APPENNINO E CORONAVIRUS – Dott. Eros Tommasi: “Valorizzare le potenzialità territoriali”

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Sasso Marconi (Bologna), 19/01/2013. Inaugurazione della nuova Casa della Salute di Sasso Marconi, intitolata alla memoria del primo donatore multi-organo di Sasso Marconi Romolo Ventura. Alla inaugurazione parteciperanno Giuliano Barigazzi Presidente della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria di Bologna, Paola Fanin componente della Commissione Tecnica Regionale per la Campagna sulla donazione degli organi, Simone Gamberini Presidente del Comitato di Distretto di Casalecchio di Reno, Massimo Masetti Assessore Sanità e Servizi Sociali di Sasso Marconi, Stefano Mazzetti Sindaco del Comune di Sasso Marconi, Teresa Marzocchi Assessore alle politiche sociali della regione Emilia Romagna, Francesco Ripa di Meana Direttore Generale dell’Azienda USL di Bologna, Vittorio Zatti Medico di medicina generale. ARCHIVIO AUSL BOLOGNA – foto Paolo Righi/Meridiana Immagini

Il dott. Eros Tommasi e il figlio Lorenzo, medico a Parigi presso una unità che cura gli ammalati di Covid 19

 

Proseguendo con la nostra indagine abbiamo voluto intervistare un medico. Il dott. Eros Tommasi, da circa 48 anni residente a Sasso Marconi e da almeno 38 anni Direttore Sanitario della locale Pubblica Assistenza, quindi non solo con esperienza di medicina ma anche  con lunga conoscenza del territorio.

Qual è la situazione a sasso Marconi in un periodo così delicato e preoccupante come quello che stiamo vivendo a causa del coronavirus ?

I dati epidemiologici sono aggiornati quotidianamente dalla Asl e divulgati sui “social” dal nostro Sindaco. Ritengo che Sasso, rispetto ad altre aree del Paese, sia ancora una zona relativamente tranquilla. Ciò che mi sento di affermare, come ormai sostenuto da molti, è che i dati ufficiali rappresentano solamente una “punta dell’iceberg” del problema. Sicuramente vi sono molti contagiati paucisintomatici o anche asintomatici, che non vengono diagnosticati, poichè i tamponi vengono effettuati in ospedale, nei casi fortemente sospetti . Gli altri guariscono a casa e non vengono conteggiati.

Quali sono i problemi che la popolazione deve affrontare ? Ha consigli da dare ?

In una emergenza sanitaria di questo tipo, a cui non eravamo preparati, forse colpevolmente, è chiaro che i problemi sono diversi e le soluzioni proponibili altrettanto numerose, per cui  le modalità di intervento si sono assestate in corso d’opera, con incertezze e disagi inevitabili. Se posso avanzare una timida osservazione del tutto personale è che si è fatto poco per valorizzare le potenzialità della medicina territoriale. Di fatto i medici di base sono stati costretti a gestire  telefonicamente i casi sospetti,  inviando direttamente in ospedale tramite il 118 i casi più gravi. D’altra parte sono sempre rimasti carenti i dispositivi di protezione individuale (mascherine, camici, occhiali, cuffie, guanti) che avrebbero consentito di effettuare visite in sicurezza alle persone sintomatiche. Inoltre i tamponi domiciliari, che avrebbero potuto consentire una diagnosi precoce dei casi dubbi, con i conseguenti provvedimenti terapeutici e di isolamento, sono stati pochi e spesso tardivi. La filosofia di fondo è stata, a mio avviso, centrata sull’Ospedale, come punto di riferimento principale per governare le risorse diagnostiche e terapeutiche. Soluzione molto valida per gestire i casi conclamati, ma che ha lasciato nella “nebbia” una ampia fetta di popolazione, fortunatamente meno grave. Questo atteggiamento si è ultimamente valorizzato con gli “ambulatori blu”, isitutuiti presso gli ospedali e prossimamente anche presso alcune Case della Salute, in cui i medici di medicina generale indirizzano, previo appuntamento, i casi sospetti da coronavirus. I limiti di questa soluzione stanno, secondo me, nel fatto che inevitabilmente gli appuntamenti hanno un certo tempo di latenza e di conseguenza un ritardo diagnostico, ma soprattutto impongono ai pazienti potenzialmente positivi di abbandonare il loro isolamento fiduciario per spostarsi e andare in città … dopo che abbiamo predicato di stare chiusi in casa.

 

Il dott. Eros Tommasi un raro momento di relax

 

La chiusura del P.Soccorso di Vergato dalle 20 alle 8 della mattina ha creato problemi alla Pubblica Asssistenza ? 

Ritengo che il problema sia stato più marcato per la popolazione locale. La Pubblica Assistenza ha come ospedale di riferimento privilegiato il Maggiore, per cui una parziale chiusura di Vergato non ha sostanzialmente modificato le abitudini di trasporto, anche se è capitato di dover essere dirottati su territori che non sono abitualmente di nostra competenza.

 

 

In home page la casa della Salute di Sasso Marconi

 

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