Imparare dalla Nuova Zelanda

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In questo lontano paese le istituzioni hanno deciso che il monte Taranaki ha gli stessi diritti di un essere umano. In pratica, pur essendo una montagna molto frequentata turisticamente, la popolazione maori, quella originaria della Nuova Zelanda, la considera sacra. Quindi ? Bene il turismo ma rispettoso, niente immondizie, niente sbancamenti e niente aggressioni varie al territorio. Credo che con questa disposizione si sia data anche una accelerata al turismo soft desideroso di ammirare e salire detta sacra montagna. Questo dovrebbe insegnare a chi abita le nostre montagne come sia possibile ottenere, specialmente oggi, un consistente flusso turistico valorizzando il patrimonio ambientale, storico e culturale delle varie zone. Il mito, oggi illusorio, che l’incremento turistico e, quindi, economico sia legato quasi esclusivamente a impianti a fune, sbancamenti e nuove strade ed altro di distruttivo dell’ambiente, è più una chimera detta ai quattro venti da centri di potere economico privato, spesso a braccetto con pubbliche istituzioni, per riversare fiumi di danaro del contribuente nelle tasche dei famosi amici dei loro amici come ben evidenziato da Piergiorgio Odifreddi nel libro “Dizionario della stupidità” alla voce Grandi Opere. Alla fine a chi abita in montagna cosa resta ? Un ambiente devastato che, a breve, potrà anche apportare una qualche, modesta, risorsa, ma che nel volgere di alcuni anni verrà sempre più rifiutata da quella maggioranza delle persone che si recano in tali zone per apprezzarne l’ambiente, la storia e la cultura e non la degenerazione da periferia della città. Certo, vi sono attività che possono essere svolte in ambiente montano, vedi lo sci alpino, ma questa non può diventare una fissazione maniacale con il costruire impianti a fune in ogni dove ed in ogni direzione con collegamenti astrusi e “conquista” delle cime delle montagne. Se la Crisi Climatica, spesso negata in quei centri di potere economico-politico tutti tesi al giro di appalti con sperpero di pubblico danaro, porta a ridurre o a cancellare detta attività turistico-sportiva, sarebbe opportuno guardare cosa ha ogni comunità montana di patrimonio, spesso unico e mai valorizzato, da offrire al turista. Vi sono già esempi, in Italia, di comunità montane che hanno intrapreso questa strada, quella di richiamare un flusso turistico offrendo un ambiente non devastato ed il proprio patrimonio storico-culturale. Purtroppo, spesso, questo è un orecchio da cui le nostre istituzioni non ci sentono, lavorando da molto tempo a braccetto con potentati economici che dell’ambiente, della storia e della cultura non importa un accidente, quello che interessa è il giro di soldi che entra nelle proprie tasche nel più breve tempo possibile.