APPENNINO: Ricordi di Don Giacomo Stagni

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Don Giacomo è arrivato nel 1982 a Vidiciatico, avevo un anno, non ho ricordi ma frequentavo già il Corno con i miei genitori che da qualche anno prendevano una casa in affitto a Cà Corrieri.

Mio padre lo conosceva bene Don Giacomo, era il cappellano della parrocchia del suo quartiere e ricorda bene questo prete che qualche scappellotto ad un indisciplinato chierichetto lo avevo tirato.

Don Giacomo non aveva mezze misure, e non le hai mai avute, per questo una parrocchia del centro di Bologna non era il suo posto. Almeno in curia pensavano così. Fu mandato quasi in punizione a Vidiciatico,  nella parrocchia più alta della provincia, forse anche la più isolata. In cima ai monti, lui nato in pianura che sognava di  andare in Brasile ad aprire una missione per aiutare una delle popolazioni più povere del mondo.

La missione la aprì a Vidiciatico, il suo Brasile è stato per quarantedue anni il Corno alle Scale.

Arrivò in un momento particolare per la montagna, un attacco costante alle spiritualità montanare, con sacre immagini rubate, Querciola e il Faggio, e la croce del Corno tagliata e buttata giù verso la Segavecchia.

Punta Sofia non poteva restare senza croce, e quel giorno di Luglio del 1984 lui era sotto l’elicottero ad aspettare che la grande croce in alluminio fosse posizionata per poterla benedire.

Io ero in spalla a mio padre, avevo tre anni ma ricordo tutto di quei momenti, forse il primo nitido ricordo della mia vita.

Il “dispetto”, la “punizione”, del mandarlo parroco di montagna,   Don Giacomo lo trasformò in dono, per sé stesso, ma soprattutto un dono per tutta la montagna.

In pochi anni da una sola parrocchia, quella di Vidiciatico,  si ritrovò ad amministrare tre, Chiesina Farnè e Rocca Corneta. Riuscì ad entrare in sintonia con i parrocchiani, riuscì a capire quello che serviva, la Fondazione di Santa Clelia con la casa di riposo, l’asilo sono le sue opere più eclatanti, ma il suo vero pregio fu quello di riuscite a coinvolgere i parrocchiani nella vita della montagna, che fossero fissi, o proprietari di seconde case.

Riuscì a trasmettere l’amore per il bello e nel tempo, grazie al lavoro di tanti, si crearono tradizioni ancora vive oggi in luoghi che dopo la guerra sembravano persi per sempre e che invece, tra la fine del vecchio millennio e l’inizio del nuovo sono tornati a splendere.

La Messa domenicale a Chiesina, il piccolo oratorio di Poggiolforato, la festa di San Antonio a La Ca’, la messa a Ferragosto a Cà Gabrielli e quella la domenica dopo a Cà Julio, piccoli momenti che hanno fatto rivivere la montagna ricostruendo una comunità che sembrava persa.

Don Giacomo tanto amato non le mandava a dire e in mezzo a tanti amici si creava anche qualche nemico. Eppure le sue azioni superavano ogni difficoltà, anche le denunce più infamanti che voleva trasformare atti di bontà e altruismo in azioni vandaliche o criminali.

Fu il suo amico Enzo, Biagi, a raccontare le sue gesta, fu Don Giacomo a celebrare l’ultimo saluto del grande giornalista, dell’amico, lui umile parroco di montagna al centro della piccola chiesa di Pianaccio davanti al mondo che scopriva quell’angolo nascosto d’Appennino.

Le sue omelie erano a ruota libera, riusciva a collegare le scritture con la quotidianità della vita senza giri teologici, con tutta la concretezza del vivere. Sempre a occhi chiusi, in una dolcezza che solo l’improvvisa apertura a guardare fisso e magari indicando e chiamando chi voleva sgridare, sapeva trasformare in pochi decimi di secondo in tensione improvvisa.

Don Giacomo non ha mai smesso di essere Don Giacomo, dalle parrocchie di Bologna a Vidiciatico, fino agli ultimi giorni.

Il male che lo avevo preso ormai da qualche anno e che con tenacia era riuscito a sconfiggere una volta non gli impediva di essere se stesso. Anzi lo era ancora di più.

Da celebrare messe in giro per l’alto appennino, negli ultimi anni scendeva spesso anche a Bologna, non solo per curarsi ma anche per dare una mano ai parroci cittadini sempre più in difficoltà con le messe e con le benedizioni delle case. Per poi tornare sempre sui suoi monti e d’Estate mettersi al centro di un borgo a chiedere chi voleva la benedizione della propria seconda dimora.

Don Giacomo che era capace di chiamare a prendere la Comunione una mamma che vedeva non alzarsi, perché una mamma non ha bisogno sempre di confessarsi, è una mamma.

Don Giacomo che il suo Brasile se lo è creato a Vidiciatico.

Don Giacomo, un novello Don Camillo nato in pianura e mandato in montagna, in una montagna che non potrà mai dimenticarlo, che è pronta, venerdì alle 15, a salutarlo per l’ultima volta a ringraziarlo per sempre e che per sempre dovrà impegnarsi più che mai per mantenere quello che lui ha portato.

Preti come Don Giacomo non ne fanno più, uomini come Giacomo Stagni ce ne sono sempre meno.

Ciao Don Giacomo, grazie di tutto!

 

nelle foto  la celebrazione della S. Messa a Ca’ Julio

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