Antonio Bernardini
Nella giornata di ieri è scomparso il quasi centenario Antonio Bernardini testimone dell’Eccidio di Cà Berna, che per tanti anni fino a oggi ha tenuto viva la memoria dell’eccidio di tanti compaesani e tra l’altro anche dei suoi familiari.
Lo vogliamo ricordare per tutto l’impegno profuso affinché quegli orribili eventi non siano dimenticati e rimangano un monito per le nuove generazioni.
Grazie Antonio per tutto quello che hai fatto e vissuto, non ti dimenticheremo e come amministrazione daremo seguito a quanto fin qui hai rappresentato.
Esprimiamo le più sentite condoglianze a tutti i famigliari.
Il Sindaco
Sergio Polmonari
Ciao Toni
Era una fredda mattina del 1944, il 27 di settembre. C’era la guerra e, quando c’è, la giornata comincia ma non sai se e come finirà. Le sorti del conflitto sembravano avere preso un indirizzo preciso e la sconfitta dell’invasore tedesco pareva ormai inevitabile. Un gruppo di partigiani era nascosto nei boschi sopra Ca’ Berna avendo ricevuto ordine di lasciare passare le truppe tedesche in ritirata senza innescare scontri. Le cose purtroppo non andarono secondo i piani.
La Maria tornava da Vidiciatico dove si era recata per fare spesa e a rendere visita ad alcune persone. Tonino, il figlio diciottenne, vedendola arrivare le andò incontro avvisandola dell’imminente pericolo e invitandola a nascondersi con gli altri nei boschi onde evitare possibili problemi. Alle esortazioni del figlio ella rispose che sarebbe rientrata a casa perché, essendo una donna, i tedeschi di certo non le avrebbero fatto del male. Come la storia ci ricorda le cose andarono invece diversamente a causa di un’improvvida iniziativa di un paio di giovanissimi partigiani. La rappresaglia nemica fu immediata e crudele e causò l’eccidio di tutti i presenti nella piccola borgata: vecchi, donne e bambini.
Da quel triste giorno sono passati quasi settantasette anni. Ogni anno, il 27 settembre, sul luogo dell’eccidio si svolge una semplice cerimonia rievocativa che si conclude al cimitero con la benedizione presso il piccolo sacrario che contiene i resti delle vittime. Fino allo scorso anno, Tonino mai ha fatto mancare la sua presenza e la sua viva testimonianza, il prossimo 27 settembre non ci sarà. Il suo cammino su questa terra si è concluso oggi. Le sue parole di rievocazione hanno immancabilmente sempre avuto come unico obiettivo quello di ricordarci l’assurda crudeltà delle guerre. Mai gli ho sentito proferire espressioni di risentimento verso chi, agendo in modo inconsulto e contravvenendo agli ordini, innescò la rappresaglia che causò la morte di quelle ventinove persone, fra le quali sua madre Maria. Nonostante conoscesse i loro nomi.
Anni fa, il compianto Francesco Berti Arnoaldi Veli ebbe a dire: “Ho sempre pensato che i cattolici abbiano fin qui conservato la memoria dell’evento fondatore della loro fede perché da secoli, di domenica in domenica, viene ripetuto e fatto rito il racconto della crocifissione del Figliol dell’Uomo. Ma se non ci fosse la costanza di questo rito del ricordo che ha finito per rimodellare l’uomo, anche l’immagine del lontano ebreo crocifisso sotto un governatore romano di secondo piano sarebbe stata inghiottita dalla informe memoria storica delle guerre giudaiche che costellarono la Palestina di infinite croci, duemila anni fa, senza lasciare altra traccia che le memorie di Giuseppe Flavio e poco più. Se non avessero continuamente <ricordato>, gli uomini non sarebbero divenuti cristiani. (…) Ecco a cosa avrebbe portato la perdita della memoria. Ma sono le bestie a non avere memoria. Per essere uomini, bisogna ricordare. Amen”
Un altro studioso, Luca De Biase, più recentemente ha scritto: “La società contemporanea ha bisogno di consapevolezza storica, dal punto di vista intellettuale, come la vita ha bisogno di aria e nutrimento. Difendere la storia sta diventando una battaglia importante, che può contribuire al superamento della scioccamente triste, disorientata, talvolta incomprensibilmente drammatica fase attuale della vicenda umana.”
Toni era una persona semplice ma, ad ogni rievocazione, anche il suo messaggio, come quelli sopra riportati, era sostanzialmente finalizzato a “difendere la storia” e scongiurare il pericolo di una collettiva perdita di memoria. Si badi bene, mai con lo scopo di serbare rancore aspettando vendetta, ma per ricordare a tutti l’assurda crudeltà di ogni conflitto. La sua voce forte ha fino ad ora risuonato decisa vicino al cippo che ricorda la strage. Non deve disperdersi nel vento. Deve essere come una sorta di bandiera che ora le sue mani hanno lasciato e che noi dobbiamo raccogliere e tenere alta senza lasciarla cadere. Glielo dobbiamo. Grazie Toni, che la terra ti sia lieve. Riposa in pace.
Nella foto, Tonino è in piedi al centro, dietro, con la sigaretta in bocca. Davanti a lui la madre Maria.
Un amico lizzanese
Il cippo a ricordo dei Caduti
Nota storica – L’eccidio di Ca’ Berna
Una pattuglia di 4 o 5 soldati tedeschi, che si sta dirigendo a piedi dal fronte verso le retrovie, è attaccata nei pressi di Cà Berna, tra Vidiciatico e Madonna dell’Acero, in comune di Lizzano in Belvedere, da una squadra di partigiani della Divisione Modena “Armando”.
Secondo alcune testimonianze successive non ci sono vittime. Secondo altre, un certo numero di tedeschi vengono uccisi.
Entra comunque subito in azione una colonna della divisione di cui quei soldati erano un’avanguardia, la 16a Panzergrenadier “Reichsfuhrer SS” del gen. Max Simon, in ritirata dalla Toscana, dove si è già resa protagonista di vari eccidi di civili ed azioni di rappresaglia.
Sul paese si riversa il fuoco delle mitragliatrici e dei mortai. Tutti i civili catturati, 28 o 29, vengono passati per le armi e finiti con colpi alla nuca. Sono soprattutto donne, bambini, anziani, sfollati dai paesi del fondovalle, convinti di aver raggiunto un luogo sicuro.
Prima di lasciare il paese, le SS compiono un ultimo atto di crudeltà, lanciando bombe a mano sui morti.
La traslazione dei corpi dei Caduti di Ca’ Berna nel 1957 – foto ANPI