CICLISMO: Riflessioni sul Giro d’Italia 2020

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Si è concluso la settimana scorsa il Giro d’Italia numero 103, un’edizione che in molti hanno definito strana e particolare per via dello slittamento ad Ottobre, e della sovrapposizione con altre corse monumento come la Liegi Bastogne Liegi, o la partenza della Vuelta, ma che personalmente definirei, assolutamente speciale.

Ho seguito per Renonews tutte le tappe, un impegno molto bello ma anche difficoltoso, tornare a casa dal vero lavoro, guardare la tappa, cercare qualche curiosità da scrivere, scrivere dopo cena, rifinendo poi a colazione per inviarlo prima di iniziare a lavorare.

Un’esperienza faticosa ma, come tutte quelle legate al ciclismo, assolutamente fantastica, che spero possa ripetere il prossimo anno.

Dopo una settimana dalla fine del Giro, analizzando con più calma tutto quello accaduto, chiudo questa mia prima esperienza con le pagelle del Giro d’Italia, valutando i protagonisti della corsa e non solo. Ringraziando chi mi ha seguito e soprattutto il direttore di Renonews, Mario Becca, per l’opportunità che mi ha concesso, ecco le pagelle e i miei saluti più cari.

FILIPPO GANNA:

Partiamo con la sorpresa di questo Giro. Alla sua prima grande gara a tappe vince tutte le tre cronometro della corsa e conquista una tappa epica, con una fuga solitaria da vecchi tempi esaltando anche chi, da molto, non seguiva più il ciclismo. Si parla tanto di questo ragazzone di 24 anni e del suo futuro, per il momento atteniamoci al presente e hai fatti di questo pandemico 2020. Dovunque è andato ha vinto.

FENOMENALE  Voto 10 E LODE.

Foto gazzettadelsud.it

 

 

VINCENZO NIBALI 

Ha dato quel che poteva contro degli indemoniati ragazzini che hanno battuto ogni record che incontravano. Non è andato piano, ma in passato è andato più forte, però i suoi valori sono stati molto vicini a quando vinceva, quello che gli è mancato sono state la fantasia e la caparbietà, quelle doti che hanno fatto innamorare di lui l’Italia intera, e che gli ha permesso di vincere due Giri, un Tour e una Vuelta.

Gli è mancata anche la squadra, soprattutto per sfortuna, con Ciccone recuperato dal Corona Virus che però troppi strascichi aveva lasciato al suo fisico, con il ritiro di Brambilla alla quindicesima tappa e nonostante un meraviglioso Jacopo Mosca e un fedele fratello Antonio, troppo poco per vincere. (Ma da una squadra targata Zanetti vincere diventa un’impresa veramente ardita. W la Effe, ovunque e comunque.)

A 36 anni ha ancora qualche cartuccia da sparare, non deve immergersi completamente nel ruolo di ambasciatore del ciclismo italiano, qualche sogno può ancora toglierselo e può ancora togliercelo.

COMMENDATORE Voto 6,5

foto virgiliosport

 

DOMENICO POZZOVIVO.

È l’emblema del ciclista. Una carriera fatta di sacrifici, piazzamenti e poche vittorie, ma sempre davanti a provarci e a sognare di farcela.

Cadute tragiche e risalite eroiche hanno fatto di lui un simbolo che un’automobile ha rischiato di far diventare leggenda.

Leggenda viva lo è comunque diventato, perché, seppur storto e storpio per un braccio ancor in convalescenza, pieno di chiodi, cerotti bende e praticamente immobile, lotta per rimanere nei top ten uscendone solo alla fine.

Finisce il suo Giro undicesimo in classifica, facendo la discesa dello Stelvio, con tratti quasi ghiacciati, in maniche corte e sudato fradicio perché il braccio immobile è troppo gonfio di tutto per mettersi le mantelline ipertecnologiche dei giorni nostri.

In queste ore si scopre che il braccio malandato aveva un’infezione e rischiava la cancrena. Sei ore di operazione per non perderlo.

CICLISTA VERO  Voto 11.

foto cicloweb

 

ARNAUD DEMARE

5 arrivi per velocisti e 4 vittorie, tralasciando il perché la quinta non l’ha vinta, (e per la sua carriera è una fortuna), meglio non poteva fare.

Vince la maglia ciclamino e non è vero che non aveva avversari. Ganna poteva ambirla, Sagan la voleva, lui li ha regolati e li ha domati, nello stesso modo con cui ha guidato magistralmente la sua squadra e il suo treno. E nel momento decisivo non si è fatto attendere.

Un Francese atipico.

ITALIEN Voto 8.

 

LA TAPPA PIÙ BRUTTA

Sparare su quella di Asti, quella della protesta dei corridori, quella delle ridicoli motivazioni, sarebbe troppo facile, e anche sbagliato, quella non è stata una tappa, non si può giudicare se non con un C.S.(Che schifo), in realtà di tappe brutte ce ne sono state divers,  un paio per colpa dei corridori un paio per colpa degli organizzatori.

Di queste non ne menziono neanche una, e dico che in realtà, forse immeritatamente, la più brutta è stata la Cesenatico Cesenatico, la tappa della Nove Colli.

Le Granfondo sono Granfondo, amatoriali,  i Grandi Giri invece sono Grandi Giri, non per tutti, solo per professionisti. La differenza è netta anche in un giorno freddo che sembrava inverno. Il Gorolo fatelo come i professionisti poi ne riparliamo del senso di spacciare una Nove Colli come possibile tappa decisiva del Giro d’Italia.

ILLUSIONI. VOTO 4.

 

PETER SAGAN

Era la star di questo Giro, si è fatto attendere ma alla fine è riuscito a portare a casa una vittoria e come al solito una marea di piazzamenti. Non è stato un anno felice per Peter, sia qui al Giro, che al Tour, ha trovato sempre qualcuno che andava più forte, portandoli via la maglia della classifica a punti. Ma anche da quasi perdente Peter è un personaggio di cui il ciclismo ha sempre bisogno, il suo carisma, la sua simpatia, il suo modo di correre e il suo modo di vivere la bicicletta e di parlare della bicicletta, lasciano incollati alla televisione e poi ti lanciano immediatamente in sella ad una specialissima.

La vittoria ottenuta a Tortoreto è la sua classe elevata all’infinito, vince in fuga e di foga, vince di voglia e di carattere, di rabbia e di potenza, una vittoria che vale più di tanti piazzamenti e di un maglia a punti persa con onore.

ESEMPLARE Voto 8.

 

FAUSTO MASNADA

Fausto era l’uomo delle fughe, da quando era passato professionista, fino allo scorso anno, partiva una tappa e un uomo della Androni andava in fuga. Era Fausto Masnada, che rimaneva al vento per ore solo o in compagnia, e spesso si vedeva sfilare il gruppo a fianco quando davanti a sé aveva già il traguardo in vista.

Il 2020 era cominciato in maglia Ccc, poi il cambio in estate passando nella Deceuninck, un cambio che lo ha portato a crescere e a diventare addirittura gregario di lusso. Finisce il Giro in nona posizione della generale sacrificando tutte le energie per il suo improvviso, ma forte, Capitano Almeida. Quindici giorni di maglia Rosa del Portoghese sono anche un pochino suoi. Sogna Fausto e sogniamo anche noi, abbiamo bisogno di corridori coraggiosi e saggi come te.

SORPRESA VOTO 8,5.

foto oasport

 

JOAO ALMEIDA

Prima del Giro non lo conoscevano neanche tutti i suoi compagni di squadra, come ha dichiarato Masnada, che lo ha conosciuto solo all’ultimo ritiro a Livigno, ora lo conosce tutto il mondo.

Dove possa arrivare questo folletto indiavolato è difficile dirlo, ha già numeri incredibili e anche ampi margini di miglioramento, e soprattutto una cattiveria agonistica che manca a molti. È nella squadra giusta per crescere, è soprattutto in una squadra a cui manca un uomo da grandi corse a tappe.

Mancava.

CRISTALLINO Voto 9.

 

WILCO KELDERMAN.

Di lui ci si ricordava soprattutto per aver preso contro la moto salendo il Blockhouse e aver scatenato la caduta che costò il Giro a Thomas e Landa nel 2017.

A quasi 30 anni non ha vinto quasi niente, quattro corse piccole piccole, che poteva vincere il Giro ci credeva solo la sua squadra, e neanche tutti, il podio finale è oro colato che forse non meritava neanche appieno.

Le dichiarazioni dopo la non tappa di Asti, con la maglia rosa addosso, hanno cancellato tutto quello che aveva fatto in precedenza, compresa la bella tenuta nella tappa dello Stelvio.

Non è un cattivo ragazzo, è anche un buon corridore, ma per essere campioni ci vuole carattere.

TRASCURABILE VOTO 6.

foto raisport

 JAI HINDLEY

Ragazzo fantastico, forse troppo, era il più forte di tutti, lo sapeva ma è rimasto agli ordini di scuderia.

In salita, sullo Stelvio, se avesse aperto il gas non ce ne sarebbe stato per nessuno. Ma lui non ha tirato un metro, ha sfruttato il lavoro di Dennis e Teo e alla fine ha vinto la tappa, ma ha perso il Giro.

Ventiquattro anni, ha tutta la carriera davanti per vincere e vincerà, eccome se vincerà.

PROMESSA Voto 8.

Hindley e Hart – foto corriere

 

TEO GEOGHEGAN HART

L’aplomb inglese e lo stile italico del correre uniti in un solo corridore.

Rimane freddo e calmo quando Hindley non gli dà un cambio che uno e va a vincere la tappa regina di questa edizione. Non fa una piega, e sul Sestiere risponde a tutti i decisi scatti di Jai prendendosi la vittoria e sfiorando la Rosa.

Ha preso sulle spalle una responsabilità pesante al posto del capitano navigato Thomas, aiutato da una squadra che tutto sembra, tranne la vecchia Sky. Giovane e, si sapeva, forte, anche se non si pensava tanto, tanto soprattutto di testa, oltre che di gambe.

Gambe lunghe e sottili, bianche come il latte. Ricorda molto un altro corridore della squadra.

È solo alla prima vittoria.

INIZIAZIONE Voto 9.

foto yahoofinanza

 

ROAH DENNIS.

Lo scorso anno la Baarahin Merida aveva affidato uno psicologo ai suoi compagni di squadra per aiutarli a capirlo. Scappato da quella squadra aveva corso, e vinto, il Mondiale a Cronometro da indipendente, ingaggiato dalla Ineos, nonostante le dicerie da matto che si portava dietro, sembra ora un altro uomo.

Ha fallito tutte le crono, perché l’uomo nuovo Ganna era imbattile, è andato in fuga diverse volte cercando la vittoria senza mai trovarla, e allora si è messo a fare cronometro individuali trainando Teo sulle salite alpine a lui certo non congeniali, impartendo consigli sia a lui che a Ganna, ed esultano per le loro vittorie.

Simbolo di quanto possa essere importante avere la testa libera per pedalare meglio e di quanto sia importante avere una squadra che ti sappia capire e gestire.

RINVIGORITO Voto 10.

 

INEOS GRENADIER

Una squadra che da quando è nata ha vinto tutto e praticamente sempre. Lo ha vinto con un modo nuovo di correre e che non ha esaltato chi il ciclismo lo ha viveva da molti anni prima della loro venuta. In molti, compreso il sottoscritto, hanno affermato che stavano uccidendo il ciclismo, ed era vero. Il vero ciclismo non poteva essere solo programmazione, watt, pedalate, pulsazioni, motorhome e diete speciali. Se ne sono accorti anche loro perché ad un certo punto hanno cominciato a scricchiolare. Se ne sono accorti sul Colle delle Finestre quando con Froome andarono a conquistare un Giro d’Italia già perso con un’azione che nessuno immaginava, soprattutto orchestrata da loro e che a fatto tornare indietro nel tempo quando per vincere dovevi inventare una tutti i giorni. Da lì si accorsero che era tempo di tornare un filo indietro, mantenendo quanto di buono avevano portato e affidandosi a chi era cresciuto a pane e ciclismo.

Con il Capitano disegnato fuori dai giochi da subito, con lo spettro del secondo fallimento consecutivo dopo il ritiro di Bernal al Tour, hanno cominciato a correre alla Garibaldina, ma con una precisione e una cattiveria mai vista.

Sette tappe, quattro di Ganna, tre crono più la meravigliosa vittoria a Camigliatello Silano, due di Teo, una di Narvaez, la Maglia bianca e la maglia Rosa.

IMPREVEDIBILI VOTO 9

 foto cyclinside

 

SUNWEB

Avevano il Giro in mano, due uomini contro uno, uno scalatore fortissimo e un esperto gregarione che sembrava volare. Sembrava. Hanno scelto il Gregarione e hanno perso, in mezzo ci hanno messo errori tattici da giocatori di tre sette e un comunicare inesistente, sia tra di loro che con i media.

INEFFICIENTI ALLA MURPHY. VOTO 4.

 

JUMBO VISMA

Che dire di una squadra che scappa quando perde il suo uomo da classifica positivo al Covid, rendendo carta straccia mesi di lavori per stendere protocolli inascoltati perché in Italia c’è il Corona Virus?

In Spagna e Francia no?

Eppure han corso e corrono ancora. Portano la politica in corsa e poi scappano.

RIDICOLI VOTO 0.

 

GIRO D’ITALIA

In molti sottobanco stavano scommettendo che non sarebbe arrivato a Milano, in molti hanno provato a non farlo arrivare.

Eppure il Giro è arrivato e in modo storico con due corridori pari merito alla partenza dell’ultima tappa, cosa mai successa nei tre grandi giri.

Gli è successo di tutto, aveva due strafavoriti, Yates e Thomas che non hanno fatto in tempo neanche ad arrivare in continente, o quasi.

Ha avuto due squadre ritirate, la Mitchleton Scott con 6 positivi nello staff più Yates, che a malincuore ha dovuto salutare la carovana e la Jumbo Visma, che per motivi politici e commerciali indegni è scappata senza avvertire, e ha subito una protesta dal dubbio senso, e dalle motivazioni ridicole, alla terzultima tappa dovendola accorciare.

Nonostante tutto però il percorso disegnato era una bel percorso, un percorso che ha esaltato il nostro meraviglioso territorio e ha costretto gli svogliati e frastornati Girini a darsi battaglia.

A parte i lunghi stradoni del sud, preferiti, con poco coraggio, alle stradine strette, rovinate e sporche tra gli Appennini e il Tavoliere, in realtà il coraggio non è mancato a Vegni e a tutta l’organizzazione, regalandoci alla fine un Giro storico e speciale.

È stato un Giro Pandemico, è stato un Giro d’autunno, ma noi avete visto che meraviglia i panorami in cui pedalavano i corridori, i colori della bella morte d’ottobre e le luci verso il tramonto dell’arrivo?

E avete visto la compostezza della nostra gente con mascherine e distanze quasi sempre portate e rispettate.

In un tempo dove anche la Merkel ci fa i complimenti forse dovremmo essere orgogliosi anche noi di quello che produciamo quotidianamente.

NAZIONALISTI. VOTO 9.

 

 

 

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