L’importanza dell’istituto delle Fondazioni per le dinamiche di sussidiarietà all’interno della Società e delle Comunità.

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Il mio percorso lavorativo, iniziato al tempo dell’assessorato al bilancio ed alle attività produttive del Comune di Castel di Casio nel mandato consiliare 2004-2009, si è da subito legato ad un forte e pressocché esclusivo impegno nel mondo delle fondazioni a carattere socio-assistenziale.

Dal marzo 2007 ricopro infatti il ruolo di Segretario presso la Fondazione Dott. Carlo Fornasini di Poggio Renatico (FE). La Fondazione sorge per volontà di Francesco Carlo Fornasini che, privo di eredi, destinò il suo cospicuo patrimonio alla stessa, intitolata al padre Carlo, insigne scienziato paleontologo dell’Alma Mater, con lo scopo originario di incoraggiare e finanziare studi e ricerche nel campo dei trapianti di organi umani, scopo ampliato dagli Statuti succedutisi nel tempo, fino all’inclusione delle materie “scienze sociali e umane, con particolare riferimento all’etica e alla bioetica”, introdotte nel 2004 su suggerimento del Card. Giacomo Biffi.

I 5 Fondatori di questa istituzione, le due Arcidiocesi e le due Università di Bologna e di Ferrara (nelle persone degli Arcivescovi e dei Rettori pro-tempore) e la Congregazione delle Suore Minime dell’Addolorata, percepiscono a cadenza annuale/biennale erogazioni per le proprie finalità, quali borse di studio universitarie in ambito clinico ed erogazioni per studi sull’etica medica per le Arcidiocesi; la Congregazione delle Suore Minime, presente anche a Porretta Terme, finanzia da anni con le nostre sovvenzioni l’Health Center di Iringa in Tanzania.

Da questa esperienza ormai quasi ventennale ho tratto nel tempo la convinzione che la vera “sussidiarietà” e la tanto invocata “sostenibilità” siano in realtà concetti (seppur sotto altre definizioni) fatti propri da tempo immemore da una parte della società che non si rassegnava all’idea dello “stato minimo” e della “mano invisibile” e che da fine ottocento e per tutta la prima parte del ‘900 ha tentato di porre in atto un vero e proprio sistema di supporto alla ricerca, di contrasto alla povertà, di accessibilità alla cultura ed alla istruzione: dove il pubblico ed il privato “attivo” non potevano arrivare, ecco che la munificenza dei “capitali ormai a riposo”, tentava questa felice e Vera “Terza Via”.

Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna (ovvero le fondazioni bancarie, soprattutto quelle di origine associativa) è, in questo senso, la realtà più importante nel nostro territorio. Nata più di 30 anni fa, persegue “scopi di utilità sociale, promuovendo lo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio di riferimento, nel rispetto delle tradizioni originarie.”

Il 28 ottobre 2022 ne sono divenuto Vice Presidente dell’Assemblea dei Soci, incarico che ancor di più mi ha coinvolto nelle scelte di indirizzo afferenti al “come” strutturare l’aiuto a prossimo.

Chi non conosce bene le realtà di fondazione, chi non ne apprezza gli scopi e i retroterra da cui sono nate, non può capire la portata di lavoro che vi sta alle spalle e l’impegno di chi vi lavora intendendo la propria opera come “Servizio”. Aspetti dirimenti che sovente anche chi fa parte degli stessi Organi a volte dimentica di approfondire.

In un Paese in cui la digitalizzazione corre di pari passo alla finanziarizzazione delle vite dei singoli (non più solo dei grandi trust o del mondo dell’imprenditoria in senso generale), dove l’ “uovo oggi” è sempre meglio della “gallina domani” nell’ottica del tutto e subito e “poi ci penseremo”, ovvero dell’utile immediato, del guadagno che “arriva fino a mezzogiorno”, le realtà di fondazione faticano a fare comprendere i loro tempi e i loro scopi ad una società distratta, ad una politica onnivora quanto irrilevante, disinformata e marginale sui “grandi temi”, ad un sistema educativo schiavo di una “riforma infinita” che ne mina da più di 30 anni le basi concrete dell’apprendimento in balia del Cesare di turno.

Nel tempo fluido di questo prolungato ed ancora ibrido “presente-futuro”, dove tutto è slogan e l’immagine di un decisore “forte” vale più della sua decisione, occorre riscoprire, proteggere e ridar credito ad un pensiero classico, nato in un’epoca storica dove l’uomo ed i suoi bisogni iniziavano ad emergere come nodo centrale di ciò che oggi definiamo “welfare” attraverso l’opera di “costruttori” che facevano del tempo, della ponderazione, della diplomazia e della generosità le vere “armi” da opporre all’irrilevanza di intere classi sociali, all’odio interclassista che ne accompagnava la vita, alla povertà, alla fame, alle difficoltà di accesso allo studio.

Bologna, e come lei anche la nostra Regione, ora devono in primis riscoprirsi generose e dunque veramente “dotte”, aiutando questa galassia di realtà che non vanno intese come un “bene ad esaurimento” od un “bancomat”, ma come una vera e propria “dinamo” azionata dalla forza di gambe, braccia e teste di uomini e donne che contribuiscono a creare i presupposti per un valore durevole nel tempo, dopo di noi ed oltre, poiché non è il nome a vincere sull’idea, ma l’idea che travalica il nome grazie allo uno sforzo collettivo e rispettoso delle differenze.

 

Dedico questo mio articolo ai grandi “costruttori” che ho conosciuto nella mia vita e che stimo e stimerò sempre:

Al Dott. Antonio Rubbi, uomo dall’intuito quasi pastorale e dalla vita dedicata al prossimo, il quale ha ricoperto molteplici cariche in realtà nazionali ed internazionali; uomo di fiducia di ben cinque Cardinali ed esponente di quel cattolicesimo sociale oggi così rimpianto.

Al Prof. Gian Guido Balandi, già Ordinario di Diritto del Lavoro dell’Università degli Studi di Ferrara, attuale Presidente della Fondazione Dott. Carlo Fornasini e continuatore dell’opera del Dott. Rubbi, tutt’ora assiduamente investito in realtà apicali della vita socio-culturale felsinea in modo competente, gratuito ed abnegato.

Al Dott. Massimo Golinelli, già primo Segretario Generale della Fondazione CARISBO e costantemente impegnato nelle opere della Chiesa di Bologna ed in numerose ONG anche di cooperazione transnazionale.

 

Enrico Bittoto

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