Se n’è andato nel sonno Guido Ferrarini, anima del Teatro Dehon di Bologna da oltre 30 anni.
Un guerriero del palcoscenico e del teatro senza conformismi e ricco di idee.
Dagli inizi con Maurizio Scaparro e Luciano Leonesi, passando dall’incontro con il grande Samuel Beckett, Ferrarini ha compiuto un percorso artistico e professionale invidiabile, senza tuttavia dimenticare l’anima e l’umanità che lo hanno portato ad essere pioniere nel suo genere, portando freschezza e riuscendo nella non facile impresa di condurre a braccetto il teatro popolare e quello colto, portando sulla scena spettacoli dialettali e teatro per ragazzi, senza disdegnare rappresentazioni di maggior richiamo e dimostrandosi sempre battagliero e controcorrente, a ragion veduta, sotto tantissimi aspetti.
Un carattere forte che ha contribuito a rendere il Teatro Dehon uno dei più prestigiosi della città felsinea e sicuramente quello con l’identità più consolidata.
Regista di rara attenzione, ma anche autore e attore di tutto rispetto (memorabile le sue interpretazioni de Il Cardinale Lambertini e Don Camillo) a Ferrarini va anche il merito di aver fondato la compagnia Teatroaperto che, dal 1974, continua a produrre spettacoli e vanta la presenza di moltissimi giovani talenti recitativi nel panorama bolognese e non solo.
Battagliero fino alla fine, Guido Ferrarini rimarrà sempre impresso nel ricordo dei propri collaboratori, degli artisti che hanno lavorato con lui e di tutto il pubblico che ha “coccolato”, dimostrandosi sempre estremamente sensibile ai gusti e alle mode del momento, senza però mai perdere di vista il senso del vero teatro e avvicinando generazioni di giovani e meno giovani alla recitazione e a quella sana “fame” verso il palcoscenico e nei confronti di un ambiente artistico mai d’elite, ma adatto a tutti e sempre specchio della società odierna e stimolante nelle riflessioni, a volte con pungente ironia e altre con visibile drammaticità.
Il Teatro Dehon e il teatro italiano piangono un valoroso guerriero dell’arte, che non ha mai rimpianto nulla delle proprie scelte e non si è mai tirato indietro davanti alle critiche e alle polemiche, affrontando a muso duro chi non accettava la sua visione, dimostrando nel tempo di avere completamente ragione su tutta la linea.
Guido ha trasmesso al figlio Piero, da tempo al timone del teatro di Via Libia nella direzione artistica, la sua grande energia e la voglia di guardare con fiducia al domani e non c’è dubbio alcuno che il Teatro Dehon proseguirà nella strada tracciata dal suo più grande rappresentante e colui che ha dedicato l’intera vita a un mondo ricco di opportunità, superando qualsiasi ostacolo con determinazione, senza far mai mancare sul volto quel sorriso di intesa e uno sguardo continuamente spinto al lavoro e al futuro del teatro.
Un artista e un uomo che potremo continuare a conoscere attraverso i suoi spettacoli e anche grazie al volume, da lui scritto e pubblicato nel 2019 “Io volevo fare l’attore”, edito da Persiani, che narra sessant’anni di storia del teatro e del nostro vivere, ma soprattutto di un incrollabile e incondizionato amore per il palcoscenico.
Foto di Gino Rosa
Un grande, IL MAESTRO!!!
Massima riconoscenza e stima.
Nelle sue vene scorreva il teatro e sempre proiettato verso nuovi progetti, verso nuove sfide… anche nei suoi ultimi giorni.
Sei stato e sei GRANDE, hai dato ricchezza al teatro, all’arte.
Grazie di aver dato a me e a tanti… davvero tanti la tua attenzione, la tua disponibilità, di aver allargato le tue braccia per accoglierci.
GRAZIE MAESTRO