Le stelle si sono appena spente, il sole deve ancora accendersi ma già illumina l’est e nel cielo comincia ad apparire l’azzurro. Le nuvole del giorno prima sono ormai lontane spinte dal vento, solo verso l’alba una striscia nera oscura il sole che stancamente tenta di alzarsi.
Al primo raggio di sole che vince ed illumina la Riva inforco la bici e parto. Riempio le borracce con la fresca acqua de La Cá e mi butto in discesa verso Vidiciatico. Poco prima della Masera cerco di distrarmi dal freddo dispettoso dell’estate ammirando i pascoli stendersi verso la magnificenza della Riva. Mi scaldo salendo a Querciola e tento di farlo anche scendendo verso Gaggio e poi verso Silla.
Attraverso il Reno al Passo del Soldato, quel fiume violentato dall’incompetenza umana ancora stenta a trovare la limpidezza sporcata dai fanghi passati dallo svaso della Diga di Pavana.
Iniziò la prima salita verso Castel di Casio, lunga, bella e stronza. Stronza per i segnali che indicano undici chilometri alla stazione, dieci all’incrocio per la Berzantina e di nuovo dieci all’incrocio per la sorgente, e stronza per le sue false pendenze intervallate da dolci discese che mai riescono a farmi trovare un ritmo costante.
Bella, attraversa castagneti, piccoli borghi e prati verdi, inerpicandosi su per il monte senza far mai pesare la sua scalata. Bella, bellissima, quando si apre verso Suviana, esaltando il lago sbarrato dalla Vecchia Diga.
Lì, alla Diga, ci arrivo dopo essere sceso dal paesino con la torre medievale al centro che ne testimonia la grande storia, ma ci arrivo sotto, senza salirci, leggendo la grande scritta in numeri romani incisa sulla sommità e ammirando, con un po’ di timore, la sua imponenza.
Comincio a salire verso Costozza, lo attraverso e svolto verso Baigno. Cinque chilometri indica il cartello, all’uscita del paese uno strappo al dieci per cento mi preannuncia quanta sofferenza dovrò patire. Rare volte la pendenza scende sotto la doppia cifra e almeno un paio di volte la strada si eleva ancora di più aumentando la mia fatica già abbastanza provata.
Sono da poco passate le 8, nella salita incontro una macchina a scendere e una a salire, guardo Baigno avvicinarsi e lo punto, nonostante la fatica, con convinzione. Arrivo al paese attraversando la bella strettoia della Chiesa, pare ancora addormentato, diversi i cartelli “vendesi” sulle case, simbolo di una montagna che si sta svuotando, ma il lavoro di un giovane già a tagliare l’erba di casa, e di un ragazzo con il nonno, a far colazione al bar, mi lasciano un filo di speranza che forse qualcosa si potrà salvare.
La salita di Costozza è una bella scoperta, Gianluca me lo avevo preannunciato, taglia completamente e in pochi chilometri la salita classica per lo Zanchetto, è dura e solitaria, romantica e antica.
Scendo a Suviana, questa volta passo sulla Diga, scendo al paese e in centro svolto a sinistra verso Lizzo. Una bella salitella di pochi chilometri tutta tornanti che arriva sulla strada che da Badi scende alla Berzantina.
Un po’ indeciso torno verso Badi e scendo verso Ponte della Venturina, l’indecisione era giusta perché operai stanno preparando la strada per una nuova asfaltatura ed ora è ricoperta di ghiaino. I tubeless prendono subito il bianco della ghiaia, in parte sono infastidito, in parte mi sento eroico. Arrivo attento, ma sano e salvo, a Ponte della Venturina e veloce attraverso una già trafficata Porretta e da Silla comincio a salire verso la Cà.
Più di venti giorni senza pedalare e un mese senza un giro serio, sono in parte preoccupato per i diciotto chilometri che mi aspettano, ma sento che la gamba è ancora piena, non molto reattiva, ma non lo era neanche in partenza. Salgo verso Lizzano dopo aver oltrepassato Lastra Rossa e Vivalle, agile ma allegro.
Da quando sono arrivato il Corno è coperto da nuvole che ne oscurano la cima, fermandosi al limite del bosco. In questo giro le nuvole hanno oscurato sempre il sole, la temperatura è perfetta per pedalare e il cielo in parte azzurro alleggerisce le fatiche. Sembra quasi che le nuvole stiano scortando il sole verso il tramonto senza mai fargli vedere terra. Sarà così fino al suo addormentarsi dietro la Riva.
Osservando il cielo attraverso Lizzano e Vidiciatico. La fatica la sento ma mai riesce a distrarmi. Riesco fino a La Cà ad ascoltare i ruscelli buttarsi a valle, gli animali nascondersi nel bosco, odoro la nuova fungina disperdersi nell’aria, osservo i ricci delle castagne addobbare gli alberi e diventare più grandi dopo le piogge dei giorni scorsi.
Arrivo a casa con scioltezza, avrei ancora forze per pedalare ma le tengo per la domenica, il Passo della Collina e un caffè a Pistoia mi aspettano.
Non posso farli aspettare.
Foto di Enrico Pasini