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Perchè ?

Da tempo mi domandavo quale fosse tutto il meccanismo psico-social-economico che vi fosse dietro alla complessa esaltazione collettiva per gli impianti a fune del Corno, e dall’altra il palese diniego, se non l’ostilità, ad altre forme complementari di turismo che non fossero legate allo sci.

A seguito di alcuni dialoghi avuti recentemente con varie persone, penso di essere arrivato ad una ragionevole spiegazione di questo fenomeno sociale. Partiamo da alcuni dati oggettivi : il solo capoluogo del Belvedere, Lizzano, ha avuto una scomparsa, ovvero chiusura, di locali a finalità alberghiera, di ristorazione e di intrattenimento tra il 60 ed il 65% e questo nello spazio di circa 30-35 anni, proprio nel periodo che si è spinto sino a fine corsa l’acceleratore sul comparto sciatorio. In questo lasso di tempo detto comparto ha iniziato una costante caduta di appeal, di frequentatori e di richiamo sociale. Contemporaneamente sono salite alla ribalta altre forme di turismo, ne accenno alcune : percorsi storici di antiche vie, frequentazioni di luoghi di culto, tragitti legati ad antichi rapporti commerciali o legati a pellegrinaggi, escursioni a carattere geologico, botanico o di particolari emergenze naturali ed altro ancora. Tutte queste forme di turismo che, nel determinato contesto del Belvedere, potremmo definire “Complementari” allo sci, sono state totalmente ignorate se non osteggiate. Mi ero chiesto : “Perché questo ostracismo a forme di turismo che, con modesti investimenti, potrebbero apportare un po’ di ossigeno alla non florida economia della zona ?”

Penso di essere arrivato ad una spiegazione razionale del problema. Partiamo dalla base. Gli impianti a fune, quelli di innevamento artificiale con i corollari di sbancamenti, ruspe, gettate di cemento armato e quant’altro, muovono un giro di soldi, pubblici, di notevole entità. Giro di soldi nei quali i “poveri montanari”, come si autodefiniscono i vari comitati, non hanno alcuna azienda in grado di fare dette opere. In parole povere i “poveri montanari” ci mettono il territorio, i contribuenti ci mettono i soldi ed altri fanno i lavori ed incassano. Ovvio che interventi di scarsa entità economica quali quelli delle attività
turistiche che ho definito “Complementari” vengano viste di malocchio da chi gestisce pubblico danaro e da quelle imprese che dovrebbero fare le famose Opere Fondamentali a favore dei “poveri montanari”.

Quindi ? Meno si parla di tale turismo “Complementare” meglio è . In secondo luogo, dal momento, come scrisse Sigmund Freud, la gente ama essere illusa, basta spargere a piene mani il sogno che grazie a seggiovie, cannoni sparaneve e corollari vari, vi sarà un domani radioso pieno di soldi, che i “poveri montanari”, in maniera entusiastica, mettono a disposizione il loro territorio e il loro futuro. E già, il loro futuro, dal momento che tali Opere Fondamentali non hanno un supporto di alcuno studio che abbia analizzato il rapporto investimenti-rese economiche, flussi turistici, impatto sul territorio, ecc ecc,
insomma non vi è NULLA che confermi tale mondo illusorio. Anzi, studi a livello Universitario e di centri di studio a ciò deputati, hanno evidenziato realtà ben diverse, basta non leggerli e cullarsi da un lato nelle illusioni e dall’altro nel pianificare Opere Fondamentali che tutto si appiana. Ovvio che alla base di tutto vi è il discutibile impiego del danaro del contribuente, ma siamo in Italia, paese nel quale lo sperpero del pubblico denaro è la prassi quotidiana anche in Regioni amministrate da Caste Susanne .

Concludendo : il turismo “Complementare” non può e non deve entrare in argomenti che trattino dell’Alto Appennino Bolognese, si rischierebbe un antipatico confronto fra una spesa modesta negli investimenti ed un ritorno accettabile e continuativo, sul piano economico, per le popolazioni della montagna che farebbe a pugni con investimenti faraonici e ritorni discutibili per le medesime popolazioni.
Un confronto inaccettabile. Quindi ? Nessun confronto o dialogo con chi non è d’accordo con tali spese, imposizioni dall’alto di scelte economiche basate sull’uso di pubblico danaro, nessuno studio che giustifichi tali investimenti. Qualcuno ha anche scritto che in Italia parlare di Democrazia sia un po’ fuori luogo, forse non ha tutti i torti.

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