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CICLOTURISMO: I “Muri della Valsamoggia” -4

 

 

Via Marzatore, detta anche la Tagliolina, non so se in Italia ci siano valli simili a questa, personalmente non ne ho mai viste e personalmente penso che sia unica nel suo genere.

Stretta, strettissima, fresca in estate, fredda in tutte le altre stagioni, segue precisa il corso del Rio. Andando verso Mercatello si capisce che è salita e non solo per lo strappo finale cattivo e improvviso, ma anche per diversi saliscendi che pungono le gambe in modo deciso. Andando verso Bazzano viene da pensare che sia riposante, invece, percorrendo tutta, ci si accorge che di tratti senza pedalare non ce ne sono.

Scendo e questa mancanza di riposo mi sconforta un poco.

Provo a non farmi logorare dallo sconforto ma arrivo a Formica stremato. Svolto a destra sulla ciclabile e attraversato il Rio e di nuovo svolto a destra, in via San Antonio.

Da qui iniziano di nuovo i muri veri, il Muro di San Antonio è il dodicesimo, due chilometri scarsi al 12% per arrivare in cima a Monte Morello, una pendenza addolcita da un piccolo tratto pianeggiante tra la tenuta Goccia e Villa Agucchi, due gioielli della  Valsamoggia, che precede i due tratti più duri. Dritto, adornato da cipressi nella parte iniziale, questo muro finisce in un bosco di querce. Poco prima una curva nasconde l’ultimo tremendo tratto e un’altra la tanto desiderata discesa.

Salire Monte Morello, è più dura da San Antonio o da via Sassuolo? È una domanda che si fanno in molti, via Sassuolo in questi muri in successione sarà la penultima fatica, quindi sicuramente sarà tutto da soffrire, ma San Antonio con la sua dritta costanza è ingannevole e subdola, facendo sembrare la cima a portata di mano, ma non facendola arrivare mai.

Scendo attento lungo la sdrucciolevole via Sassuolo, attraverso Monteveglio, quarto vecchio comune prima della fusione e mi preparo per il muro successivo, anzi per i muri successivi, perché ora si inizia a scalare il Pignoletto, con le due Volta, prima da Monteveglio e poi da Castelletto.

Via Volta da Monteveglio è il tredicesimo muro, il Muro del Pignoletto, un chilometro e sessanta metri al 15%, con il tratto sul calanco che segna anche il 20% e la salita che continua dolce poi fino all’incrocio con via Invernata.

È il muro più duro, un esercizio di equilibrio e pazienza sul filo dei calanchi di Monteveglio, con l’abbazia a guardarti dal colle di fianco.

Lei mi guarda mentre io tengo vista, forza e concentrazione sulla strada davanti a me.

È una strada stretta e se si incrocia un’auto l’esercizio aumenta la difficoltà, zigzagare è vietato e personalmente lo ritengo più faticoso che spingere in avanti. L’auto mi arriva da dietro all’altezza della prima casa e mi mette in difficoltà ma per fortuna il tratto più duro viene dopo e riesco a mantenermi in sella.

Il computerino indica i 5 km/h nel tratto più duro, poi finalmente arriva il cartello Pignoletto e la strada si addolcisce. Sembra quasi di essere in discesa ma in realtà è ancora salita. Salita di crinale tra campi e vigneti, il passaggio alla curva della tenuta San Michele avvisa che la salita sta per finire, la strada comincia a scendere e io alla Cà Nova del Tenente svolto a sinistra e scendo per via Campomaggiore.

Arrivo in via Barlete e mi dirigo verso Castelletto. Un chilometro scarso di falsopiano a salire in cui approfitto per alleggerire la pedalata.

Le gambe sono ancora indurite dal Muro del Pignoletto quando svolto a destra nuovamente in via Volta, la seconda volta.

Il Muro della Seconda Volta è il quattordicesimo muro, se il primo da Monteveglio è durissimo questo da Castelletto è solo duro.

Più vario rispetto all’altro, inizia alla Cà d’Zana e finisce poco prima della Cà Nova del Tenente. È quasi due chilometri al 6%, ma solo perché si divide in tre settori. Il primo, di cinquecento metri supera abbondantemente il 12% di pendenza media, poi un secondo, leggermente più lungo pianeggiante e il terzo, di quattrocento metri, che arriva in cima con un bellissimo strappo al 10% che apre la vista alle colline della Valsamoggia.

Arrivo in Via Invernata e la ridiscendo, alla Tagliolina volto verso Mercatello cominciando a risalire via Marzatore.

Il prossimo muro mi porterà diretto al Castello di Serravalle, a poche centinaia di metri da lui, è un muro durissimo e ho un po’ di timore ad affrontarlo.

Il Muro di San Michele, quindicesimo muro, porta dal Rio Marzatore fino quasi al Castello, poco meno di tre chilometri al 3%, ma è il primo tratto che mette paura. Un chilometro scarso che parte nell’ombra buia e bagnata del bosco e porta in cima al colle, più in alto anche del Castello, in un punto chiamato Panorami di San Michele. Io lo affronto nella nebbia, con la strada umida e gocciolante che mi impedisce di alzarmi sui pedali aumentando la mia fatica, ma in giornate limpide si può vedere tutto il nord d’Italia, facendo apparire le Alpi poco lontane da Modena. Novecentotrenta metri al 12%, entrando e uscendo dal bosco, scalando il monte tra i suoi intricati pendii.

Arrivare in cima è una liberazione, la stanchezza comincia a farsi sentire, più che nelle gambe, già provate dal primo Pignoletto, dal primo Volta, comincia a farsi sentire anche la stanchezza in testa.

Ma non mollo, arrivo a Castello, apro una maltodestrina e me la bevo. È la prima fermata del giro, la prima volta che fermo la bici e metto il piede a terra. Sono vicino ai 100 km ed ho già superato i 2200 metri di dislivello.

Mi aspetta di nuovo il Rio Marzatore verso la Tagliolina e poi gli ultimi quattro muri.

Non ci voglio pensare, manca poco, ma l’arrivo sembra non giungere mai.

Alla prossima e ultima puntata.

 

 

Foto di Enrico Pasini

 

 

 

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