Siamo in missione per conto di Dio.
Bluto Blutarsky.
Un lupo mannaro americano a Londra.
Thriller di Michael Jackson.
Sono solamente i più famosi dei rimandi. Ricordi indelebili di un cinema immenso, fatto di talento, estro, passione, professionalità e ironia. Un modo di fare cinema che ha attinto, con rispetto, dalla vecchia Hollywood, aggiungendo elementi di innovazione e originalità, fino a creare qualcosa d’altro, che è sopravvissuto nel tempo, facendo affezionare ad esso milioni di spettatori e decine di generazioni.
Tutto ciò legato a un nome solo… quello di John Landis.
Un regista che si è sempre messo in discussione, che non ha quasi mai incontrato il favore della critica per le sue opere, ma che le ha viste divenire cult nel tempo. Opere, le cui battute più famose sono diventate imprescindibili per qualunque appassionato della Settima Arte.
E una lezione di cinema da parte di John Landis in persona è stato certamente un sogno realizzato per le tantissime persone presenti all’Arena del Sole, in un afoso pomeriggio del primo giorno di luglio.
Ma il caldo non ha fermato i fan del regista americano di origine ebraica, che sono accorsi in massa al teatro più celebre della città felsinea, restando ipnotizzati e felici sin dalla sua apparizione sul palcoscenico, dove Landis è stato accolto da un lungo e caloroso applauso.
Già a Bologna da alcuni giorni, ospite della XXXVI edizione del Festival del Cinema Ritrovato, quella di John Landis non si può definire assolutamente una lezione di cinema, nel senso più cattedratico e serio del termine.
Al contrario, il tutto si è svolto come una piacevole, ma culturale chiacchierata tra amici, nella quale il nostro ha dialogato con il presidente della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, parlando, con voce potente, ma sempre simpatica, sì di alcune delle sue opere più famose, ma soprattutto ricordando gli anni della sua giovinezza, il film che lo folgorò e lo convinse a intraprendere il suo percorso nel cinema (Il settimo viaggio di Sinbad, con gli splendidi effetti speciali di Ray Harryhausen).
Le sue prime esperienze sul set, i primi umili incarichi che lo portarono a conoscere attori del calibro di Clint Eastwood, Donald Sutherland e Richard Burton.
Ma anche il suo spirito di avventura, la voglia di dare alla Settima Arte qualcosa di nuovo e personale, le difficoltà di lavorare oltre la Cortina di Ferro, dove era ancora purtroppo presente un mondo in bianco e nero, detto dallo stesso regista, estremamente in contrasto con il colore del resto del mondo.
Ciò che ha più colpito del regista, è stata la sua grande ironia ed autoironia, così come la straordinaria umanità, arrivando addirittura a scusarsi con il pubblico, nel momento in cui è stato costretto a interrompere per qualche minuto l’incontro, raggiunto da una telefonata personale alla quale era necessario rispondere.
Un uomo, oltre all’artista, che ha raccontato il suo passato ricordandolo perfettamente e rivelandosi ancora un ragazzo scanzonato, a tratti goliardico, a dispetto della sua età anagrafica.
Una piacevole sorpresa è stata vedere in sala tantissimi giovani, che hanno dimostrato di conoscere molto bene le pellicole di Landis e la figura di un regista che, inutile negarlo, ha regalato momenti di puro intrattenimento, ma anche profonde riflessioni e critiche verso la società dell’epoca e quella più moderna.
Un regista che ha fatto ridere e spaventare il suo pubblico, sempre però coccolandolo e portandolo su un livello più alto di cultura audiovisiva.
Gli aneddoti su altri registi, stuntman, direttori della fotografia e cameraman si sono succeduti a velocità vertiginosa, perché “Il cinema è fatto soprattutto da chi lavora dietro le quinte”, come ha detto lo stesso Landis.
Due ore che sono volate letteralmente ed è stato un dispiacere per tutti, quando l’incontro si è concluso, seguito da un altro lungo, ennesimo e accorato applauso.
Non è mancato un pensiero verso il cinema moderno e il fatto che straordinari talenti del passato abbiano oggi estreme difficoltà a trovare chi produca le loro idee e le loro sceneggiature, privilegiando un universo di supereroi fittizi, decisamente agli antipodi di quelli reali, com’erano i Fratelli Blues e Bluto Blutarsky.
Landis ha confermato il fatto che “Solo il tempo è in grado di affermare se un’opera artistica di qualunque tipo è destinata a rimanere nella storia o meno. Non sono gli incassi, né la critica che accoglie l’uscita della stessa”, aggiungendo che “Il cinema trova la sua vita e la propria immortalità soltanto sul grande schermo, dove la condivisione fra spettatori è unica e le emozioni si amplificano in modo esponenziale, rafforzando un sentimento di comunità che si è indebolito dopo due anni di pandemia e restrizioni.”
Ma il regista è fermamente convinto che il pubblico tornerà in sala. Forse, non nel breve periodo, ma lo farà… memore di quello che un film può regalare al cuore e all’anima, ricordando anche, per chi mai volesse diventare un professionista del settore, che il solo modo per occuparsi di cinema è vedere film su film e sognare assieme ad essi.
Un grandissimo uomo, fatto di cinema, che sarà ancora presente a Bologna, per chi volesse incontrarlo nuovamente:
In Piazza Maggiore, presenterà The Blues Brothers domenica 3 luglio, mentre martedì 5 sarà la volta dell’introduzione alla sua altrettanto nota e immensa pellicola Una poltrona per due e il 7 luglio, il nostro presenterà Tutto in una notte nella cornice del MAST Auditorium. Grazie John per la tua forza e la positività che hai trasmesso, ma soprattutto per i grandi universi che hai donato a tutti noi.
Foto di Fabrizio Carollo