APPENNINO DA SCOPRIRE: Lo scheletro nella natura

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I piedi che calpestano l’erba secca, il rumore che echeggia attorno alla vegetazione, facendo scappare i pochi animali curiosi e destando una sensazione di allerta nel cuore.

Si prosegue cautamente, tra la pietra e le rovine, cercando di catturare qualsiasi inconsueto dettaglio, con lo sguardo sempre attento e badando a non mettere il piede in fallo, mentre gli scatti si susseguono freneticamente.

 

 

Ormai è rimasto ben poco da valutare ed esaminare: giustamente e progressivamente, la natura torna a riprendere i propri spazi, cancellando qualsiasi passaggio dell’essere umano in quel luogo che brama di tornare incontaminato. Le storie che raccontano i ruderi appaiono sempre più sbiadite ed i ricordi delle pareti, quasi completamente devastate, paiono ormai persi nelle pieghe del tempo.

Solo la torre ha ancora voglia di resistere, svettando fiera verso il cielo della giornata serena che accompagna questa visita. Una sorta di antenna che, seppur avvolta dalle piante rampicanti e dai rovi aggressivi, insiste a rivelare la propria identità ai pochi visitatori di passaggio.

 

 

Difficile anche identificare la funzione di questa nuova scoperta e dello scheletro architettonico che appare davanti. Forse una piccola caserma o più semplicemente una sorta di stazione di monitoraggio per l’ambiente? O chissà che altro.

Veramente ardua la ricerca di qualcosa che possa fornire anche soltanto una pallida risposta alle tantissime domande che si accavallano nella testa, ma il giro rimane ugualmente piacevole e affascinante, per quanto non si debba abbandonare la prudenza, nemmeno per un istante.

 

 

Il luogo può risultare certamente pericoloso per chi non è esperto a misurare i propri passi e guardare dove mettere i piedi. Il cancello stesso, enorme e arrugginito, pare far da monito per non varcare una soglia che cela misteri e può prestarsi a fare in modo che la fantasia narri storie inquietanti di uomini impegnati nelle attività del posto, tempo addietro.

La soluzione sarà ovviamente più semplice e fin troppo banale, questo è chiaro… così come è altrettanto palese che un qualsiasi tentativo di recupero della struttura non verrà mai fatto e che l’inevitabile crollo arriverà, prima o poi, sancendo la vittoria della terra sull’uomo, ancora una volta.

Ma la banalità e la troppa concretezza non fanno parte di questa rubrica né del modo di pensare di chi ha l’entusiasmo della scoperta di questi luoghi, forse minori, ma altrettanto interessanti, che l’Appennino continua a svelare.

 

 

Bello che l’immaginazione scorra fervidamente, al presentarsi di alcune piccole mattonelle di ceramica, forse facenti parte di un bagno o una cucina ed ora in netto contrasto con il verde serpeggiante all’intorno, mentre i pannelli metallici di colore rosso acceso sono un’aggiunta alla battaglia cromatica con il bosco silenzioso.

Una spettrale visione, poco sopra le colline dello splendido Santuario di Boccadirio, altra meta imperdibile del territorio.

Una visione di qualcosa ormai debole, destinato a svanire per sempre, forse anche corroso dal senso di sacro che circonda la zona. Forse, un luogo troppo profano per sopravvivere, ma ancora una scoperta eccitante e stimolante, per chi è in grado di viverla sempre con rispetto, indossando una corazza di sanissima soggezione.

Foto di Fabrizio Carollo

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