Ultimamente, con le nevicate di quest’anno, vi è stato un proliferare di argomenti a favore dello sci e dei relativi impianti di risalita. Da sciatore “datato”, 67 anni che scio, mi preme però fare alcune osservazioni in merito. Parto da una critica che fecero ai suoi tempi a Plutarco accusando i greci per il fatto che si riunivano a feste alimentari. La risposta di Plutarco fu questa :”Noi greci non stiamo assieme per mangiare e bere, ma mangiamo e beviamo per stare assieme”. Lo sci, tra gli inizi anni 50, parlo nello specifico del comprensorio del Corno, fu la conquista, da parte di classi subalterne cittadine, di poter fare una attività, lo sci, sino allora patrimonio quasi esclusivo delle classi egemoni e di chi abitava in determinate aree montane. La nascita di vari sci club consentiva di recarsi sui campi di neve con i famosi torpedoni della neve. Si era in allegra brigata maschi e femmine. Lo sci come attività sociale, come andare al cinema. Poi venne la motorizzazione di massa e la TV, ma a sciare ci si andava in compagnia, come ai simposi di Plutarco. Le file agli impianti era un’occasione per battute, chiacchiere, intorti ed altro. Lo sci era un fenomeno sociale, oltre che un imperativo categorico sociale. Naturalmente la società cambia nel tempo, come i mezzi di comunicazione. Si è passati dal cinema, alla TV allo Smartphone, dal sociale sino all’individuale degli ultimi strumenti. E così è stato per lo sci, da fenomeno ludico collettivo, a quello di gruppo sino all’individuale di oggi. Come bene ne ha dato la definizione una persona che sullo sci ci vive :”Oggi non si scia, si scende”. Ed infatti si sono rarefatti gli sci club nelle città, il numero dei praticanti è sceso in maniera notevole e, per di più, è formato da persone, mediamente, un po’ in là con gli anni. Non vi è stato un sensibile ricambio generazionale. Invertendo la risposta di Plutarco, possiamo dire che non si va a sciare per stare in compagnia, ma ci si va per scendere. Tutto questo ha inciso pesantemente sull’indotto. Se negli anni 60-70 ed 80 dopo la sciata ci si recava in allegra brigata in qualche locale pubblico a bere e smangiucchiare qualcosa fra lazzi e frizzi prima di ritornare all’ovile, questo, oggi, risulta marginale. La riduzione dei locali di ritrovo lo sta a certificare. I parcheggi, anche nei giorni festivi, non risultano particolarmente affollati. Anche se gli impianti di risalita non solo all’ultimo grido, di fila se ne fa poca se non assolutamente. A questo ci si aggiunga, per sovramercato, una Crisi Climatica che ha ridotto l’innevamento naturale dai 150 e più giorni a 60-70 giorni e con spessori modesti. Non è da trascurare il fatto che lo sci è uno sport costoso e, da tempo, visto che le prospettive di un continuo arricchimento sono finite nel dimenticatoio, molte famiglie hanno deciso di dedicarsi ad attività ludiche più economiche e, per vari aspetti, meno impattanti con l’ambiente. La cultura ambientale pian piano ha trasformato la “Conquista della montagna” con impianti a fune nella “Devastazione della montagna” con impianti a fune. Oggi, illudersi che le persone torneranno a sciare perché vi sono impianti nuovi che portano in cima in meno di metà tempo, è mera illusione. Oppure che la costruzione di tali nuovi impianti non sia una strada per dirottare danaro pubblico nelle tasche degli amici dei loro amici. Ritornando a Plutarco, e mi dispiace doverlo riconoscere :”Oggi non sciamo per stare in compagnia, ma per stare da soli”.