CICLISMO: Ricordi di Alfonso “Fonso” Calzolari – 1

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Foto ANSA/DARIO BELINGHERI

 

 

Dal 1909 ad oggi sono trascorsi centoundici anni e in questo lungo lasso di tempo solo una edizione del Giro d’Italia  è stata vinta da un atleta bolognese, anzi della provincia bolognese, il vergatese ALFONSO “FONSO” CALZOLARI.

Nell’attesa che, anche quest’anno, il Giro riesca a vedere la luce, e quindi far sognare centinaia di migliaia di tifosi vi voglio narrare la vita di Alfonso Calzolari con la sua clamorosa vittoria nella corsa organizzata della Gazzetta dello Sport.

Alfonso (per tutti “Fonso”) Calzolari nasce a Vergato il 30 aprile 1887 ma in tenera età si trasferisce con la famiglia a Bologna. Da ragazzino riesce a trovare un impiego come operaio presso una fabbrica di reti per  letti.  La passione per la bicicletta però lo rapisce subito e volendo impratichirsi in questa disciplina sportiva, al termine della giornata lavorativa, si recava sul circuito della Montagnola per seguire gli allenamenti dei più affermati ciclisti bolognesi dell’epoca. Il tratto di strada dalla fabbrica alla Montagnola lo faceva su una bicicletta sgangherata che era riuscito ad acquistare con i primi risparmi.

Con il passare del tempo Alfonso comincia ad allenarsi con grande determinazione ed a prendere in considerazione l’idea di diventare a sua volta ciclista “professionista”.

Nel 1909, tesserato per il Velo Club Reno, debutta ufficialmente in una riunione su pista all’ippodromo Zappoli di Bologna e coglie un lusinghiero piazzamento. Questo risultato positivo gli da ulteriore carica per continuare nell’avventura sulle due ruote. Nello stesso anno ottiene i primi successi in gare minori: il circuito della Montagnola, precedendo un campione affermato come Ezio Corlaita, e la Coppa Cesaroni-Venanzi a Castiglion Fiorentino. Centra anche un lusinghiero secondo posto, alle spalle di Erba, nel Giro dell’Emilia dilettanti.

La stagione seguente non disponendo di biciclette all’altezza dell’impegno, di validi aiuti meccanici e, particolare molto importante, a causa dei magri guadagni che realizzava, è costretto a disputare pochissime gare ottenendo solo un terzo posto nella “Coppa Appennino” che prevedeva l’arrivo a Vignola.

Nel 1911 passa alla squadra della Goricke migliorando la sua situazione tecnica ed economica. Vince cinque gare: “Campionato Emiliano dilettanti”, la “Coppa New Hudson”, l’eliminatoria Emiliana del Gran Premio Peugeot, la “Coppa Tinozzi” e la “Coppa delle Marche”. Si classifica anche dodici volte secondo oltre a giungere quarto nella “Coppa del Re”, la classica più importante per i dilettanti. Oltre alle gare su strada corre in pista insieme all’amico Cesare Zini e s’impone in ben undici prove, confermando la sua versatilità e la sua forza.

Nel 1912 passa a difendere i colori della squadra “L’Italiana” e conquista un ottimo quarto posto nel Giro di Romagna; grazie a questo risultato l’Unione Velocipedistica Italiana lo promuove tra i professionisti-juniores (o non classificati). Il salto di qualità purtroppo porta solo danni a “Fonso”. Non può contare su uno sponsor di peso e le manifestazioni a cui può partecipare sono solo quelle in ambito Emiliano-Romagnolo. Pur con questo grosso handicap giunge secondo nel “Giro di Romagna” professionisti- juniores.

Nella  stessa stagione debutta al Giro d’Italia ma non ha fortuna. Dopo un 14° posto a Padova, un 31° a Bologna ed un 33° a Pescara, durante la quarta tappa è costretto al ritiro.

Il 1913 si apre con grandi prospettive. Entra a far parte della formazione “Stucchi” e decide di lasciare il lavoro in fabbrica per diventare a tutti gli effetti ciclista professionista. Debutta con un ottimo quinto posto alla Milano- Sanremo, a cui segue un terzo posto nel Giro delle Tre Provincie a Ferrara.

“Fonso” è al settimo cielo ma la sfortuna lo aspetta al varco. Durante un allenamento insieme al collega Corlaita cade nei pressi di Massalombarda si frattura la clavicola. Per guarire al meglio è costretto a disertare le competizioni fino alla vigilia del Giro d’Italia, la corsa che ha sempre avuto un posto di riguardo nel suo cuore.

Si presenta alla partenza del Giro con grandi speranze ma, a causa della mancata preparazione deve ritirarsi già nella prima tappa: la Milano-Genova. La sua incontenibile voglia di gareggiare lo obbliga invece al riposo forzato per parecchi mesi. Rientra in corsa nel mese di ottobre per prendere parte al Giro dell’Emilia a cui  partecipano ventiquattro corridori tra cui l’altro campione bolognese Corlaita. Al via, dato alle ore 6,10 del mattino, è subito grande battaglia tra i due bolognesi e gli altri avversari. All’altezza di Morandello, sono le ore13,35, si scatena una lotta senza quartiere fatta di scatti e contro scatti che alla fine vede sempre la coppia Calzolari-Corlaita dominare il gruppo degli avversari.

All’ingresso dell’ippodromo di Bologna, dove è fissato l’arrivo, si presenta un gruppetto formato da cinque ciclisti: Durando, Sivocci, Bertarelli, Calzolari e Corlaita. Sulla pista di sabbia, a duecento metri dal traguardo, Corlaita è in testa seguito da Durando, Calzolari, Bertarelli e Sivocci. A venti metri, il corridoio fra la folla è tanto stretto che i corridori sembrano fermi. Calzolari non teme il contatto col pubblico, approfitta della ressa e con grande coraggio prima affianca Corlaita poi lo batte sul traguardo, vincendo con nemmeno mezza ruota di vantaggio.

Sono le 16,33, ora storica per Alfonso “Fonso” Calzolari che si aggiudica la sua prima gara da professionista.

Grazie a questa prima vittoria, un pimpante Calzolari si presenta al via del Giro di Lombardia. Dentro si sé ha la piena consapevolezza che anche la classica prova lombarda potrebbe consacrarlo vincitore. Ma per la seconda volta la sfortuna lo ferma. Mentre si trova nel gruppo dei fuggitivi, a pochi chilometri dall’arrivo, una brutta caduta lo costringe ad abbandonare ed a chiudere in anticipo la stagione.

Il 1914 vede “Fonso” prendere il via ancora con i colori della “Stucchi”. In testa ha una sola idea, partecipare al Giro d’Italia, per lui la gara più affascinante, nella quale sa di poter essere tra i  protagonisti, e riuscire a salire sul podio finale.

La stagione inizia con la classica Milano-Sanremo che chiude al decimo posto, dopo una volata molto affollata vinta da Ugo Agostoni. Nella sua marcia di avvicinamento al Giro, Fonso centra il settimo posto nel Giro di Romagna e il  quarto nella Milano-Torino.

Il Giro d’Italia vede al via solo 81 “coraggiosi ed impavidi” ciclisti sui 98 iscritti; in otto tappe dovranno percorrere 3162 chilometri pieni di salite sterrate e strade spesso impercorribili. Ad ogni frazione, che sfiora sempre i 400 chilometri, segue per fortuna una giornata di riposo. E’ un Giro innovativo perché la classifica è stilata in base ai tempi e non ai punti come accadeva in quelli disputati in precedenza.

A mezzanotte e otto minuti del 24 maggio il 6° Giro Ciclistico d’Italia parte da Milano, in Corso Sempione (subito dopo il passaggio a livello della Ferrovia Nord), tra fulmini, lampi, saette e pioggia torrenziale. Gli intrepidi ciclisti, vestiti come dei minatori e con tanto di lampade accese fissate sui berretti o sul manubrio delle biciclette, lasciano la città tra una gran folla di appassionati festanti.

La prima tappa che porta gli impavidi atleti da Milano a Cuneo (420 km.) viene disputata quasi interamente sotto un autentico diluvio, acquazzoni dietro acquazzoni; non si era mai disputata in Italia una corsa in bici con questo tipo di tempo. Tutti i ciclisti imprecano contro il maltempo, contro la fatica bestiale, contro la tappa micidiale e tutti sognano di potersi cambiare la maglia perchè quella che indossano, inzuppata di acqua e incrostata di fango è diventata una specie di corazza pesantissima che li stringe in vita e sfianca le gambe. Inoltre, essendo tappa di montagna, man mano che i ciclisti salgono da Susa verso le vette l’aria si fa più fredda raggelando i maglioni da gara. A Pinerolo, dopo 336 chilometri, alle 12 e 57 transita per primo Gremo, che giunge al controllo orario a piedi, spingendo il velocipede. Appena passato il  controllo si rimette “finalmente” in sella e si lancia in discesa. Alle sue spalle arrivano Durando, Ganna e finalmente Calzolari, con 11’ e 50” di ritardo. Anche la discesa molto faticosa perché si procede in un fiume di fango che inchioda le ruote.

Alle 17 e 24 taglia per primo il traguardo di Cuneo Angelo Gremo che si aggiudica la tappa e il primo posto nella classifica generale. Alle sue spalle Durando (a 14’ e 50”) che precede di una macchina Alfonso Calzolari. A seguire Girardengo e Ganna, mentre Petite Breton si ritira.

La stampa dell’epoca comincia ad inneggiare a Calzolari come rivelazione del giro.

Il 26 maggio seconda tappa, da Cuneo a Lucca (340 km.), con soli 37 corridori rimasti in gara. Si  parte alle 4,04 del mattino, davanti a poche decine di spettatori, a causa dell’ennesimo diluvio che flagella la comitiva. Dopo otto ore di lotta con tempo orribile e strade impossibili i corridori giungono ai piedi del Bracco. Calzolari si volta un istante per valutare le forze dei compagni poi si alza sui pedali e scatta di slancio, come fosse in pianura, prendendo subito un centinaio di metri di vantaggio.

In pochi minuti il divario a lui favorevole raddoppia poi triplica e solo Azzini decide di rispondere agli attacchi della “rivelazione”. La pedalata del piccolo bolognese è possente, lo stile è magnifico pari a quello di un corridore di alto livello tecnico. Fonso raggiunge la vetta del Bracco con ben sei minuti di vantaggio su Azzini, poi si lancia all’impazzata in discesa. A Spezia, il vantaggio di Calzolari è di diciannove minuti su Azzini che si conferma secondo. Gremo, vincitore della prima tappa, è addirittura a 35 minuti e, appena gli viene comunicato il sostanzioso distacco, si siede piangendo su una sedia e comunica il suo ritiro. I suoi compagni di squadra, Corlaita e Ganna, lo seguono nella resa.

Il passo del Bracco dista da Lucca circa 130 chilometri ma le posizioni non mutano più. A Lucca, sotto un tempo pessimo, alle 18 e 41, davanti ad una folla che lo applaude, giunge per primo Fonso Calzolari da Bologna. Il suo vantaggio sul secondo è enorme, 24 minuti su Azzini e ben 34 minuti su Girardengo. Con questo exploit il ciclista vergatese si porta in testa alla classifica.

Il 28 maggio, la terza tappa da Lucca a Roma (430 km.) vede ancora Giove pluvio nella parte del  dominatore. Nella frazione più lunga del Giro, se si esclude una lunga fuga di Bordin che riesce a raggranellare fino a ventitre’ minuti di vantaggio per poi crollare nella parte finale della gara, i primi in classifica si limitano a controllarsi l’uno con l’altro. All’arrivo si assiste così ad una volata affollata vinta da Costante Girardengo; il primo posto in classifica generale rimane quindi in mano a Calzolari, settimo all’arrivo.

Il 30 maggio, quarta tappa, da Roma ad Avellino (365 km.). Alla momento della partenza i superstiti vengono informati dalla giuria che la strada che dovranno affrontare è in pessimo stato e si consiglia a tutti di “andare cauti”. Il via è dato alle 2,24. Nelle prime otto ore di corsa la sfortuna si diverte a prendere di mira Calzolari. Per ben tre volte si deve fermare per una foratura e solo grazie all’aiuto del compagno di squadra Canepari, che abbandona il gruppo per assisterlo ed aiutarlo, riesce a limitare il distacco a pochi minuti. In occasione dell’ultima foratura “Fonso” ha addirittura la certezza che sia Girardengo che Durando non sono in grado di impensierirlo a seguito della stanchezza che li attanaglia. Nella giornata in cui la sfortuna perseguita il nostro campione, la defaillance per fortuna blocca gli avversari. Di tutto questo caos approfitta Giuseppe Azzini che, avvertendo in maniera inferiore rispetto agli avversari il freddo e la stanchezza, inizia a pedale alla incredibile media di oltre 30 chilometri orari, riuscendo ad infliggere alla concorrenza quasi trenta minuti didistacco.

Nella seconda parte della tappa si assiste alle cadute di Girardengo e Canepari e, mentre quest’ultimo riparte velocemente, il “Gira” riprende con molta a calma e molti ematomi ed escoriazioni. Seguono senza soste altre cadute, altre forature e finalmente, alle 15’45” appare Avellino, traguardo sospiratissimo, dove il vincitore di tappa Giuseppe Azzini si gusta il meritato trionfo. Il lombardo precede di ben 36 minuti Albini, di 42 minuti Pavesi, e buon quarto è Calzolari che limita il suo distacco a “soli” 45 minuti. Con la vittoria e la grande prestazione Azzini risale dal sesto al secondo posto in classifica generale diventando il pericolo numero uno per Calzolari, l’avversario che lo minaccia più seriamente.

Dopo quattro tappe, a metà esatta del Giro d’Italia 1914, si può stilare un primo bilancio che regala una certezza assoluta,  Calzolari è la vera rivelazione del Giro.

Nessuno nelle quattro tappe ha corso più brillantemente e regolarmente di lui.

E’ transitato tra i primi sul Sestriere, è stato il dominatore sul Bracco staccando Azzini ed Albini, è giunto solo a Lucca con un margine strabiliante ed è stato anche il  primo a raggiungere Bordin nella Lucca-Roma. Nella tappa di Avellino, in una giornata a dir poco sfortunata per le continue forature, ha saputo rimontare tutti i concorrenti tranne Azzini, Albini e Pavesi. Non ha mostrato un attimo di incertezza e debolezza ed ha confermato di essere spinto da un cuore eccezionale. Tutti i tecnici sono concordi sul fatto che potrà fare addirittura miracoli se adotterà un regime alimentare più controllato. La stampa sportiva in più aveva già iniziato a fare pressioni per vederlo al più presto tra i protagonisti del Tour de France.

 

 

ph dalla “Collezione Luca e Lamberto Bertozzi”

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