
Trasformazioni che ti lasciano fermo nel tempo, mentre esso scorre inesorabile verso il futuro sempre più veloce.
Ma se vogliamo arrivare alla fine di queste strade impervie, arrivare in cima, arrivare il più in alto possibile, la timidezza viene vinta, viene travolta, insieme alla pigrizia, è un moto di rabbia che ci fa maledire quel proseguire, fino a che un segnale non ci dice che la strada è quella giusta.
Un segnale c’è sempre quando si segue la via del cielo, dobbiamo solo saperlo cogliere.
Un monumento con una targa, un Momento, un biker, un uomo, un ragazzo, che non c’è più, ma che se è qui, quando siamo in crisi nera su una strada che è un fiume, è perché nella sua pedalata ha incontrato un giro in bici dove ha dovuto chiedere un passaggio. Un passaggio fatto di chiacchere, gare, garette e tante risate.
Un passaggio che si chiama vita e la vita lo ha voluto ricordare.
Perché se lo meritava.
Pedalare è vita, avremmo voluto tornare indietro e invece siamo arrivati fino in cima a quel monumento e a quella targa ormai sbiadita che merita di essere rinvigorita.
Come colui, che pedalava veloce senza mai scordare chi aveva dietro.
Una pedalata non va mai persa.
A Felice Diosini.
Grazie.
Foto di Enrico Pasini