CINEMA – Le nostre recensioni: “Parasite”

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Gaudio e giubilo!

Finalmente, sono riuscito a recuperare l’ultima fatica di Bong Joon-Ho, brillante regista sudcoreano, che già aveva destato la mia curiosità con il magnifico The Host, per poi conquistarmi definitivamente con i successivi Madre e Snowpiercer.

Per chi non conoscesse ancora questo cineasta, il mio consiglio è quello di correre immediatamente ai ripari, dopo un ovvio quanto doveroso inginocchiamento sui ceci per almeno quattro ore, onde espiare questa gravissima colpa.

Con PARASITE (fresco di candidatura agli Academy, con ben sei nomination, tra cui Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Film Straniero), ancora una volta il regista realizza un’opera che contiene tutto, detta come va detta.

All’inizio della storia, assistiamo alla vita difficoltosa di Kim Ki-taek, che vive a stento grazie al sussidio di disoccupazione e qualche lavoretto saltuario, assieme alla moglie Chung-Sook ed ai figli Ki-woo e Ki-jeong.

La svolta arriva quando un amico di Ki-woo chiede al ragazzo di sostituirlo come tutor di inglese della giovane Da-hye, figlia della ricca famiglia Park.

Utilizzando documenti falsi e astuti sotterfugi, il ragazzo riesce a farsi assumere, facendo subito buona impressione agli occhi della madre di Da-hye e, dopo poco tempo, grazie anche a una serie di fortunate coincidenze che il ragazzo saprà sfruttare, riuscirà a far assumere dai Park anche la sorella e i genitori.

I quattro fingeranno di non essere parenti ed inizieranno a godere del ricco stipendio e del lusso che avvolge la villa dei datori di lavoro, escogitando la maniera di far licenziare anche l’autista del rampante capofamiglia e la sempre presente e invadente governante, potendo quindi avere campo libero.

Una notte, però, la partenza dei Park per un weekend di campeggio e l’arrivo imprevisto dell’ex governante, mentre i Kim sono impegnati ad occupare la residenza, sollazzandosi a più non posso, causerà una catena di eventi e impreviste sorprese che minacceranno di smascherare ogni imbroglio ed apriranno la strada ad una tragedia imminente.

Personalmente, non avevo alcun dubbio che PARASITE mi avrebbe tenuto incollato allo schermo, divertendomi e spiazzandomi completamente.

Lo spettatore si trova al cospetto di un’opera che genera profonde riflessioni.

Chi sono i buoni e chi i cattivi, in questa vicenda?

I Kim che imbrogliano e mentono per avere un lavoro e una vita agiata, dopo anni di sacrifici e umiliazioni?

O sono meschini i Park, che fingono di essere alla mano e moderni, quando basta un odore “strano” per far uscire la loro spocchia e la vanità che la loro posizione di alto livello nella società li ha portati a coltivare?

In realtà, forse non esiste nessun buono o cattivo, in questa storia. Forse, la colpevole di tutto è, come sempre, l’indifferenza in un mondo nel quale ormai il divario tra ricchi e poveri è sempre più incolmabile e dove la lotta per la sopravvivenza ha raggiunto livelli che non si discostano poi molto da vere e proprie azioni barbariche, nelle quali il peggio del peggio dell’essere umano non si fa pregare a saltare fuori, da una parte e dall’altra.

Joon-ho esamina a fondo i personaggi, rendendoli perfettamente e non tralasciando nessuno, in un doppio quadro familiare che coinvolge e sconcerta al tempo stesso.

Kim e Park sono due nuclei familiari uniti, che pur sembrando gli esatti opposti, presentano incredibili quanto insindacabili affinità, prima fra tutte la difesa del proprio territorio e il desiderio insopprimibile di avere un posto di rilievo nel mondo, costi quel che costi.

Registicamente, il film non possiede nessuna sbavatura né tentennamento: Joon-ho ci porta direttamente dove vuole e lo fa senza nessuna scusa o sconto di pena, stravolgendo quella che inizia come una storia drammatica, che ha quasi una elegante punta di ironia, per poi scivolare inesorabilmente nel cupo e nella tensione, fino alla stravolgente e spietata conclusione, dove la speranza non è che un lumicino che bussa timidamente alla porta, insicura se entrare o meno.

Alcune sequenze sono da antologia e dimostrano tutta la passione del cineasta per il proprio lavoro, in quello che è uno spettacolo per gli occhi e per l’anima.

Gli attori sono tutti in parte (Song Kang-ho, nel ruolo del capofamiglia Kim regala un personaggio indimenticabile e le sue perle di saggezza sono tutte da scrivere), mentre sul piano tecnico va apprezzata la fotografia, che utilizza colori caldi ma leggermente offuscati e opachi per descrivere l’ambiente familiare dei Kim, in contrapposizione con tonalità più accese e brillanti, ma visibilmente fredde che caratterizzano la magione dei Park.

Attenta e mirata anche la colonna sonora, con motivi che spesso e volentieri spiazzano, ben contrapposte a determinate scene, senza mai essere troppo pesante o insistente.

Vincitore della Palma D’Oro al Festival di Cannes e del Golden Globe come Miglior Film Straniero, PARASITE raggiunge anche il primato di pellicola di maggiore incasso del regista sudcoreano e sono molto curioso di vedere quante statuette porterà a casa alla prossima Cerimonia degli Oscar.

Non un film per tutti, certamente. PARASITE è una storia che deve prendersi il suo tempo per essere raccontata (anche se il film non è di una lunghezza eccessiva) e richiede la dovuta attenzione, lasciando allo spettatore il giudizio finale e la difficile decisione di quale parte prendere.

Pur restando Joker il mio film dell’anno, PARASITE è qualcosa che ti rimane dentro, senza ombra di dubbio.

Un film da novantadue minuti di applausi!

 

Foto da internet

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