Mi hanno parlato diverse volte di scelte coraggiose della politica.

L’attuale governo ne ha mancate qualcuna nell’ultimo periodo, non me ne sento di farne una colpa, questa situazione che stiamo vivendo è ahimè storica e chiunque fosse stato al potere avrebbe sicuramente fatto scelte giuste da una parte, ma sbagliate dall’altra. È una situazione a cui non siamo preparati e solo alla fine potremo tirare le somme sulle azioni svolte dal nostro, ma anche dagli altri governi.

Il coraggio è proprio in momenti più drammatici che deve venire fuori e portato avanti con azioni tali da esaltarlo e forse l’idea che mi balena in testa da diverso tempo può aiutare i governanti ad usarlo ed azionarlo.

È un idea che vuole tirare fuori la solidarietà italiana con un’azione generosa e altruista, un’azione di prestito temporaneo di forza lavoro.

In questo momento sto lavorando, e ne sono più che felice, ma non lavoro come infermiere o come dottore, non lavoro in un supermercato o in industria di generi alimentari, il mio lavoro in questo momento di estrema necessità non serve. Anche se continuare a produrre serve allo Stato a far entrare qualche soldo a fine mese in cassa, potremmo, e forse dovremmo, fermarci.

Ci sono aziende, anche qui nel Bolognese, che per aiutare tutti noi, e rifornire gli ospedali, devono raddoppiare la produzione che già prima avevano al limite della saturazione.

Gli serve manodopera, anche non specializzata, gli serve forza-lavoro, allora perché la mia forza lavoro non può essere prestata ad un’altra azienda che svolge un lavoro e un servizio utile alla nazione?

Possiamo chiamarlo prestito, come nello sport, chiudere ciò che in questo momento non è estremamente utile e su base volontaria mandare lavoratori in prestito in aziende che ne hanno assolutamente bisogno. Che siano medicali oppure anche solo andare a tenere disinfettanti ospedali e supermercati.

Personalmente sono contento di lavorare in questo periodo, ma è innegabile che non si lavora con uno stato d’animo, soprattutto quando si è a conoscenza delle difficoltà di un intero paese. Ci sono infermieri che fanno 24 ore di turno, e noi dopo le nostre solite otto ore scappiamo a casa con la paura, che ormai è diventata fobia, di essere contagiati.

Possiamo dare di più in questo momento.

Prestiamo il nostro lavoro al prossimo, lavorando dove ce ne è più bisogno.

Prendiamo esempio dal calcio, potrebbe essere un prestito secco non oneroso. Il lavoratore si trasferisce in un’altra azienda, prende la categoria minima, ci rimette un pochino, forse, economicamente ma di agevolazione potrebbe non perdere le ferie dal suo vero datore di lavoro e nel contempo non gravare sulle casse dello stato con la richiesta di cassa integrazione.

Ho già proposto questa mia idea in tempi recenti, dopo averla lodata però ha subito ribattuto che sarebbe estremamente difficile per fattori diversi, burocratici e in questo momento anche di salute.

Penso che, visto il momento, ogni problema burocratico potrebbe essere sovrappassato da un decreto di stop, e per la salute le misure che stiamo prendendo ormai tutti sono le uniche che possono salvarci. In più si potrebbe, a chi accetta il prestito, fare il tampone in modo da monitorare ancora meglio la situazione sanitaria regionale.

È una scelta coraggiosa, ed è ora tempo di prenderla, non domani, ora!

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Un commento

  1. Sig. Pasini quanto lei dice è in gran parte condivisibile. Resta comunque il cancro, altro che coronavirus, dell’italica burocrazia cui non interessa né i contagiati, nel il crollo produttivo né, tantomeno, il numero dei morti. Il suo fine è impedire qualunque attività specialmente se intelligente onde mantenersi il POTERE. Le ricordo che un ad un giovane che intendesse intraprendere l’attività di falegname (come S. Giuseppe) necessitano 22-25.000 €i spese burocratiche e due (2) anni di iter burocratici con frequentazioni di 81 uffici per pratiche. Lei pensa che un paese che di fronte ad una simile emergenza in 30 giorni non riesce a produrre che 1/10 1/12 delle mascherine protettive e che i farmacisti sono obbligati al fai da te per tutelarsi, riesca a tirarsi su le braghe ? Sto parlando del 7° paese più industrializzato del mondo ! Certo, sarei disposto, dati i miei trascorsi nel mondo produttivo e progettuale a dare una mano, una mano a chi? Incominciamo a sbattere una pletora di burocrati sanguisughe ed incompetenti nelle linee di montaggio delle mascherine ( Cina docet ) in maniera di fornire a 60 mln di italiani la prima protezione. Sentirà che lamentele e lai di : Sindacati, associazioni di categoria, enti di tutela del nullafacente ecc ecc. , Vada a leggersi nel Dizionario della stupidità di Piergiorgio Odifreddi il termine Burocrazia e capirà perché l’Italia deve importare mascherine non riuscendole a produrre.

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