Foto di Pasqualina Tedesco
L’odore acre del fumo, quando il paesaggio autunnale avvolge i monti, si sente nell’aria da qualche settimana a Granaglione e un po’ in tutto l’Appennino tosco emiliano come a Lagacci e ad Orsigna.
Proviene dal “Caniccio”, termine usato in Emilia e dal “Metato”, termine usato in Toscana, per definire quel robusto fabbricato in pietra di diverse dimensioni, dove vengono essiccate le castagne. Detti fabbricati, sparsi per l’Appennino, hanno diverse dimensioni, alcuni molto piccoli perchè erano ad uso familiare, alcuni più grandi che accoglievano le castagne raccolte dalla comunità per dividersi poi la farina dolce, grande risorsa per preparare necci, castagnaccio, polenta e affrontare così il clima rigido della montagna, essendo la castagna ricca di amido e di calorie.
Ma il “Caniccio” era anche un luogo di aggregazione sociale, dove ritrovarsi per parlare del raccolto e di altre argomentazioni magari seduti vicino al fuoco, senza timore di uscire con gli indumenti impregnati di fumo.
Foto di Pasqualina Tedesco
Il “caniccio” di Granaglione, il più grande della zona, ha un’altezza interna di 4,50 mt ed è diviso in due da un soppalco alto 2,5 mt dal pavimento dove a tale altezza è collocata una rete metallica a maglie piccole sostenuta da un reticolo di travetti posti su grosse travi, gli uni e gli altri sempre di castagno. Un’armatura robusta a un soppalco che deve sostenere il peso di quintali di castagne.
E poi c’è un ballatoio in tavolato in direzione della porta di accesso al piano sopraelevato, in direzione del soppalco in rete, per le operazioni di carico, controllo e ”ribaltatura” . La ribaltatura è un’operazione fondamentale che si fa dopo 17/18 giorni ed è importante per la buona riuscita di tutto il processo di essiccazione, perché le castagne poste in profondità sulla rete dopo tanti giorni sono già asciutte e quelle in superficie sono ancora umide. Inoltre è importante poter dare il calore a tutte le castagne in modo uniforme spostandole dagli angoli al centro o viceversa.
Giuseppe Nanni, sindaco di Alto Reno Terme, in veste di castanicoltore
Ma per essere bene essiccate, le castagne non solo hanno bisogno di quaranta giorni di cure, ma di tanto fumo prodotto da ceppi di castagno posti al centro del pavimento.
Il fuoco non deve mai spegnersi e quindi è necessario che i castanicoltori, come Bruno Valdiseri, Luca Lazzeroni e altri volontari, siano sempre attenti a mantenere acceso il fuoco.
A Granaglione, fino agli anni ‘50, si coltivavano 570 ettari di castagneto da frutto che successivamente, un po’ alla volta furono abbandonati anche se si provvedeva ugualmente alla pulitura. Ma con lo spopolamento dagli anni ‘60 in poi, la coltivazione dei castagneti fu naturalmente trascurata per decenni, fin quando dal 1993 non ci fu una svolta vera e propria, sociale ed economica. Infatti per volere dell’amministrazione di Giuseppe Nanni e con finanziamenti appositi regionali e privati, si costituì un Consorzio Volontario di Castanicoltori che prese a cuore la rivalutazione di quel frutto dimenticato e che aveva sfamato per secoli la gente montanara, tanto che il castagno era conosciuto come l’albero del pane.
Foto di Pasqualina Tedesco
E gli abitanti accolsero con gioia l’iniziativa di ricominciare la lavorazione della castagna, esattamente come adesso quando vedono il fumo uscire dalla canna fumaria del caniccio.
Oggi la castagna, per fortuna, non è più un frutto di sostentamento, ma sicuramente in tavola ha il suo pregio e la sua versatilità, come dimostrato in più occasioni nei migliori ristoranti, in sagre e feste.
E e non finisce mai di sorprenderci perché il castagno, essendo un albero molto “sensibile” è oggetto di studio da parte del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna con il progetto “i castagni parlanti” unitamente al comune di Alto Reno Terme, dove nel Parco Didattico curato da Luca Boschi, a 48 alberi di castagno sono stati installati dei sensori per avere dei dati importanti sul clima e sull’ambiente, una opportunità unica per Alto Reno Terme!
E chi meglio dei castagni secolari di Matilde di Canossa ci può dire qualcosa di più sul nostro pianeta?
Ecco una ricetta facile facile con la farina di castagne tratta dalla raccolta “A tavola con le castagne” redatto dal Consorzio Volontario Castanicoltori di Granaglione nel 1996:
CIAMBELLA SOFFICE
Ingredienti per 4 persone:
4 uova
1 etto e mezzo di margarina
14 cucchiai da tavola di zucchero
1 bicchiere e mezzo di latte
Mezzo Kg di farina dolce di castagne
Una manciata di mandorle tritate
Uvetta ammorbidita
Lievito per mezzo kg di farina
PREPARAZIONE
Amalgamare tutti gli ingredienti e unire per ultimo il lievito. Infornare a forno caldo 180° per 40 minuti.