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L’Appennino punta sulla mela “Rosa romana”, un’eccellenza alimentare da riscoprire

 

Si chiama “Rosa Romana dell’Appennino” il progetto sostenuto dall’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese che mira a favorire la riprese della coltivazione della rosa romana, una mela diffusa sull’Appennino reggiano e bolognese che deve il suo nome alla presenza già in epoca romana e particolarmente adatta alla cottura, visto che gli usi tradizionali comprendono la preparazione di marmellate e mostarde.

L’obiettivo principale è quello di salvaguardare le coltivazioni residue ancora sporadicamente sopravvissute in varie località dell’Appennino Bolognese, in un’ottica di tutela della biodiversità. Il percorso nasce alcuni anni fa dall’idea di un gruppo di coltivatori ed operatori economici locali, coinvolti da Antonio Carboni, commerciante e frutticoltore di Riola, e sostenuti dalle associazioni di categoria.

Il progetto sarà presentato, alla presenza dell’Assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna Simona Caselli, in un convegno che avrà luogo il 14 maggio 2018 alle ore 17,30 presso il castello Rocchetta Mattei, con la finalità di chiedere un riconoscimento formale per un’associazione da costituire con enti promotori e coltivatori, primo passo verso un consorzio operativo che promuoverà il recupero e la reintroduzione di antiche varietà fruttifere.

Capofila del progetto è il Comune di Grizzana Morandi, il cui sindaco Graziella Leoni commenta “Il nostro territorio custodisce un’immensa ricchezza che risiede nella terra e nel patrimonio agroalimentare. Riteniamo fondamentale valorizzare saperi, tecniche e consuetudini legate all’agrobiodiversità attraverso attività e progetti mirati come la riscoperta dei frutti antichi e in particolare della mela Rosa romana, preziosa custode di tradizioni e sapori antichissimi ma troppo spesso dimenticati.”

Oltre tutto Grizzana si è candidata ad ospitare “Il Giardino di Morandi” attorno alla casa del celebre pittore. Attraverso il recupero dell’antica maglia poderale dei due fondi agricoli di pertinenza del Complesso Rurale del Campiaro (circa 25 ettari), di proprietà pubblica, si darà infatti vita ad un “Pomario”, un giardino con valenza didattico-informativa che ospiterà le specie antiche che rischiano l’estinzione.

Altro comune coinvolto è quello di Castel d’Aiano, con il sindaco Salvatore Argentieri sostenitore entusiasta dell’iniziativa. “Il nostro territorio si presta bene alla coltivazione di prodotti tradizionali che rischiano di scomparire perché schiacciati da logiche di mercato, con grandi produttori che impongono le loro specie” spiega il primo cittadino. “Il nostro impegno deve tutelare la biodiversità: io stesso ho in giardino due alberi di rosa romana di cui sono particolarmente fiero”.

Il convegno aprirà una fase in cui si raccoglieranno le idee ed i suggerimenti di oltre duecento operatori di tutta la valle, da sottoporre ufficialmente ai Comuni interessati, nel quadro delle iniziative riconosciute valide e sostenibili dal GAL o dalla Regione Emilia-Romagna. Il progetto terrà poi conto dei numerosi sopralluoghi nei vecchi siti di coltivazione, che sono serviti per conoscere ed approfondire le diverse varietà di frutti antichi presenti sul territorio e le esperienze di coltivazione, grazie alla preziosa collaborazione del professor Silviero Sansavini e del Dipartimento Coltivazioni Arboree dell’Università di Bologna.

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