CARABINIERI BOLOGNA: Operazione “Alfa 31”

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L’indagine oggetto degli odierni provvedimenti cautelari si inquadra in
complessa manovra investigativa da tempo avviata dal Comando Provinciale di
Bologna, sotto l’egida della locale Procura della Repubblica, finalizzata a
contrastare il fenomeno del traffico e spaccio di stupefacenti condotto
nell’ambito del Capoluogo, con particolare riferimento ad alcune precise
aree della città. In tale quadro, particolare attenzione viene infatti da
tempo rivolta, in particolare, a zone estremamente sensibili al fenomeno,
quali quelle attorno alla “MONTAGNOLA”, “PIAZZA VERDI” e, più
specificatamente, ruotanti attorno al polo universitario.Il tutto è stato
poi in epoca ancor più recente ulteriormente perfezionato grazie
all’istituto del “MINI DASPO” ad opera della locale Prefettura. Trattasi di
un’Ordinanza emessa dal Prefetto, Matteo PIANTEDOSI, tesa a vietare lo
stazionamento nel giardino pubblico a tutti coloro i quali risultano essere
già stati arrestati o denunciati nell’ambito dei controlli delle forze
dell’ordine nell’area verde del centro storico. In tale quadro i soggetti
colti in flagranza vengono dapprima allontanati e successivamente, laddove
colti in violazione della medesima Ordinanza, deferiti per inosservanza del
provvedimento. Tale misura, che ha visto una sua immediata ed efficace
applicazione da parte delle Forze di Polizia, ha prodotto immediatamente i
suoi positivi effetti, contribuendo ad una sensibile diminuzione delle
“presenze criminali” in determinate aree del centro (la sola Compagnia
Carabinieri Bologna Centro ne notificava oltre 30).

E’ qui che si è concentrato lo sforzo delle Istituzioni complessivamente
intese, concretizzatosi attraverso lo sviluppo di articolata attività di
contrasto, su doppio binario. Giova infatti premettere come sia stato, in
primis, adeguatamente sviluppato il segmento prevenzione, attraverso l’avvio
e progressiva implementazione di servizi mirati dei reparti territoriali,
supportati da unità specializzate dell’organizzazione mobile, quali CIO e
SOS.

A quanto sopra si è affiancata un’approfondita analisi del fenomeno
“spaccio” in città, condotto dal Comando Provinciale dei Carabinieri, il che
ha contribuito a circoscrivere ancora meglio l’area delle operazioni, al di
là delle citate note zone del centro cittadino. All’interno di queste è
stato infatti possibile individuare con precisione ancora maggiore alcune
vie di particolare interesse, fasce orarie di commissione dei delitti ed in
ultimo, certamente non per importanza, nazionalità/matrice etnica dei
soggetti protagonisti, in modo da calibrare gli interventi più opportuni e
mettere in cantiere la strategia di contrasto più efficace.

Tale altra direttrice ha quindi visto un suo sviluppo su più livelli, ovvero
tanto attraverso una immediata attività cd. “di piazza”, tesa ad infrenare
il fenomeno dello spaccio al dettaglio con interventi diretti in flagranza
di reato, quanto con l’impostazione di indagini a medio e lungo termine,
aventi quali obiettivo quello di risalire il fenomeno giungendo
all’individuazione e disarticolazione di componenti più o meno strutturate,
dotate di rilevanti direttrici di approvvigionamento, ed a loro volta
gerenti le articolate filiere di spacciatori loro agganciate.Il contrasto
nella sua forma più immediata, che ha visto coinvolte le strutture
territoriali dell’Arma fino alle minori unità, ha fatto registrare un trend
positivo, laddove nel corso degli ultimi 12 mesi, a fronte di un numero di
reati interessanti il fenomeno stupefacenti pressoché immutato – a livello
cittadino complessivamente inteso – è stato registrato un 28% in più di
soggetti colpiti, tra arrestati, circa 270, e deferiti/segnalati alle
Autorità competenti, circa 80.

Al contempo, come accennato, è stata accuratamente pianificata e messa in
campo anche strategia più complessa, incentrata sull’avvio di attività
investigative ad ampio spettro, tali da aggredire il fenomeno in maniera
ancor più efficace e complessiva: determinante in tale ambito la sinergia
con l’Autorità Giudiziaria bolognese, rappresentata dal dott. Giuseppe
AMATO, che ha coordinato le indagini in questione, consentendo altresì che
le stesse vedessero nei giusti tempi gli attesi esiti, attraverso
l’emissione dei vari provvedimenti ritenuti opportuni. Tra le attività
investigative avviate anche quella oggetto delle odierne misure cautelari,
che ha documentato l’operatività di associazione di matrice tunisina, dedita
a traffico di eroina e cocaina, avente base operativa proprio nel centro
cittadino. L’attività in oggetto riveste importanza particolare non soltanto
proprio perché la prima in grado di aggredire il fenomeno sotto un profilo
associativo, ma anche e soprattutto per l’operatività del sodalizio stesso
in un’area sinora caratterizzata da fenomeni diffusi e mai valutati nella
loro complessità. Proprio nella centralissima via Centotrecento – tra piazza
Verdi, via Irnerio e la “Montagnola” – veniva infatti localizzato il
principale appartamento, intestato a terzi, utilizzato dai sodali per
preparare lo stupefacente che sarebbe poi stato ceduto al dettaglio nelle
zone limitrofe. Appartamento costituente dunque vera e propria base
operativa, laddove luogo adiacente alle privilegiate “piazze di spaccio”,
oltre che di incontro tra il capo e gli affiliati, ove il primo dettava
decisioni e strategie e, non ultimo, luogo di ricovero per gli spacciatori
stessi in occasione di problemi sopravvenuti quali improvvisi blitz da parte
delle Forze di Polizia.In particolare il gruppo criminale emergeva essere
capeggiato da soggetto maghrebino inteso “ABDELTIF” o “LATIF”, identificato
in SOLTANI Latif, vero organizzatore e gestore della struttura, in diretto
contatto con i fornitori in relazione ai significativi quantitativi di
stupefacenti trattati e passati, in prima battuta, al suo diretto referente
“HAMZA”. Questi emergeva infatti avere funzioni di intermediario tanto verso
l’alto (SOLTANI) quanto verso la nutrita schiera di pusher alle dirette
dipendenze; in tale ambito si avvaleva del suo “braccio destro”, JENDOUBI
Ahmed, inteso “AHMED”.Le attività tecniche condotte in direzione dei
succitati consentivano quindi di individuare non soltanto diversi canali di
approvvigionamento, tra i quali quello rappresentato “NAPPA”, rifornente la
struttura mediante frequenti contatti con HAMZA o, per lui, con JENDOUBI, ma
anche tutto il reticolo di soggetti da loro direttamente dipendenti, tra i
quali BEJA Aziz, inteso “REDOUANE”, e BENFALEH Hamza.

Era in tale fase che – anche grazie a mirati servizi dinamici condotti in
direzione dei vertici – che veniva localizzata la succitata base operativa
dell’associazione, individuata nella citata Via Centotrecento presso
l’abitazione in uso a G.R., detto “ROBY”, ed alla sua compagna Z.N., detta
“Cinzia”, entrambi in frequente contattato telefonico con i diversi membri
dell’associazione.

La successiva progressione investigativa consentiva di individuare anche il
secondo appartamento nella disponibilità dei succitati, ovvero quello
ubicato in Via Dei Gandolfi ed anagraficamente riconducibile ad una famiglia
di ecuadoregni, sostanzialmente deputato al primo occultamento e taglio
dello stupefacente. Lo stesso risultava abitato in via pressoché esclusiva
da BEJA Aziz, incaricato di ricevere la droga che, con ausilio degli altri
affiliati preparava e nascondeva poi all’esterno dell’abitazione, in mezzo
al verde pubblico.

Lo stesso veniva tuttavia tratto in arresto per altri motivi, per cui il
gruppo si vedeva costretto a spostare nuovamente il “laboratorio”, che per
un certo periodo veniva trasferito direttamente presso l’abitazione del
capo, SOLTANI, in via Mazzini. Le funzioni del BEJA venivano quindi
assorbite in toto dal BENFALEH, che curava quindi tanto i rapporti con il
capo quanto con tutti i pusher lui legati. Era proprio con il SOLTANI che
quest’ultimo – secondo consolidato modus operandi – in seguito ad ogni
“taglio” provvedeva personalmente all’occultamento all’esterno dell’eroina
che poi sarebbe stata passata agli altri affiliati per lo smistamento sulla
piazza. A riscontro di quanto sopra, il sequestro effettuato dagli operanti
il 28 aprile 2015, nei pressi di via Albertoni, di 26 palle di eroina, che
il BENFALEH aveva poco prima occultato sotto alcune siepi, in attesa che
venissero recuperate da altro sodale per le successive cessioni.

Il complesso delle acquisizioni raccolte in corso d’opera, tra i sequestri e
gli oltre 1700 contatti complessivamente registrati tra i componenti
l’associazione, consentiva di quantificare la sostanza immessa sul marcato,
e segnatamente nell’area compresa tra la “Montagnola”, piazza Verdi e le
adiacenti via Irnerio e via Zamboni, pari a circa 1,8 kg mensili, con tutti
i connessi introiti. In tale quadro venivano altresì individuati altri punti
fissi di spaccio che il sodalizio risultava utilizzare soprattutto in
concomitanza dell’eccessiva pressione esercitata dall’Arma nelle zone di
precipuo appannaggio: emergevano quindi via San Vitale, via Petroni, alcuni
punti di Massarenti e di via Mazzini.

In maniera pressoché analoga veniva condotta l’attività di spaccio di
cocaina, che vedeva HAMADE Nabil, inteso “Nappa”, quale primo responsabile
del canale di approvvigionamento. Le intercettazioni condotte in direzione
del medesimo consentivano di documentare compiutamente quantitativi e
prezzi, laddove la sostanza – in perfetta linea con i prezzi di mercato –
veniva ceduta all’acquirente finale a 60 euro al grammo.

L’HAMADE vedeva quale primo referente il capo dell’associazione, il SOLTANI,
e spesso direttamente il JENDOUBI (curando il BENFALEH il complesso delle
attività con particolare riferimento all’eroina). JENDOUBI Ahmed veniva
coadiuvato nella sua attività illecita anche dalla compagna F.A.M. la quale,
prestava la propria opera occupandosi della fissazione degli appuntamenti
con i clienti ed assistendo anche alle successive cessioni di stupefacente.
La donna coinvolgeva nell’attività illecita anche il fratello F.O.,
minorenne all’epoca dei fatti, utilizzandolo, in qualche occasione, per
effettuare consegne di cocaina.

Nel corso delle indagini veniva intercettato anche JEBALI Anis, inteso
“Aklash” o “Kaka”, in quanto subentrato nell’utilizzo di una delle utenze di
JENDOUBI Ahmed già monitorate. Sin da subito appariva chiara la sua
partecipazione all’associazione anche se portava avanti la rivendita di
eroina quasi esclusivamente nel parco pubblico ubicato tra via Mondo e via
Della Torretta, oppure nei pressi della COOP di via Della Repubblica.

L’attività d’indagine portava a riscontrare non soltanto la ricorrenza di un
gruppo stabilmente organizzato per portare avanti un’intensa attività di
rivendita al minuto di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, ma
anche e soprattutto ad accertare la sussistenza di una stabile cerchia di
clienti.

Per questo motivo, al termine delle attività tecniche, si procedeva ad
identificare compiutamente proprio questi ultimi, per assumere da loro
informazioni circa le ragioni, le quantità, la frequenza e le modalità degli
acquisti di stupefacente effettuati. Dall’esito delle dichiarazioni rese a
s.i.t. dagli acquirenti, oltre alle conferme circa i numerosi acquisti di
eroina e/o cocaina effettuati nel corso del tempo, alcuni di essi, i più
assidui, si dimostravano a conoscenza anche di alcune dinamiche interne ed
organizzative dell’associazione.

L’attività d’indagine in analisi ha messo in evidenza, in maniera del tutto
originale per il contesto felsineo, la sussistenza di un sodalizio criminale
insistente su una circoscritta e ben definita area geografica cittadina,
dedito allo smercio organizzato al dettaglio di sostanze stupefacenti di
varia natura, nello specifico cocaina ed eroina bianca.

Lo studio delle dinamiche e dei rapporti tra gli associati di origine
maghrebina ed altri loro connazionali, ha evidenziato la presenza su tutto
il territorio felsineo di più fazioni, criminalmente organizzate e non;
territorio di cui la consorteria di cui trattasi è emerso controllare in
maniera assolutamente determinata, al punto di non escludere l’idea al
ricorso a metodi estremi come l’uso delle armi o della violenza fisica, la
porzione compresa tra la zona universitaria, centro storico fino alle zone
immediatamente esterne alle mura.

Foto conferenza stampa – Comando Provinciale Carabinieri Bologna.
Nella foto, da sinistra, Capitano Marco Fragassi, Comandante della Compagnia
Carabinieri Bologna Centro, Colonnello Valerio Giardina, Comandante del
Comando Provinciale Carabinieri di Bologna e Tenente Colonnello Marco
Francesco Centola, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri di Bologna;

Foto arresti – Nucleo Operativo Carabinieri Bologna Centro.

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