Nell’andare, come solito,a Pianaccio, mi sono fermato a Vergato per vedere la tanto discussa fontana di Ontani. Dopo tutti i commenti letti, uno sguardo personale l’ho voluto dare. Faccio subito una precisazione : quando si giudica un’opera d’arte, più o meno valida, non si devono tirare in ballo ragioni di altra natura che non siano quelle estetiche e simboliche contenute nel lavoro. Leggere critiche a sfondo sessuofobico non solo si capisce che dette critiche sono fuori luogo, ma che gli estensori di tali argomenti hanno in testa altre ragioni che non l’arte. Partiamo da lontano e chiariamo subito il mio pensiero : la cacciata dal paradiso terreste del Masaccio, uno dei massimi capolavori dell’arte di tutti i tempi, seguendo la logica (?) sessuofobia di cui sopra, dovrebbe essere distrutta visto che Adamo mostra in bella evidenza i suoi attributi maschili . Andiamo ad argomenti più seri. Ho osservato l’opera nel suo complesso ed ho cercato di estrapolarne i contenuti simbolici. Ricordiamoci che molti di questi contenuti non sono neppure evidenti nell’artista, dal momento che il suo lavoro è frutto della cultura nella quale egli vive e, spesso, esprime concetti che rimangono sotto traccia anche a lui medesimo. Partiamo da un particolare : gli occhi, ricordano quelli, quando rimasti, degli antichi bronzi ellenici . Casuale ? Non so. Andiamo nel luogo origine di virulenti vilipendi : il grappolo d’uva con lo stelo del racemo o graspo a mo’ di membro virile sormontato da una piccola foglia. Si è sempre giocato sulla affinità vite-vita . Anche il distillato del vino, alcool + poco altro, veniva chiamato Acqua di vita, da cui acquavite . D’altronde l’Italia era denominata dagli antichi greci Enotria, terra del vino. Non dobbiamo dimenticare che nelle nostre zone quando una persona veniva in casa gli si offriva un bicchiere di vino, simbolo di ospitalità. In passato, quando molte terre venivano coltivate nella vallata del Reno, prosperavano lunghi filari di viti. Prendendo spunto dai concetti di un grande filosofo dell’estetica, Gadamer, se la sensibilità del fruitore non è in sintonia con l’orizzonte estetico dell’opera d’arte, la responsabilità può essere dell’opera stessa o del o dei fruitori. Da qui fare una crociata antisessuale ce ne corre. Speriamo non ci si trovi dinnanzi ad un futuro non troppo lontano ove si mettano i pantaloni alle gambe dei tavoli.
A me l’opera piace ed è un buon strumento per scoprire, appunto, riferimenti simbolici di varia estrazione, storia e civiltà.
Vetrate del M.o Ontani
Ormai che sto parlando di Vergato, esplicito una mia idea che, non so quanti Vergatesi DOC abbiano pensato. Parto dal nome Vergato che discende da un tipo di tessuto, Vergato, appunto, prodotto in passato grazie a gualchiere funzionanti con l’energia idraulica fornita dai corsi d’acqua del posto. Ricostruire un simile strumento, vi sono riproduzioni, e rifare un tessuto utilizzando telai a mano coevi. Per fare cosa ? Innanzitutto abiti da sposa prendendo a modello vestiti che compaiono nelle opere pittoriche di Giotto, Vitale da Bologna, Pisanello, Leonardo ecc. Detti abiti avrebbero un valore aggiunto : la storia e gli artisti. Quando un abito, oggi, pieno di tulle e stoffe industriali viene a costare una certa cifra, indossare un abito rappresentato dal Pisanello è qualcosa di più e di diverso. E, contrariamente ai classici abiti bianchi da sposa utilizzabili solo il giorno, o i giorni, delle nozze, questi potrebbero essere riutilizzati in particolari cerimonie : lauree ecc. . Si unisce storia, cultura ed artigianato. Certo non ci saranno folle di maestranze, dieci o dodici operatori in tutto saranno a sufficienza, almeno per organizzare il ciclo produttivo. Se poi, vicino a dove si confezionano detti tessuti vi fosse anche un ristorante con specialità medioevali e rinascimentali, voi non pensate che una sosta a Vergato, oltre alla fontana di Ontani, non meriti un viaggetto ? Chissà se questa mia idea possa garbare al Sindaco Gnudi .
Un piccolo appunto. Taluno ha fatto presente che i soldi spesi per la fontana di Ontani fosse stato meglio spenderli in un’opera pubblica. Qui ci troviamo dinnanzi ad una confusione di finalità. A mio avviso i danari investiti in arte e cultura sono quelli meglio spesi. Se la logica, anche in passato, fosse stata quella di utilizzare risorse solo per interventi di pubblica utilità, voi pensate che oggi assisteremmo a visite alla Fontana del Nettuno a Bologna, al Battistero di Firenze o alla Cappella Sistina a Roma ? Questa logica di togliere risorse all’istruzione, alla ricerca ed alla cultura è molto diffusa nel nostro mondo politico . Non è, però, che si costruiscano o si mantengano le opere pubbliche, SS 64 docet.
Ettore Scagliarini