Foto cornoallescale.net
Ho letto con piacere ciò che ha scritto Enrico Pasini. Vorrei però puntualizzare alcune cose. Amare una zona, un gruppo di montagne, una società, significa conoscerne la storia, la cultura e le emergenze fondamentali. Ovvio, non mi riferisco al sig. Pasini, ma a molti Belvederiani che, a quanto sembra, non riescono a vedere il patrimonio che hanno in casa e, conseguentemente, a raccoglierne i frutti. Si sono persi 4 anni a discutere con convegni, assemblee e riunioni della idea (IDEA) del collegamento Corno-Doganaccia-Abetone priva di qualunque studio di fattibilità, di analisi ambientale ecc ecc, parlando e straparlando di ARIA FRITTA, tralasciando completamente di impiantare un corretto piano di valorizzazione degli edifici storico-religiosi, delle 4 vie transappenniniche, delle risorse ambientali e sportive che abbiamo. Si è persino fondato un comitato per questo nulla.
Vi sono stati casi di intossicazione per acque non salubri degli acquedotti con relativa informazione su media a diffusione nazionale, ordinanze per potabilizzare le acque degli acquedotti e nessuno che si sia preoccupato di far presente la disastrosa pubblicità che ne è scaturita. Ci si lamenta che non vi siano forze nuove per portare avanti eventuali iniziative ? Ma scusate, sono decenni che non si fa altro che parlare di sci negando persino l’evidenza dei fatti : una crisi climatica che ha ridotto l’attività invernale a meno di 60 giorni, e solo nei fine settimana, contro i precedenti 150 e più giorni e con la garanzia che entro 15 anni non vi saranno più nevicate al Corno. Malgrado questo non si sono prese in considerazione altre fonti turistico-economiche che non fosse lo sci.
Adesso che, diciamolo chiaramente, si è al capolinea con una società, definita da studi demoscopici pubblicati a livello nazionale, la più fragile e con il minor reddito dell’intera Città Metropolitana, ci si è attivati per recuperare il tempo perduto e per valorizzare quel patrimonio che abbiamo ? Certo l’attuale Amministrazione si è attivata in vari campi, ma ciò che a me sembra totalmente, o quasi, assente è la presa di coscienza da parte di una maggioranza della popolazione della situazione nella quale ci si trovati e dei mezzi e strumenti atti a porsi all’interno del turismo del terzo millennio. In parole povere non si conosce quale patrimonio storico, culturale ed ambientale si ha a disposizione e che potrebbe, se ben valorizzato, fungere da volano economico per la società del Belvedere. Gli esempi li abbiamo a poca distanza : Via degli Dei, Via della Lana e della Seta, Via Mater Dei, per non parlare di attività imprenditoriali che coinvolgono l’intero territorio ( vedi forno di Calzolari a Monghidoro con 6 rivendite) ed altre ancora.
L’unico augurio che io formulo è che si investa, non solo economicamente, ma concettualmente, nella valorizzazione di quel patrimonio che abbiamo che non teme mancanza di neve, crisi climatiche e non ha bisogno di strutture mega galattiche con il contorno di ruspe e gettate di cemento che deturpino l’ambiente.
Ettore Scagliarini
Parole sante. Ma purtroppo a Lizzano è così. Non vogliono capire che è finita l’ epoca dello sci, prima per loro stessa causa ovvero il mancato rinnovamento dell’ accoglienza e dell’ offerta turistica ferma agli anni 80, poi il cambiamento climatico che ha definitivamente messo fine allo sci in appennino.
In tutta Italia nascono iniziative turistiche nuove e qui ancora si pensa a quanto era bello una volta.
Un po’ come a Porretta, dove ci sono le terme a scopo esclusivamente curativo, quando in Italia le stazioni termali che puntano tutto sul wellness fanno il pienone tutto l’ anno e a Porretta chiude tutto. Contenti voi…