La prima sensazione che mi ha letteralmente invaso, dopo essere riuscito a trovarmi al cospetto di Torre Jussi è stata quella di una profonda piccolezza.
Sì, mi sono sentito estremamente piccolo e indifeso, di fronte a tanta imponenza ed importanza.
Il complesso di Torre Jussi, sito a Castel D’aiano e ormai da tempo di proprietà della Soprintendenza di Bologna, che ne ha curato evidenti restauri, troneggia fiero, mostrando la stessa eleganza e la stessa importanza che aveva nel lontano passato, quando apparteneva alla ricca casata degli Jussi, appunto.
Una sensazione di piccolezza, che gradatamente ha lasciato il posto a una profonda emozione, sentendomi testimone solitario di tanta bellezza, con la consapevolezza di come neanche lo scorrere del tempo sia riuscito a cancellare l’identità di un complesso che coniuga forza e fascino nel giusto equilibrio.
Soltanto il parco circostante merita ben più di un applauso e molte fotografie che, per quanto ben realizzate e studiate, non riescono a rendere al cento per cento i colori e la perfezione di una natura che solamente questi luoghi possono vantare.
Ovviamente, la protagonista principale è la grossa torre al centro con le pregiate finestre in arenaria, alla quale sono collegati tutti i fabbricati vicini, risalenti al seicento circa e parte integrante di un sapore rustico che ancora si può respirare a pieni polmoni, mentre ci si aggira con rispetto e ammirazione da un edificio all’altro, ricostruendo con la fantasia vite che furono e le tradizioni che, sicuramente, sono arrivate in parte ai tempi moderni e caratterizzano ancora le giornate di chi abita questi luoghi.
Nonostante gli interni spogli e qualche piccola suppellettile consunta, quello che si prova dentro a un autentico pezzo di storia come questo è pressoché indescrivibile, ma le dita scorrono frenetiche nella regolazione della messa a fuoco e l’indice insiste febbrilmente sui “click”, lasciando che lo specchio della fidata reflex colga giochi di luce ed ombra in grado di regalare ancora quell’intensa magia tramandata di generazione in generazione.
Pare quasi incredibile che un pregio simile possa svettare improvvisamente da una strada di montagna come tante, tra le curve che offrono sinuosi paesaggi, incantando immediatamente l’occhio di uno spettatore in cerca di stimoli e di ciò che raramente coniuga con delicatezza e armonia la natura e l’opera dell’uomo.
Ogni elemento di Torre Jussi, dall’obelisco fiero e misterioso, all’oratorio dell’Annunziata risalente al settecento, risponde a un ordine ben preciso e riporta indietro negli anni, mentre l’Appennino descrive una volta di più la sua importanza paesaggistica e storica grazie a tesori come questo, il cui unico rimpianto nell’ammirazione degli stessi è quello che non possano venire aperti al pubblico e condivisi come meriterebbero.
Mentre lascio che siano le immagini più delle parole, a parlare in questo mio nuovo intenso cammino, mi soffermo anche a guardare i sentieri che giungono in questo punto, nei quali le tracce della Linea Gotica sono ancora palesi.
Ancora una volta, un luogo dal quale scaturiscono sensazioni e suggestione, mentre la vita rurale dei dintorni prosegue calma e rilassante, aiutando la mente a fantasticare ancora per qualche istante, prima di decidere quale sarà la prossima, entusiasmante, meta.
Foto di Fabrizio Carollo