Pochi tra i bolognesi che passano sotto la rupe del Sasso, sulla strada Porrettana,
sanno che nel 1892 quel luogo tanto suggestivo fu teatro di una spaventosa
tragedia. Un masso, pesante cinquantamila quintali, si staccò dal monte e
distrusse cinque case uccidendo quattordici persone e ferendone ventiquattro. La
prima descrizione della rupe (pubblicata nel 1550) è di Fra Leandro Alberti che
ricorda come già in quel tempo si fosse provveduto a scavare un passaggio a
sbalzo nella roccia (protetto da armatura in legno realizzata dagli abitanti delle
case adiacenti) per facilitare il transito dei viaggiatori diretti a Bologna. La strada
non passava, come ora, fra la rupe e lo scoglio di roccia che sorge dal lato del
fiume, rasentava infatti la parete del monte e scendeva verso il letto del Reno.
Solo nel 1829 fu aperto un varco nella roccia e la strada proseguì tenendo a
sinistra lo scoglio di forma piramidale. In quegli anni raggiungeva un’altezza di 22
metri sul piano stradale, ma nei primi del novecento fu parzialmente demolito e
gli fu data la forma attuale. Nel 1862 fu costruita la ferrovia della Porrettana, che
passa sotto la rupe nel punto ove correva la vecchia strada descritta da Leandro
Alberti.
La rupe è stata oggetto per secoli delle attenzioni dei pubblici amministratori; nel
1787 ad esempio fu demolita con le mine la grotta entro cui era stato eretto, pare
nel 1300, il santuario dedicato alla Vergine. Il tempio, infatti, minacciava di
crollare. Nel 1788 una parte della rupe che incombeva sulla strada venne tagliata.
Il terribile crollo è avvenuto nel 1892 senza che fossero notati in precedenza
segnali inequivocabili di quanto stava per accadere. Gli avanzi del santuario
rimasti all’interno della rupe e dai quali si era staccata col taglio del 1787 la parte
più a rischio, avevano cominciato ad essere utilizzati come ricovero da qualche
girovago. Vi presero alloggio infine delle povere famiglie e così i proprietari
pensarono di trarne qualche guadagno cedendo in affitto le grotte. Il luogo si
trasformò in breve in un villaggio simile ai sassi di Matera. Alcune famiglie
innalzarono anche rudimentali facciate a ridosso delle grotte per proteggersi dalle
intemperie.
Fece molto parlare il popolino la singolare premonizione di Virginia Gruppi, moglie
del cenciaiolo Clemente Bendini, detto Tresette.
La Gruppi, che abitava in una delle grotte, la sera del 25 giugno entrò piangendo nella chiesa di San Leo. G. B. Comelli, che alla rupe del Sasso ha dedicato un ormai introvabile volume, riporta l’episodio.
Erano i primi vespri della funesta notte di San Giovanni e si stava per chiudere la chiesa di San Leo quando il sagrestano vide la donna di Tresette che, mezzo inginocchiata, mezzo seduta, emetteva gemiti, innalzava preghiere e domandava la benedizione del prete, lamentandosi che le fosse stata negata, in quel stesso giorno, alle chiese di San Silvestro e del Borgo del Sasso. Anche dopo aver ricevuto la benedizione dal vicecurato di San Leo, Don Francesco Altini, la donna si rifiutò di uscire e lo pregò di lasciarla pernottare all’interno della chiesa.
Molto meravigliato per la strana richiesta della povera donna, il prete le fece
osservare che lei abitava al Sasso che era poco lontano. Ma la donna gli rispose
che non sarebbe andata a casa perché, quella stessa notte, al Sasso sarebbe
successa una grande disgrazia.
Si lasciò persuadere ad uscir di chiesa, ma fatti pochi passi, entrò nella adiacente
casa colonica. La padrona di casa, la contadina Ernesta Armaroli, riferì che pure lì
la Gruppi si mostrò incerta sul luogo ove passare la notte e disse chiaramente che
non avrebbe pernottato al Sasso perché stava per succedere un guaio. La Gruppi
si avviò poi verso Jano e, dopo aver fatto circa la metà di quell’erta salita che è
detta la Pietra, ricordatasi forse del suo compagno Tresette che senza avvertirlo
avrebbe lasciato vittima dell’incombente disgrazia, tornò indietro, passò un’altra
volta da San Leo, scese verso il Sasso e raggiunse la sua grotta. Il buon cenciaiolo
stava per coricarsi, era tranquillo e non diede peso alle affermazioni della
consorte, la quale, come egli confermò, gli aveva rivelato il suo presentimento in
merito alla disgrazia imminente. La donna rimase in casa mezzora, poi, come se le
scottasse il terreno, se ne andò furtivamente dalla grotta, prese la strada del
Borgo sotto il Sasso, poi girovagò smarrita e senza meta per tutta la notte. Il crollo
fu terribile e sfiorò fortunatamente la grotta della Gruppi dove dormiva il
cenciaiolo che non riportò danni fisici. La sciagura indusse le autorità ad affrontare
con decisione la sistemazione del Sasso e per evitare future disgrazie vennero
innalzati i robustissimi muri che ancora oggi imbrigliano la roccia.
Lamberto Bertozzi
da Radio Digitale che ringraziamo