Ancora tanta preoccupazione e stanchezza tra i dipendenti Fiac, l’azienda di Pontecchio Marconi a rischio delocalizzazione.

A un mese e mezzo di distanza dall’inizio dello sciopero dei dipendenti, che continuano la produzione a fasi alterne e presidiano i cancelli dello stabilimento 24 ore su 24, allo scopo di scongiurare la chiusura del sito e la conseguente perdita del lavoro di ogni lavoratore, fisso o somministrato che sia, l’obiettivo principale è ancora lontano dal suo raggiungimento.

Una lotta nel rispetto della legge e delle misure anti Covid, che ha trovato il sostegno non soltanto delle persone comuni, ma anche delle autorità locali e personalità di spicco, quali il presidente Bonaccini, che non ha mai nascosto il sostegno ai lavoratori.

Presso i cancelli Fiac si sono presentati inoltre i membri del gruppo musicale Lo Stato Sociale e Mattia Santori, volto mediatico del movimento delle Sardine.

Giornali e televisioni hanno parlato del grave problema di una delle aziende dell’Appennino, fiore all’occhiello del territorio per oltre quarant’anni, sottolineando l’aspetto umano della situazione e come i lavoratori abbiano dimostrato buona volontà nel proporre alternative alla chiusura, con progetti a breve, medio e lungo termine.

Purtroppo, nonostante tutti i propositi e le iniziative delle quali si è discusso ai tavoli tecnici, la proprietà non ha mai dimostrato alcun interesse né ha mai creato un qualsiasi spunto di discussione per smuovere una situazione di stallo, che sta mettendo a dura prova i nervi di tutti coloro costretti a lottare strenuamente per un diritto costituzionale assolutamente inalienabile.

 

Ci siamo profondamente impegnati per trovare un punto di incontro…” ha commentato la delegata RSU Barbara GasparoniMa, ad oggi, l’azienda non ha mai dimostrato alcun interesse verso le nostre proposte e non ci ha mai teso la mano, dimostrandosi anzi del tutto indifferente a qualsivoglia iniziativa e rivelando la propria presenza ai tavoli tecnici del tutto fredda e inutile. Siamo stremati, arrabbiati e abbiamo una paura indescrivibile per il futuro che ci attende. Nonostante il morale alto e il fatto di essere uniti come non mai, siamo veramente stanchi di una proprietà che dimostra chiaramente di non possedere trasparenza, onestà e buona fede. Ma non abbiamo alcuna intenzione di cedere, questo è sicuro!

Lunedì prossimo, intanto, si attende l’arrivo dei trenta camion che hanno il compito di caricare i compressori finora realizzati, ma i lavoratori hanno già messo in chiaro che, al loro arrivo, congeleranno l’accesso in fabbrica per qualunque tipo di trasporto, chiedendo agli autisti di tornare alle 14, dopo l’ennesimo tavolo tecnico con i vertici aziendali e l’assemblea sindacale programmata a seguito di esso.

Alle ore 14, avremo preso una decisione.” Ha continuato la Gasparoni “Gravi problematiche personali e familiari non possono continuare in questa direzione e la nostra dignità non ha alcun prezzo. Vogliamo che l’azienda dimostri chiarezza. Noi siamo ancora disposti ad ascoltare e proporre, ma non vogliamo essere presi in giro, con scuse che ormai stanno a zero.

Dal canto suo, la proprietà ha fatto sapere che non intende assumere i lavoratori interinali nello stabilimento, nonostante il maggior costo, né concederà la buona uscita di lavoratori prossimi alla pensione, con ammortizzatori sociali e aiuti economici a carico dell’azienda stessa.

Un braccio di ferro ancora duro, dunque… per una realtà del territorio in grave difficoltà, ma ancora pronta a contare sul sostegno generale e sulla forza d’animo dei dipendenti che hanno aiutato Fiac a crescere, contribuendo a creare un nome di rilievo in tutto il paese e dimostrando ancora una volta di essere una famiglia coesa nella più grande delle difficoltà e, mentre lo spettro della delocalizzazione in Cina aleggia sempre minaccioso nell’aria, continuano le iniziative davanti ai cancelli dello stabilimento.

Di ieri sera, l’intervento di Gianluca Farinelli, presidente della Cineteca di Bologna, prima della proiezione all’aperto del film Bread and Roses, del regista e attivista britannico Ken Loach, il cui tema è appunto la precarietà del lavoro e la dignità umana che ne consegue.

 

Foto di Fabrizio  Carollo

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