Sull’attualissimo tema: bici sono intervenuti su queste colonne i nostri due collaboratori Ettore Scagliarini ed Enrico Pasini esponendo idee e critiche, sempre corrette, che stanno all’opposto. E conoscendo le loro rispettive abitazioni ed il loro uso c’era da aspettarselo. Scagliarini vive in pieno centro di Bologna, in una laterale di Via Saragozza interna, precisamente in via Nosadella, stradina in discesa, e con portico laterale e quindi doppiamente invitante nei giorni di pioggia.Il fatto che ci sia senso proibito verso il centro è un fatto puramente marginale e direi neanche considerato. Di conseguenza il pedone sia che esca da un portone o cammini sotto l’angusto portico è in stato di “soggezione” e si trova spesso, molto spesso ad essere a rischio…collusione. Capisco molto bene questa situazione perchè anch’io abito in Saragozza, fuori porta, in stradina pure in discesa e con sbocco vietato su Saragozza, altro fatto di scarsissima considerazione da bici e moto ( e spesso anche auto). Il rischio esiste non solo per pedoni, che rappresentano l’anello più debole della catena, ma anche per i ciclisti e gli scooteristi stessi che viaggiano tranquilli sotto il portico e quindi possono scontrarsi tra di loro. Io stesso ho visto uno scooter arrivare in via Ruscello direzione Saragozza, che, giunto all’imbocco proibito nella maggiore arteria, non ha minimamente rallentato nè guardato e, purtroppo per lui, dall’altra parte , direzione centro, arrivava un altro scooter a discreta velocità e pure lui non ha nè rallentato, nè guardato chi potesse spuntare nel mini incrocio ed è così avvenuto lo scontro. Entrambi sono finiti per terra ma senza gravi danni. Questo è stato solo un esempio, ma non raro. Pochi giorni dopo una coppia camminava tranquillamente sotto il portico, la signora per evitare una buca si è leggermente spostata proprio mentre alle loro spalle arrivava un ragazzo in bici (non pianissimo)che non è riuscito ad evitarla, l’ha guarda, non ha neanche accennato ad aiutarla a rimettersi in piedi ed anzi l’ha apostrofata “Colpa sua, si è spostata !”. Questo è il quotidiano sotto le storiche arcate credo non solo di Saragozza ma di tutta la città.
“Ma ci sono le ciclabili e lì si può stare tranquilli” dicono in molti. Vero, ma in parte. Mi disse tempo fa un alto dirigente della Federazione Ciclistica (ora scomparso) che per fare una pista per bici occorre rispettare queste misure: distanza da un estremo di un pedale all’altro, aumentare di 10 cm (5 per parte ), più altri 10 cm come margine di sicurezza per l’incrocio tra i due veicoli. Siamo sicuri che questa somma di cm sia rispettata in tutte le ciclabili ?
Ma a questo punto scattano due fattori sempre presenti: la trasgressione, musa invitante che porta ad andare con voluttà là dove è proibito e non celato desiderio di ciclisti e pedoni di scegliere l’itinerario più corto…senza badare a strisce, cartelli, ecc.
Il punto più pericoloso per tutti rimane sempre l’incrocio. Sia con che senza semaforo. Esistono regole, esistono segnalazioni colorate ben visibili che dovrebbe dare le alternanze e un certo ordine. Ma contano poco Se di giorno c’è un certo rispetto pur se a fatica, di notte diventa un optional piuttosto trascurato.
Si vedono in giro molte bici “fuorilegge”, cioè senza fanali anteriori e posteriori, senza catarifrangenti, e anche senza campanello, oggetto ormai obsoleto, da collezione. In base ad un mio dogma: la colpa è sempre di chi dà, non di chi chiede, io metto le nostre autorità comunali sul banco degli imputati. Per evitare tutti questi rischi, che troppo spesso si trasformano in incidenti, basterebbe proibire la vendita delle biciclette non complete di tutti gli accessori e far fioccare multe anche pesanti ai trasgressori. Con le rare sgridatine della Polizia Municipale non si ottiene nulla, non servono per disincentivare ma anzi fanno l’effetto contrario. Io ho visto un bravo “pulismano” fermare un giovane in bici, farlo scendere, dargli la proverbiale veloce ramanzina e quale è stato l’effetto? Dopo aver ascoltato in silenzio con lo sguardo a terra, ha ripreso la bici e dopo 3 metri è risalito in sella con un gran sorriso. C’è da sorprendersi ?
E’ completamente diversa l’ottica con la quale Enrico Pasini guarda invece il “suo ciclismo”. Abita sulle colline fuori città e il massimo della sua soddisfazione è prendere l’amata due ruote e percorrere nel silenzio della natura, in mezzo ai profumi della vegetazione che sta esplodendo in questi mesi primaverili, le strade della campagna. Pedalando e sudando, sudando e pedalando, gettando occhiate di piena ammirazione al panorama che gli si apre davanti ad ogni curva, sente di toccare il cielo con un dito e di vivere momenti che lasciano tracce profonde nel suo animo molto sensibile a questi effetti. Unici momenti che lo riportano forzatamente ad una realtà poco amata avvengono quando incrocia nelle strette strade di collina e montagna un camion che ha fretta, un’auto guidata da un “prepotente menefreghista pieno di rancore verso quei matti a due ruote che invadono la sua corsia.” Anche qui ci sono dei rischi e la cronaca purtroppo ci riporta fatti anche tragici, nonostante esista un codice stradale di cui spesso molti sembra abbiano saltato alcune pagine fondamentali.
Quello che manca sia in città che in campagna, sia sotto i portici che nelle curve di montagna è il buon senso, ovvero il rispetto delle reciproche libertà. E a questo punto bisognerebbe scrivere pagine con parole che tutti conoscono e in un numero crescente ignorano. Sarebbe fatica sprecata. Il mio è pessimismo ? Sì, certamente. Vorrei tanto avere torto, ma ogni volta che vado in strada, a piedi e in auto, in bici (poco, lo confesso: ho troppa paura)ciò che vedo mi convince sempre più che vengano applicate le leggi della foresta: vince il più forte, il più furbo, e gli sceriffi arrivano …dopo… e puniscono molto poco. Come dimostra ciò che vediamo intorno a noi.