Ricordi di una vecchia Bologna: i Giardini Margherita

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1775

I giardini Margherita rappresentano, con ben 26 ettari, il più noto e frequentato parco pubblico bolognese, realizzato tra il 1875 e il 1879 su progetto del nobile piemontese Emanuele Bertone di Sambuy, per permettere alla città di Bologna di avere un grande spazio verde come già stava accadendo nelle maggiori città italiane ed europee.
Il parco fu inaugurato il 6 luglio 1879, con il nome di “Passeggio Regina Margherita”, in omaggio alla moglie di Umberto I, divenuto re l’anno precedente.
Nel 1938 i legionari del 567esimo battaglione portarono in dono alla città di Bologna due leoni: Reno e Sciascia. Per custodire i felini vennero sistemate delle gabbie ai giardini Margherita. La dinastia di Reno e Sciascia rimase in auge fino all’inizio degli anni ottanta, quando l’ultimo leone lasciò la gabbia dei giardini Margherita e il piccolo zoo bolognese venne smantellato – perché nel corso degli anni, oltre ai leoni, il polmone verde per eccellenza di Bologna aveva ospitato anche scimmie e daini.
Attualmente il parco conserva buona parte dell’assetto originario ed è vagamente ispirato ai
parchi romantici inglesi. E’ dotato di ampi viali alberati, di un bel laghetto circondato da scogliere in gesso, vaste superfici adibite a prato, boschetti di querce e altri angoli più naturali, un corredo di notevoli esemplari arborei in prevalenza esotici (cedri, pini, ippocastani, platani, cipressi calvi, qualche farnia, una sequoia). Sul lato meridionale del laghetto, c’è il breve tratto all’aperto dell’antichissimo canale di Savena, una delle vie d’acqua della Bologna di un tempo.
Il parco ricco di elementi decorativi tipicamente italiani, era un tempo visitabile sia a piedi che in carrozza e a cavallo. Attualmente non si discosta troppo dal progetto originario. La viabilità è rimasta la stessa, con lo stradone, un tempo in ghiaia e ora in asfalto, che forma una sorta di doppio anello intersecato da vialetti e sentieri. Gli ingressi principali sono dotati di preziose cancellate in ferro, progettate dallo stesso Sambuy, che disegnò
anche le panchine.
Non si sa molto, tuttavia, della prima disposizione delle piante e le specie impiegate, in quanto sono andati perduti tutti i carteggi allegati alle sedute comunali del 1885. Dai documenti degli anni successivi pare che nel parco fossero numerosi i sempreverdi, soprattutto abeti, e specie esotiche. Alle prime piantagioni si possono far risalire il boschetto di querce che ancora cresce tra il laghetto e la scuola primaria “Fortuzzi”, il bosco di lecci vicino all’edificio scolastico, le grandi farnie isolate in vari punti del parco (che
per le dimensioni potrebbero persino essere preesistenti), alcuni cedri, i cipressi calvi sulle rive dello specchio d’acqua, una grande sequoia, e un notevole esemplare di maclura.
Il cuore del parco è sempre stato il laghetto circondato dalla vegetazione, sul quale era possibile andare in barca.
La zona compresa tra via Castiglione e la chiesa di Santa Maria della Misericordia era già un tempo adibita a vivaio e abitazione di un giardiniere-custode. Negli odierni Giardini Margherita i grandi viali, asfaltati nel dopoguerra, isolano aree a prato anche molto estese, spesso attraversate da sentieri che collegano la viabilità principale con gli spazi dove si può giocare e dedicarsi a pratiche sportive.
Nella disposizione degli alberi, sia all’interno che lungo i bordi dei prati, si ritrova il più delle volte un disegno a gruppi e boschetti di piante della stessa specie, spesso con un’alternanza di sempreverdi e caducifoglie. Uno dei motivi di interesse del parco è la bella collezione di piante esotiche, dai nomi spesso stravaganti, con fiori e frutti singolari (sterculia, albero del sapone, albero dei tulipani, albero del paternostro, maonia, deuzia, spirea, ginkgo, ecc.). La specie che oggi più caratterizza i Giardini Margherita, per la sua larga diffusione su tutta la superficie, è sicuramente l’ippocastano, ma numerosi sono anche ​platani, noci neri, sofore del Giappone, spini di Giuda, tigli, pini e cedri. Le macchie di cespugli, invece, sono poche e le siepi, sono localizzate quasi esclusivamente lungo il perimetro esterno.
L’aspetto complessivo del parco, tuttavia, per quanto ancora gradevole e dotato di scorci paesaggistici, come nella migliore tradizione ottocentesca, è stato visibilmente condizionato, nel suo quasi secolo e mezzo di vita, dal costante flusso di visitatori, dalle tante modifiche sopravvenute nel corso del tempo e dalle innumerevoli attività e manifestazioni che in modo temporaneo e permanente vi hanno avuto luogo e che tuttora lo caratterizzano in modo determinante.
Rosalba Angiuli
ph dalla “Collezione Luca e Lamberto Bertozzi”

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