In realtà, questa volta il titolo della rubrica non è esatto al cento per cento, poiché il piccolo borgo del quale mi accingo a parlare, non è proprio disabitato, anche se conta ormai pochi residenti stabili.
Situato nell’Appennino tosco-romagnolo, ai piedi del Monte Bastia, Casetta di Tiara è balzato alla mia curiosità a seguito della visione del film La Regina di Casetta, del regista Francesco Fei, un interessante e affascinante documentario che racconta appunto la storia di Casetta e la vita del piccolo agglomerato, vista dagli occhi della dodicenne Gregoria, ultima minorenne del luogo e profondamente legata alla vita all’aria aperta ed alle sue radici.
Dopo la visione di questo film, inevitabilmente ho provato un desiderio di raggiungere quel borgo, che già mi aveva catturato dalle immagini sullo schermo, proprio per il senso di libertà e natura incontaminata che trasmetteva, così mi sono equipaggiato di tutto punto e sono partito per un trekking liberatorio in territorio fiorentino.
Una camminata di media difficoltà, accompagnato dalla bellezza e dalla differenziazione del panorama circostante, che va dall’aspetto rude delle cave di pietra serena al verde brillante e intenso dei boschi rigogliosi, mentre il mormorio piacevole del torrente Rovigo non mi ha mai abbandonato durante il percorso.
Il borgo si presenta fiero, a cominciare dalla bellissima chiesa, più volte distrutta e ricostruita durante il secondo conflitto mondiale, per poi proseguire nelle piccole viuzze, accompagnati dagli sguardi incuriositi ma cordiali dei residenti, che suggeriscono una profonda ospitalità.
Il fascino di Casetta è anche storico, se si pensa non soltanto al fatto che il suo dialetto (il casettino) non si parla da nessun’altra parte ed è oggetto di ricerca di molti storici locali, che considerano la zona come linea di confine tra il mondo longobardo e quello bizantino, che dominarono l’area nell’antichità, ma anche perché qui soggiornò per qualche giorno il tormentato poeta Dino Campana, immediatamente affascinato dall’unicità del luogo, nel quale trascorse giorni di passione e amore con la scrittrice Sibilla Aleramo.
L’alone magico di Casetta di Tiara è quindi completo, come intensa è la suggestione dei percorsi che circondano l’abitato, tra mulini, cascate e ruderi di borghi tristemente lasciati al loro destino, come quelli di Rovighello e Pian dell’Aiara.
Una piacevole sorpresa è stata anche quella di conoscere proprio Gregoria, la Regina del film, scoprendola davvero una ragazza estremamente genuina e umile, legata alle bellezze naturali di un luogo che, non esagero, pare davvero sospeso nel tempo, all’interno di un’epoca lontana, nella quale la frenesia e lo stress perdono di significato.
Tornato indietro, dopo un doveroso reportage fotografico, che tuttavia non rende affatto al meglio l’atmosfera di Casetta, ho portato nel cuore l’esperienza vissuta e il profumo dei castagni fieri, rinnovando l’invito a chiunque ami la natura e la nostra storia, di visitare luoghi come Casetta di Tiara, avendo rispetto per ciò che racchiude e custodendo gelosamente nell’anima quello che è in grado di regalare, arricchendo noi stessi, nella speranza che anch’esso non debba seguire il destino dell’abbandono, ma che invece possa trovare nuove persone e nuovi abitanti che ne proseguano le tradizioni e ne portino avanti la bellezza.
Un Appennino niente affatto dimenticato, in questo caso…ma era quantomeno giusto scrivere anche di Casetta per continuare a non dimenticarlo. Per continuare ad essere anche parte di esso.
Foto di Fabrizio Carollo