L’Azzurro oltre la pandemia

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Abbiamo visto immagini e provato emozioni che non si dimenticano. Troppo bella e troppo importante la vittoria della Nazionale Azzurra all’Europeo 2020. Adrenalina a parte, per chi non lo sapesse il Campionato organizzato dall’UEFA, l’Unione Europea delle Federazioni Calcistiche che regola le manifestazioni in Europa, è in ritardo di un anno, a causa del Covid 19. “Show must go on” – possiamo dire – e quindi, nonostante il proliferare della variante Delta (nulla a che vedere con i corsi d’acqua servili al Po), la rinomata manifestazione calcistica si è regolarmente giocata. Con annessi e connessi.

L’OMS, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sotto sotto trema(va) e in queste ore confida che l’effetto boomerang sia sono un sogno di mezza estate. Ma pare non esser così. I virologi fanno a gara per affermare che ora “il virus se la ride”: a detta poi del direttore dell’unità di statistica medica ed epidemiologia del Campus biomedico di Roma, Massimo Ciccozzi, “il vero vincitore della coppa purtroppo è lui”, il Covid-19. Infatti, il virus sembra non arrendersi alla battaglia contro gli Umani e anzi continua a condizionare il corso della vita.

Foto bolognaindiretta.it

 

È di queste ore la notizia che in Italia 4 regioni sono a rischio zona gialla. Nel catino della finale, nello storico Wembley, ridotto per l’occasione al 75% della capienza, erano in 60.000 a danzare sugli spalti, con e senza mascherina, con o senza vaccino. Ma non solo, le piazze pubbliche e i locali si sono riempiti di tifosi all’eccesso per sentirsi, per poche ore, liberi di condividere una passione, quella per il calcio e per la Nazionale guidata da Roberto Mancini, il golden boy iesino che mosse i primi passi nel mondo professionista proprio all’ombra delle Due Torri. Difficile emarginarsi e negarsi alla compagnia di amiche e amici, di parenti e serpenti, difficile voltare la schiena a bel vivere ormai dimenticato dopo lunghi e estenuanti lock-down. La gente era ed è stanca, era ed è stressata dalla delicatezza economica in cui versa il mondo e quindi l’evasione è stata una liberazione.

Questo Campionato Europeo – diciamolo senza remore – è piovuto sulle nostre teste come un inno alla libertà. Un colpo al cerchio del coraggio ed uno alla botte della speranza (andrà tutto bene, fino a prova contraria…) e via con dita incrociate e cornetti rossi a godere dello spettacolo più bello del pianeta, palla. L’Europeo 2020 s’è fatto e l’Italia del Mancio se l’è anche vinto nonostante le difficoltà ambientali non certamente amicali, incontrate in terra inglese. “L’Italietta dei furbetti e degli appestati immigrati” è caduta nel gioco al disprezzo più assoluto nelle ore antecedenti la finale. Inglesi contro “immigrati” con tanto di vilipendio al tricolore. Italiani presi a botte e bandiere calpestate solo il simbolo di un mondo che va a rotoli. Non si può più tifare, liberamente. Lo sfottò è bandito, non è più una moda, forse non lo è mai stato. Oggi si picchia, come si picchiava un tempo. Gli inglesi sono esperti, non solo della Brexit, ma anche di quel fenomeno che abbiamo dimenticato troppo in fretta, quello del tifo violento degli hooligans. Tutto questo attorno al tempio del calcio per eccellente, il Wembley. Lo ribadiamo. Oltretutto davanti ad autorità locali, Vip e vippette, al Principe William e alla Principessa Kate e il rampollino George.

 

foto tuttocampo.it

 

L’aplomb inglese? Visto solo al Torneo di Wimbledon con applausi a crepapelle per il nostro Matteo Berrettini, in campo domenica pomeriggio contro il numero uno al Mondo Novak Djokovic. Il tennis non è il calcio. D’accordo. Ma il gioco al massacro è da bandire. Sorride solo il campo e i bravi ragazzi che hanno vinto. Lo “Shaw” inglese si ferma ai rigori. L’Italia alza la Coppa europea davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: nel suo piccolo emula il mito Sandro Pertini, iconografia del Mondiale targato 1982. Per la cronaca l’ultima vittoria in questo trofeo è stata 53 anni fa, a Roma, con Ferruccio Valcareggi in panchina e sul campo fior di campioni, d’altri tempi, dal capitano Facchetti al portiere Zoff, da Rivera a Mazzola, da Burgnich a Riva, da Domenghini ad Anastasi, per finire con un certo Giacomo Bulgarelli. Vi dice qualcosa? Forza Azzurri. Sempre.

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