Come di consueto, l’estate porta il caldo e l’umidità, spesso e volentieri. Le zanzare arrivano a squadroni per cibarsi del nostro sangue e ci troviamo costretti a starcene in ammollo per gran parte della giornata (mare, piscina, fiume, vasca da bagno) oppure dissetarci all’inverosimile, per contrastare gli effetti della “calura” di stagione o preservare quel po’ di materia cerebrale, prima che giunga irrimediabilmente al punto di ebollizione.

Ventilatori e condizionatori ci sostengono quanto più possono, mentre i vestiti indossati sono sempre meno, se non altro tra le mura di casa e quando il sole tramonta e finalmente arriva il canto dei grilli a dirci che, anche per oggi, il tepore di luglio e agosto è passato e abbiamo qualche ora di tregua, la nostra mente si addormenta, conscia del fatto che domani sarà la stessa cosa e quel benedetto temporale estivo sembra lesinare la sua presenza, neanche fosse il più acclamato divo Hollywoodiano.

C’è un’alternativa a questa routine? C’è una via di scampo alla temperatura che sale? C’è la possibilità di poter concedersi un momento di refrigerio, a contatto con la natura, magari evitando anche i tafani che non vedono l’ora di aggredirci e girarci insistentemente attorno a 360°?

Da buon amante del trekking e delle passeggiate, fatte nelle ore più convenienti, vi posso dire che ho trovato una piacevole scappatoia, compiendo un percorso non difficile e non troppo lungo.

Una marcia nella natura, la cui meta finale è in grado di soddisfare l’amore per l’aria fresca, per quel senso di libertà che raramente riusciamo a soddisfare e la passione per la storia del nostro territorio, visitando le tracce evidenti di quell’architettura secolare che ancora resiste e ci invita a viaggiare nella fantasia e nelle reminiscenze di epoche mai vissute e soltanto studiate.

 

Giunti nella località di Carmignanello, in provincia di Prato, l’entusiasmo è grande già quanto percorriamo il Ponte di Cerbaia, ancora possente e ampio, costruito per agevolare il passaggio delle merci sul tragitto per Bologna e attraversare comodamente il fiume Bisenzio.

Addentrandoci nella vegetazione, tra fauna e flora caratteristiche della zona, lo sguardo non può fare a meno di posarsi sui ruderi che dominano la vetta della collina che ci accingiamo a sfidare, con lena e determinazione.

Il sole picchia sulle spalle e la fatica delle prime salite non tarda a giungere, mentre sentiamo che l’acido lattico fa il suo sporco lavoro su cosce e polpacci, ma non sfiora neanche l’idea di desistere, anche perché l’aria inizia ad essere più fresca, man mano che si affronta la salita e la natura diviene sempre più fitta e verde.

La brezza fresca accompagna fino ad arrivare sulla sommità e trovarsi di fronte ai torrioni difensivi che, seppur parzialmente crollati, regalano ancora quel senso di protezione e fierezza.

La Rocca di Cerbaia ha ancora tutta la sua personalità e, avendo la fortuna di trovarsi lì da soli, il fascino che essa comunica è ancora più intenso, così come visitare quel luogo nato probabilmente nel 1200, è qualcosa che le parole non riescono a descrivere appieno.

Federico Barbarossa ed i Conti Alberti sono soltanto due dei nomi più prestigiosi che si legano alla fortezza che ancora racconta la sua storia ed ha avvicendato diversi proprietari al suo interno e conseguenti vicissitudini, prima che negli anni 2000 venisse scongiurato il suo abbandono e il Comune di Cantagallo ne promosse attivamente il restauro e la valorizzazione.

Bellissimo ammirare il panorama dalle feritoie e godersi le vallate circostanti, quasi sentendosi sovrani a propria volta.

Tra i resti dell’oratorio medievale e la grande cisterna all’interno della seconda cerchia, l’imponente torrione pentagonale non smette di scrutarci e la mente corre alla leggenda del Sommo Poeta che cercò rifugio ed ospitalità, poi rifiutata, all’interno del castello, in una notte nevosa e ostile.

Riparato nella casa di un pastore (che ancora oggi esiste, diroccata e posta ai piedi della rocca), Dante ha comunque citato la Rocca di Cerbaia nell’Inferno, canto trentaduesimo, dove i fratelli Napoleone e Alessandro degli Alberti finiscono a patire per l’eternità nel girone dei traditori.

Un pomeriggio diverso, eccitante e sicuramente più fresco, dall’alto dei quattrocento metri del colle, soddisfatto delle foto portate a casa e ricaricato e pronto per un nuovo percorso, un nuovo viaggio del corpo e della mente, consigliando a voi lettori una visita a questo luogo che lentamente sta rinascendo e chiedendovi quale, secondo voi, sarà la prossima meta del nostro straordinario Appennino.

 

Foto di Fabrizio Carollo

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