Genesi e sviluppo di progetti

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Venerdì scorso ho partecipato al convegno organizzato dalle Associazioni Ambientaliste alla Cineteca di Via Azzogardino in merito alla ventilata idea del collegamento di crinale tra il Corno alle Scale e la Doganaccia. Sala piena all’inverosimile. I vari relatori hanno evidenziato vari aspetti e problematiche legate a detta opera. Ciò che però mi ha più colpito è stata un’analisi della società e delle strutture di Lizzano in Belvedere e dintorni. Si sono evidenziate le gravi carenze infrastrutturali della zona, lo stato di scarsa capacità imprenditoriale, legata anche alla emigrazione delle giovani leve ed alla elevata età media degli abitanti, come evidenziato da una recente indagine che ha collocato il Comune di Lizzano all’ultimo posto tra quelli della Città Metropolitana. Ci troviamo dinnanzi a quella che possiamo definire “Una società degradata”, ovvero una società che non trova al proprio interno le forze e le persone per operare scelte innovative, imprenditoriali e di autonomia gestionale. Una simile società è destinata a dipendere dall’esterno e, specialmente, dalla mano pubblica al fine di vedere risolti suoi determinati problemi. Non è che la mano pubblica abbia buona conoscenza del territorio, anzi, ed inoltre gli interessi che muovono investimenti pubblici non collimano di certo con quelli degli abitanti. L’ottica dei pubblici investimenti è quella di muovere enormi capitali, di costruire cattedrali nel deserto, di guadagnare consensi con promesse spesso fallaci, e di consentire ad aziende collegate al mondo partitico, di vincere appalti. Se le ricadute sul territorio fossero, poi, miserrime se non negative, questo poco importa. Qual’è il modus vivendi di una Società degradata? Quello di disinteressarsi delle priorità sociali, del livello qualitativo della vita ma di correre dietro a promesse, illusori miglioramenti o fantasiosi arricchimenti. Cioè una società che finisce per dipendere da scelte, anche economiche, esterne a sé stessa in una ottica che potremmo definire nell’ambito della carità ed, in taluni casi, di una vera e propria elemosina. Ovvio che se il potere politico di da qualcosa, vuole essere ripagato, almeno con il consenso elettorale. E questo ingenera un perverso meccanismo ricattatorio dal quale è molto difficile fuoriuscire. Ritornando all’argomento del Convegno : Dov’è una classe imprenditoriale a Lizzano in grado di elaborare idee e scelte autonome ? Tempo fa espressi una mia idea :”Lizzano il turismo non l’ha cercato o creato, l’ha subito” . Non è casuale che gli impianti da sci furono impostati nel 1953 da Vittorio Cappelli del CAI di Bologna, il primo albergo innovativo e con standard di ottimo livello fu l’Hotel Monte Pizzo di un imprenditore bolognese che rivoluzionò il mondo alberghiero della zona nel 1955. Oggi il presunto Collegamento Corno-Doganaccia non è il frutto di un elaborato locale, è un’idea di una segreteria partitica in quel di Bologna con scarse conoscenze dei luoghi, degli impatti ambientali e delle notevoli carenze infrastrutturali dell’Alto Appennino Bolognese. In poche parole è una minestra preparata in altri luoghi che può essere rifiutata o consumata ma che di genesi ed imprinting locale non ha nulla.

Ettore Scagliarini

 

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