C’è “il” vocabolario della lingua italiana e sappiamo che è quel librone contenente tutti ( o quasi, la lingua è sempre in evoluzione) i vocaboli della lingua italiana, ce lo siamo siamo portati dietro agli esami di Stato e ai vari concorsi, per molti prezioso alleato per i fogliettini infilati nella copertina… poi c’è il “proprio” vocabolario che consiste in quel gruppo, il numero è sempre più ristretto, di vocaboli ognuno usa nelle personali comunicazioni orali e scritte. Un possesso di parole che cambia a seconda dei contatti e della professione. Se ascoltiamo parlare un avvocato o un medico o un sindacalista, notiamo subito la differenza dei vocaboli scelti e ripetuti. Tra questi ha un posto di riguardo il “politichese”, ovvero il linguaggio che usano i professionisti della politica nelle loro dichiarazioni. Spesso difficile da seguire, da interpretare, arduo da tradurre sul piano della concretezza. Su richiesta di un giovane maturando dell’Appennino, che si è rivolto alla redazione di Reno News, cerchiamo di dare un esempio (ovviamente è tutto inventato):
DIBATTITO SUL FUTURO DELLA MONTAGNA
A : Nel primario interesse della popolazione, in un ambito territoriale omogeneo, ai diversi livelli, al di sopra di interessi e pressioni di parte, nel rispetto della normativa esistente, la verifica critica degli obiettivi istituzionali e la individuazione di fini qualificanti, il nuovo soggetto sociale persegue, attivando ed implementando, il coinvolgimento attivo di operatori ed utenti.
B : Concordando con quanto detto dal collega, tengo però a precisare che l’utenza potenziale privilegia un indispensabile salto di qualità non assumendo mai come implicita una congrua flessibilità delle strutture, nella misura in cui ciò sia fattibile, la riconversione ed articolazione periferica dei servizi.
C : A questo punto vorrei però fare presente che l’assetto politico istituzionale si propone l’accorpamento delle funzioni ed il decentramento decisionale, al di là delle contraddizioni e difficoltà iniziali, potenziando ed incrementando il metodo partecipativo.
A : Egregi colleghi non vorrei vi fosse sfuggito che il quadro normativo prefigura, in un organico collegamento interdisciplinare, ad una prassi di lavoro di gruppo, la puntuale corrispondenza fra obiettivi e risorse sulla base di un corretto rapporto fra struttura e sovrastruttura.
D : La puntualizzazione del collega, anzi, amico A, se pur doverosa, non configura che il modello di sviluppo porta avanti, attraverso i meccanismi della partecipazione, a monte e a valle della situazione contingente, l’adozione di una metodologia differenziata.
B : Vero, quanto detto, però non dobbiamo sottacere che l’approccio programmatorio estrinseca la trasparenza di ogni atto decisionale recuperando ovvero rivalutando, anzi, sostanziando e vitalizzando le forze positive che emergono dal bisogno emergente.
C : Alla base di tutto dobbiamo però evidenziare che il criterio metodologico presuppone la ricognizione del bisogno emergente e della domanda non soddisfatta , in maniera articolata e non totalizzante, secondo una differenziazione dei piani sociali interessati, con le dovute ed imprescindibili sottolineature.
A : Direi che potremmo concludere questo breve incontro, avendo quale obiettivo il ribaltamento della logica assistenziale preesistente, con l’intento di effettuare il superamento di ogni ostacolo e/o resistenza passiva, auspicando, senza pregiudicare l’attuale livello di prestazioni, come già detto, il coinvolgimento attivo di operatori ed utenti nel contesto di un sistema integrato al fine di raggiungere un auspicato annullamento di ogni ghettizzazione.