È il giorno, è il sabato che stavamo aspettando da mesi, quello che abbiamo sognato, rivisto, progettato, portato a verità.
Sono le sei e trenta di mattina, la notte è volata, dormita senza accorgermene. La sera prima, prima di coricarmi, ero uscito in giardino a praticare il mio rito. Come facevo alla Sportful quando alle Sorgive da Diego finivo la cena con un goccio della sua grappa fatta in casa. È un rito, è un momento che nella mia montagna mi godo spesso. Un bicchierino di grappa in riva al bosco a godermi il silenzio dei monti, i sospiri dei castagni e il calpestio degli abitanti del condominio più bello del mondo. Fischietto, il calpestio si interrompe e un grugnito si spande nell’aria. Gli rispondo con un fischio e un altro grugnito mi risponde. Saluto il simpatico cinghiale invitandolo a rimanere nella selva fino almeno a domenica pomeriggio, senza invaderci la strada durante l’Everesting.
È ancora presto per incominciare una giornata che finirà solo il giorno dopo, devo sfruttare ogni minuto di riposo anche se so che non dormirò più. Mi alzo solo velocemente per guardare il cielo che sta salutando la notte. A sud, verso il Corno, è sereno, si vede qualche stella e il primo azzurro del giorno, a nord, verso le città e la pianura, è bianco. Un muro bianco.
Torno a letto e ci rimango un’altra ora. Alle sette e trenta la giornata deve cominciare. Vedo il terrazzo bagnato, mi spavento, non può piovere. Mi tranquillizzo, non era pioggia, solo guazza. Caffettino, tanto ne berrò a litri nelle prossime ore, tre fette biscottate con la Nutella e una con il miele.
Manca poco alla partenza, faccio un giro per il borgo, ammiro i monti della Riva accogliere il sole e la casa comincia a riempirsi.
Prima arrivano Felice e Pier. Pier è salito in auto con Felice, bici al seguito ci accompagnerà alla partenza e tornerà poi pedalando verso Formigine. Una levataccia solo per dirci in bocca al lupo, per farci forza e darci carica. E ce la prendiamo tutta, la immagazziniamo dentro di noi pronta ad usarla verso la scalata all’Everest.
Arriva anche Matteo, con il suo furgone nero attrezzatissimo e ordinato. Un’organizzazione incredibile, da squadra professionistica che ci aiuta ad entrare nel clima della pazzia che stiamo per andare a fare. Le sue crostate finiscono subito sul tavolo del campo base con già una moka pronta sul fornello.
Venti minuti alle 10 saliamo in bici e scendiamo verso Farnè. Saliamo in sella e non sappiamo quando scenderemo. Sicuramente sarà domani.
A Farnè ci attendono già in diversi. Guido, Beppe, Oriana, Frederick , Federico, i veterani del Parco dei Ciliegi, Andrea, Giorgio e Gianni. I 700 metri di Farnè sono sfiorati dalla nebbia della piana, sono nuvole basse che per il momento non hanno voglia di alzarsi. Invito i presenti a soffiare verso Nord a tenerci lontano quelle nuvole che potrebbero darci molto fastidio.
È una delle mie due paure, la nebbia, le nuvole, l’umido nel primo freddo dell’anno, insieme al sonno. Riuscirò a non dormire per più di 24 ore?
Lo scoprirò presto, è ora di partire, ci mettiamo in fila e cominciamo a pedalare. Il primo metro verso l’Everest è fatto, ne mancano solo 8847.