“…a tempo indeterminato..”

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Desidero riportare il testo che il nostro collaboratore Fabrizio Carollo ha scritto sulla sua pagina su FB in occasione del tanto agognato traguardo dell’assunzione in azienda ” a tempo indeterminato” . Ha coronato un sogno…il sogno che è di tanti in questo difficilissimo periodo… E questo ha ricordato quando toccò a me nel 1964, vincitore (brutta parola, inesatta perchè non c’era stato un sorteggio !) di concorso statale, diventare Insegnante di Scuola Elementare di Ruolo Ordinario. Erano tempi molto diversi e, lo ammetto, vissi quei momenti in modo molto diverso, più staccato, quasi freddo, con pochissima emozione sia nel fare la promessa solenne nella Direzione Didattica di Porretta Terme (ero fresco di nomina a Casa Forlai di Granaglione) davanti al M.o Arrigo Carboni ed al Direttore Damiani che il giuramento alla Repubblica Italiana due anni dopo nelle fredde stanze della Direzione Didattica di Sasso Marconi (ero appena stato nominato alla scuola di Badolo). Ricordo invece l’apprensione e l’emozione dei miei genitori (parastatali come infermieri) quando lo raccontai al ritorno a casa. A me, 21enne, quanto era successo in quel gelido autunno appenninico, era sembrata una cosa di normale routine. Solo diversi anni dopo, quando da professore fui nominato commissario in concorsi con posti di lavoro in ballo, mi resi conto di ciò che mi era successo e del traguardo che avevo raggiunto. E quindi giustifico appieno e approvo sinceramente quanto ha scritto il “nostro” Fabrizio che ho conosciuto anni fa, ancora sotto choc per quanto gli era successo con la chiusura della cartiera della Lama e conseguente perdita del lavoro come perito chimico.
“Okay, ci siamo.
Il traguardo è stato raggiunto. Un traguardo importante.
Dopo 12 anni di incertezze, illusioni, delusioni, umiliazioni, soddisfazioni, disfatte e resurrezioni.
12 anni di un futuro nebuloso, misterioso.
La nebbia si è diradata? Mi piacerebbe dire di sì. Mi piacerebbe esultare come dovrei fare.
Forse è l’anno che stiamo vivendo: questo 2020 strano, spietato, folle. Un bisestile che ha tolto tanto…tutto a tanti.
Forse è tutto questo tempo passato a sperare, facendo sacrifici che ancora continuano, dando il massimo e più… continuando a fare milioni di altre cose, nella speranza di avere alternative, percorsi di salvezza.
Forse, sono queste e tante altre cose insieme che mi impediscono di gioire come dovrei, per aver finalmente raggiunto quell’ “indeterminato” che volevo da tempo…quell’obiettivo a cui mi aggrappavo con le unghie, con i denti, con l’anima e tutto quello che si può pensare.
Energie spese che non ci sono più. Perché gli anni si accumulano, le illusioni lasciano il posto alle disillusioni e ti ritrovi a non aver più la forza per esultare come vorresti e festeggiare come sarebbe giusto e nella tua mente si fa largo l’atroce pensiero che abbiano vinto loro.
Che ti abbiano piegato, dopo tutti gli anni di attesa e tormento, tenendoti sempre sul filo del rasoio, mentre lo sguardo scrutava un abisso nero e profondo da entrambe le parti, con la costante paura di cedere e precipitare.
Ce l’ho fatta, certo. Da solo, con tutto quello che potevo, che avevo, sforzandomi di trovare il sorriso, l’ottimismo e tutto quel qualcosa che mi ha permesso di arrivare fino qui.
Lungi da me il pensiero di essere irrispettoso (anche se so già che qualcuno lo penserà), verso chi ancora deve lottare e lotterà sempre, per raggiungere quella stabilità che dovrebbe spettare di diritto.
Quella stabilità che farebbe parte dei “diritti umani” inalienabili.
Quel senso di sicurezza che il mondo, la società o che ne so… quelle tante cose che ci hanno strappato, negato e tolto, per farcele bramare come se non fossero un diritto sacrosanto.
Come un’oasi di salvezza nel deserto infuocato che dobbiamo raggiungere tra miraggi e scorpioni.
Un mondo dove anche quella parola “indeterminato” sembra essere evanescente e la paura resta anche quando la firma è scritta e pensieri e dubbi non mollano la presa.
Sono contento, certo… non come vorrei, non come dovrei.
Spremuto a tal punto da perdere la voglia di festeggiare, come se avessi passato il traguardo con indifferenza, con apatia.
Come se il tanto fatto per arrivare fino qui non fosse stato nulla ed è la cosa che terrorizza di più.
La cosa che avvilisce, perché pensi che abbiano vinto loro. Il sistema, i poteri forti o come volete chiamarli.
Ti hanno concesso quello che desideravi solo quando hai iniziato a pensare che non fosse più un diritto, ma una grazia.
Solo quando le forze e i sogni ti hanno in parte abbandonato e non sai se torneranno.
Un traguardo raggiunto nel momento in cui spalle, gambe e volontà iniziavano a cedere.
Sono felice, certo. Ho sorriso, questo sì. Ma non smetto di avere paura, purtroppo. E quella nebbia che avvolge il futuro, ancora non vuole dissiparsi.
Però so anche che di forza ne ho ancora e spero sia quel tanto che basta per andare avanti, guardando avanti con quel briciolo di fiducia che continuo a tenere con me, grazie anche ai colleghi che mi hanno accolto nella loro famiglia, alle persone che mi hanno valorizzato e che mi hanno dato questa possibilità.
E grazie al rispetto che, seppur faticosamente, continuo a nutrire per me stesso.”

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