Alfonso “Fonso” Calzolari
Alle 4 del mattino del 1° giugno parte la quinta tappa, da Avellino a Bari per un totale di 328 chilometri. Fin dai primi chilometri il tracciato è ricavato su strade pessime, tutte ammalorate da cunette gonfie di acqua, con grossa ghiaia, simili al fondo di un torrente. Inoltre il tempo è coperto con grigie nubi e pioggia incombente. In questo drammatico scenario, a San Severino, si verifica la caduta del Campione d’Italia Girardengo che con un pianto misto a dolore e disperazione è costretto a ritirarsi dalla gara.
All’altezza di Salerno la strada diventa ancora peggiore; Il fondo è coperto di sabbia ed inzuppato di acqua. Nonostante queste proibitive condizioni un sestetto di “pazzi” tenta la fuga. I sei temerari sono: Calzolari, Azzini, Albini, Bordin, Durando e Robotti. Sui primi strappi dello Scoglio Bordin non regge il passo dei compagni e viene staccato dai compagni. Calzolari sembra in difficoltà non è disinvolto in bici come al solito e sotto la maschera di fango che gli ricopre il volto sono inequivocabili segni di stanchezza, però stoicamente resiste. Cede invece Robotti. Al bivio per Potenza clamoroso allungo di Azzini che, in pochi chilometri, mette quasi due minuti tra sé e i tre compagni di fuga. A Vietri il suo vantaggio è già di otto minuti; si punta intanto su Potenza percorrendo una strada di montagna, vecchia ed abbandonata, in pessimo stato, tutta coperta di sterpaglie e con sassi taglienti. In questo scenario infernale Azzini aumenta addirittura il vantaggio su Calzolari, Durando ed Albini toccando addirittura i 35 minuti. Inizia una serie interminabile di contrattempi per Durando che è frenato da una lunga serie di forature. Ad inseguire il leader della tappa rimangono solo rimangono solo Calzolari e Albini.
A Tricarico anche Albini è frenato da una foratura e così Calzolari rimane solo alle spalle di Azzini che sembra avere le ali ai piedi tanto che il suo vantaggio, chilometro dopo chilometro, si fa sempre più ampio. Il fuggiasco riesce ad affrontare le salite con un agilità sorprendente mentre le discese le copre a velocità folle. Al bivio di Matera, sede di controllo orario, il vantaggio su Calzolari tocca i 45 minuti. A questo punto si scatena una pioggia ancor più furiosa di quella che aveva colpito i corridori nei primi chilometri. Un torrente di acqua si abbatte sulla strada rendendo sempre più difficile la corsa dei nostri “eroi”. Ma lo scatenato Azzini non sembra avvertire le terribili condizioni climatiche e impiega solo 2 ore e 12 minuti per percorrere il tratto Matera-Bari staccando ancor di più Calzolari. A Bari Azzini riesce, con un vantaggio risicato di pochi minuti, a sostituire in testa alla classifica generale Fonso Calzolari che arriva a fine tappa con un distacco di 1 ora, 3 minuti e 22 secondi.
Alla drammatica cronaca sportiva è doveroso affiancare la “leggenda popolare”.
Si narra infatti che nella notte del 1° giugno, a Bari, un sinistro individuo dal volto mascherato abbia fatto visita in albergo a Alfonso Calzolari, offrendogli quindicimila lire per arrivare”solo” secondo a fine Giro; proposta subito sdegnosamente rifiutata dallo sbalordito Alfonso. Va ricordato che al vincitore assoluto spettava la considerevole somma di trentamila lire. Il 3 giugno riprende la gara vera e propria con la sesta tappa, da Bari a l’Aquila, per un totale di 428 chilometri.
La frazione inizia incredibilmente sotto un cielo turchino privo di nubi e, dopo 360 chilometri, a San Paolo Matese i migliori sono ancora tutti in gruppo. A questo punto iniziano le ostilità. Lucotti esce dal gruppo e in pochi chilometri di fuga, a Rionero, vanta già un vantaggio di otto minuti su una coppia di inseguitori composta da Durando e Calzolari. Al passaggio in cima alla tremenda salita del Macerone Lucotti vanta un vantaggio sul primo degli inseguitori, Durando, di 14 minuti. Un freddo vento impetuoso taglia la faccia dei corridori che una selezione impietosa distacca di molti minuti tra loro. Ognuno può contare solo sulle proprie forze per vincere le forze della natura ostile, superare le avversità di una strada impossibile e limitare il distacco dagli avversari.
La terribile prova si conclude alle ore 19, 38 e una folle enorme saluta il vincitore Luigi Lucotti. Secondo si piazza Durando staccato di 1 ora e 19 minuti; terza piazza per Calzolari a 1 ora e 35 minuti. In classifica generale Alfonso Calzolari riconquista il primo posto, grazie anche alla spettacolare uscita di scena del suo avversario più pericoloso, nonché leader della gara, il milanese Giuseppe Azzini. L’ex leader, dichiarato ufficialmente disperso al termine della tappa, verrà ritrovato solo il giorno successivo in un casolare di campagna nei pressi di Popoli, a venti chilometri dal traguardo, quasi fuori di senno, con la febbre alta. Al suo inspiegabile crollo fisico si cerca di dare spiegazione legandolo all’uso di qualche “bomba” dagli effetti controproducenti e devastanti. Al termine della tappa inoltre giunge alla giuria un reclamo contro Calzolari e Canepari, rei di essersi fatti tirare, per un breve tratto, dopo Roccaraso, da una automobile. Interrogati dalla giuria Calzolari e Canepari fornirono però una versione completamente diversa come risulta dal verbale (sottoscritto da entrambi) redatto al termine dell’incontro:
“Una macchina da corsa, rossa, con conducente e passeggeri forniti di baffi e barbe posticce, prima cercava di convincere Calzolari a farsi trainare, poi dopo il suo rifiuto tentava di travolgerlo provocando comunque la sua rovinosa caduta. Fonso finì dentro un fosso pieno di melma e profondo più di un metro e, proprio mentre stava per scomparire nel fango, venne salvato dal provvidenziale aiuto del generoso Clemente Canepari che ne evitava così il ritiro”.
La giuria lasciava così a Fonso, seppur sub-judice, il ruolo di capoclassifica del Giro in attesa della conclusione di indagini più approfondite. La sesta tappa passa agli archivi come la più tremenda del già durissimo Giro d’Italia con il ritiro di ben sette dei protagonisti più affermati: Marangoni, Gerbi, Robotti, Spinelli, Bordin, Oriani e ovviamente Azzini. Alla partenza della settima e penultima tappa, che prevede il tratto da L’Aquila a Lugo (429 chilometri) si presentano solo dieci corridori. Alle 0,20 del 5 giugno, sotto l’ennesimo acquazzone i dieci indomiti scattano con la convinzione interiore che sarà di nuovo una sofferenza senza fine.
Avviene invece un miracolo perché poco dopo la partenza l’acqua cessa di cadere e il cielo si rasserena riempiendosi di stelle. Con questo scenario molto più rassicurante gli animi si placano e la rilassatezza regala una tappa quasi monotona. Nessuno vivacizza con scatti il ritmo, tutti marciano insieme, sembra quasi che manchino le energie da investire in fughe individuali. Dopo oltre quattrocento chilometri il gruppetto formato da sei elementi (Canepari, Ripamonti, Albini, Calzolari, Lucotti e Pratesi) si gioca la vittoria nella volata finale.
Al traguardo di Lugo, posto in fondo all’ampio rettilineo del viale della stazione, tutti si aspettano una volata a sei ma nella curva che immette sul rettilineo Canepari cade trascinando a terra Ripamonti. Quest’ultimo è lesto a rialzarsi e, pur con una gomma sgonfia, cerca di partecipare allo sprint. A trecento metri dalla linea del traguardo Pierino Albini con uno scatto veemente prende la testa del gruppetto e resiste agli attacchi di Lucotti e Pratesi, cogliendo la vittoria con una macchina di vantaggio. Quarto è il capoclassifica Calzolari, quinto Ripamonti.
La classifica generale non vede mutamenti e Alfonso Calzolari, ad una tappa dal termine, comanda ancora la “corsa in rosa”.
Il 7 giugno, alle ore 0,17, si parte per l’ultima tappa, Lugo-Milano (420 Km). Gli otto corridori superstiti prendono il via sotto l’ennesimo violento scroscio di pioggia. Dopo circa un’ora il tempo cambia e il sereno diventa stabile rincuorando animo e gambe. Ma, pur con il tempo favorevole, nessuno mostra intenzioni bellicosa. L’unico desiderio è quello di raggiungere tranquillamente Milano mantenendo il posto già conquistato in classifica. Non era ipotizzabile infatti immaginare una lotta per il primo posto, già ampiamente assicurato a Calzolari da un fortissimo vantaggio. La vittoria di tappa era logico disputarsela con una volata generale come era già successo a Lugo. Dopo oltre quattrocento chilometri di gara piatta, con i superstiti tutti riuniti in gruppo, si verificava uno sgradito inatteso evento. Per motivi di “ordine pubblico”, la gara veniva allungata di dodici chilometri e l’arrivo spostato ad Ospiate.
L’allungamento della corsa era causato dalla presenza di oltre diecimila persone che in strada aspettavano i ciclisti al Musocco a Milano; la Regia Polizia non sapeva come tenere in ordine la sede stradale e così si era deciso di spostare il gran finale. Ad Ospiate Pierino Albini, a poche centinai di metri dalla linea del traguardo, partiva lanciato trascinandosi alla ruota Caneparo e Durando seguiti nell’ordineda Lucotti, Pratesi, Calzolari e Sala.
Lo scatto definiva l’ordine di arrivo della tappa; il solo Ripamonti infatti chiudeva staccato.
Classifica finale del Giro d’Italia 1914:
- Alfonso Calzolari in 135 h 17′ 56″
- Pierino Albini a 1 h 57′ 26″
- Luigi Lucotti a 2 h 04′ 23″
- Clemente Canepari a 3 h 01′ 12″
- Enrico Sala a 3 h 59′ 45″
- Carlo Durando a 5 h 12′ 22″
- Ottavio Pratesi a 7 h 20′ 58″
- Umberto Ripamonti a 17 h 21′ 08″
La classifica generale restava ovviamente sub-judice non avendo ancora la giuria deliberato per i fatti della tappa Bari-L’Aquila. Solo dopo parecchi mesi di accese discussioni, nell’ambito degli organi di giustizia sportiva, la vittoria di Alfonso Calzolari venne finalmente confermata anche dall’U.V.I. Emilio Colombo mise la parola fine al caso scrivendo su “Lo Sport Illustrato” che la giustizia ed il buon senso avevano trionfato.
Alfonso Calzolari si era meritatamente aggiudicato il Giro d’Italia 1914 che è passato alla storia per i seguenti primati:
- la lunghezza media delle tappe più alta;
- maggior distacco tra il primo ed il secondo classificato nella graduatoria finale;
- la percentuale di maggior numero di ritirati;
- il tempo di percorrenza di tappa più alto;
- la tappa vinta con il maggior distacco inflitto al secondo classificato;
- la fuga solitaria più lunga;
- la tappa più lunga di sempre.
Al suo rientro a Bologna Calzolari venne accolto come un eroe dai suoi sostenitori, dagli amici e anche dalla folla sportiva del capoluogo emiliano. “Fonso” venne portato in trionfo nella centralissima via dell’Indipendenza. Chiuse la sua felicissima annata con un 13° piazzamento nel Giro dell’Emilia.
Nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Calzolari venne arruolato in Fanteria, nel servizio di Sussistenza. La sua attività sportiva divenne forzatamente sporadica ed in quell’anno, con la maglia della Stucchi, corse la Milano-Sanremo (10°), il Giro dell’Emilia (6°), la Milano-Torino (24°) e il Giro di Lombardia (9°). Terminata la parentesi bellica, tornò alle corse sul finire del 1918, piazzandosi 3° nel Giro dell’Emilia.
Nel 1919 una brutta foruncolosi manifestatasi a febbraio, durante un periodo di allenamento sulla Riviera Ligure, minò gravemente la sua salute e influì sulle sue future prestazioni. Nello stesso anno provò comunque a riproporsi come protagonista anche al Giro d’Italia. Dopo essersi classificato secondo nelle prime due tappe (Trento e Trieste), 8° nella terza (Ferrara), 11° nella quarta (Pescara), 6° nella quinta (Napoli) e10° nella sesta (Roma); fu costretto al ritiro il giorno successivo nella frazione da Roma a Firenze per motivi di salute.
Chiuse la stagione con un 6° posto nel Giro dell’Emilia.
Nel 1920 fu 11° nel Giro del Piemonte, 19° nella Milano-Torino, 9° nel Giro dell’Emilia, 14° alla Milano-Sanremo, prima di riportare una ferita ad una mano in seguito ad un incidente automobilistico. Si schierò anche alla partenza del “Giro” ma le sue forze erano ormai ridotte al lumicino. Dopo essersi classificato 7° a Torino, nella prima tappa, non si presentò alla partenza della seconda frazione.
Nel 1921, l’ultimo anno in cui indossò la gloriosa maglia della Stucchi, si piazzò 17° nella Milano-Modena, 12° nel Giro dell’Emilia, 14° alla Milano-Sanremo. Riprovò ad essere protagonista al Giro d’Italia ma ormai le sue gambe non avevano più la consistenza e la forza su cui poteva contare prima della Guerra. Dopo aver concluso le tappe di Merano (24°) e Bologna (14°) , proprio a Bologna, alla partenza della terza tappa, dichiarò forfait. Fu quella l’ultima volta che figurò tra i partecipanti al Giro d’Italia, la corsa che lo aveva reso famoso.
Dopo una pausa di due anni, Calzolari si riaffacciò alle gare nel 1924, iscritto nella categoria degli “Isolati”. Ottenne però scarsi risultati come un 20° posto al Giro del Piemonte, il 28° alla Milano-San Remo ed il 44° posto nella classifica finale del Campionato Italiano Professionisti. Troppo poco per il suo orgoglio e la fama che si era costruito con grandissimi sacrifici, così alla fine di quello stesso anno diede l’addio definitivo al ciclismo agonistico.
Dopo il ritiro Alfonso Calzolari, insieme al suo amico di sempre Ezio Corlaita, per qualche anno si impegnò nell’organizzazione di manifestazioni ciclistiche su pista. Dopo pochi anni però lasciò il mondo del ciclismo per dedicarsi solo alla sua famiglia.
Nel luglio del 1975, con decreto del Presidente della Repubblica Italiana a firma Giovanni Leone, Alfonso Calzolari da Vergato venne nominato Cavaliere all’Ordine della Repubblica Italiana, per i suoi meriti sportivi e civili.
Il 3 febbraio 1983, presso la Casa di Riposo “Villa Serena” a Ceriale, in provincia di Savona, alla venerabile età di novantasei anni compiuti, Alfonso “Fonso” Calzolari lasciò la vita terrena.
Foto dalla “Collezione Luca e Lamberto Bertozzi”