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ALTO RENO TERME – Lo svaso della diga di Pavana: la voce dei residenti

1925-2020. Novantacinque anni di storia non avevano mai conosciuto un simile disastro
destinato a ripercuotersi sull’ecosistema a lungo, forse lunghissimo, termine.
È un copione già visto, una partita di tennis in cui la pallina della responsabilità rimbalza da
una parte all’altra senza che nessuno la voglia raccattare: in questa storia di dolorosa
“fatalità” gli attori protagonisti sono tre: la Regione Toscana, la Regione Emilia-Romagna ed
Enel Green Power. Spuntano anche, come in ogni tragicommedia che si rispetti, diverse
comparse a cui spettano vari ruoli: il comune di Sambuca Pistoiese, quello di Alto Reno
Terme, il partito dei Verdi, Fratelli d’Italia, le associazioni ambientaliste, la Procura, i
pescatori e tutti i semplici cittadini che avevano offerto la loro esperienza per dare una
mano.

Perché sia successo il macello che ha avuto luogo, questo non è chiaro. La versione
più accreditata è che “ci sia stato un imprevisto” e che le operazioni abbiano causato la
fuoriuscita di tutti i detriti e le sostanze nocive senza che si potesse fare nulla: o il rischio
concreto di crollo della diga o la distruzione del fiume, dunque.
Il fuoco incrociato di tutte le risposte delle autorità (le quali si sono subito affrettate per
rispondere alle domande incalzanti dei giornalisti) ha lasciato sul campo una scia di dubbi,
incongruenze, criticità.

“La fase conclusiva dello svuotamento, causa il cedimento del tutto imprevisto e
imprevedibile del materiale sovrastante limitrofo, ha comportato la necessità di mantenere lacompleta apertura dello scarico di fondo della diga al fine di evitare l’ostruzione e la
manovrabilità dell’organo atto alla sicurezza idraulica della diga. Tale situazione ha
comportato la fuoriuscita di sedimento lungo l’alveo a valle della diga che si è previsto di
mitigare con tutte le operazioni idrauliche possibili, comunicate in corso d’opera alla Regione Emilia Romagna, consistite nel rilascio di acqua pulita sia dallo sbarramento di Molino del Pallone lungo il fiume Reno sia dalla diga di Suviana”, afferma tempestivamente Enel Green Power.

“È un fatto inaccettabile che doveva essere evitato, proprio grazie alle prescrizioni
precedentemente indicate. Enel Green Power dovrà assolutamente ripristinare lo stato dei
luoghi” , dichiara Regione Toscana.
Ripristinare lo stato dei luoghi.
Ripristinare.. lo.. stato.. dei.. luoghi.
Come puoi ripristinare ciò che è appena stato distrutto così barbaramente, estirpato con
brutalità?

C’è la moria. E non solo di pesci. La fauna del Reno è stata falciata, affogata nella mota a
prezzo forse della sicurezza dei paesi vicini al bacino, così come la sua flora: chissà che il
millefoglio americano che ha invaso il lago di Massaciùccoli (LU) o qualche altra specie
aliena non trovi spazio per infestare tra le crepe di questo disastro ambientale.
Come sempre, chi subisce in prima persona le conseguenze dei gravi eventi sono i
residenti, che troppo spesso non vengono ascoltati; ma…come fare a dare loro voce?
La semplicità paga: ci ho parlato, ho semplicemente chiesto.

Attraverso un questionario composto da quattro brevi domande e sottoposto a un campione
di persone della zona, emergono aspetti interessanti della reazione popolare a quanto
accaduto. Le domande a cui ciascuno ha risposto sono le seguenti:
1. Cosa sa del disastro ambientale avvenuto il 28 luglio alla diga di Pavana?
2. Cosa prova nel vedere la diga vuota e il fiume distrutto?
3. Quanto tempo pensa che ci vorrà per ristabilire l’ecosistema fluviale?
4. Aveva mai visto un disastro ambientale simile nel suo Comune?

Dagli esiti di questo sondaggio risulta chiaro che la popolazione era generalmente ben
informata sui lavori di ristrutturazione che sarebbero stati apportati alla diga e, in gran parte, gli intervistati sapevano anche del disastro che si è verificato. Tuttavia, non tutti sono pienamente certi della portata di ciò che è successo: qui le risposte si spaccano nettamente in due, tra chi è convinto che si potesse agire con più cautela e chi ritiene i risvolti negativi dolorosi ma necessari per tutelare la sicurezza dei cittadini.
“Forse si poteva gestire diversamente ma, se è vero che c’era un’urgenza per salvaguardare un intero paese, la risposta mi sembra evidente…tuttavia non ho le capacità tecniche per valutare il problema”, afferma qualcuno; altri sfogano il loro rammarico per ciò che è andato perso: “Provo sicuramente un forte senso di amarezza nel vedere ogni mattina il fiume in queste condizioni in quanto si tratta dei luoghi in cui ho passato le estati della mia adolescenza. So che è stato un lavoro necessario per la sicurezza della popolazione della valle, ma ciò non toglie che vedere l’ecosistema distrutto porti con sé sgomento e tristezza. I ricordi che ho in quei luoghi sembrano svanire di fronte alle condizioni odierne del fiume.”

Una foto che appartiene ai ricordi

Per quel che concerne il ripristino dell’ecosistema fluviale, la disomogeneità delle risposte è
direttamente proporzionale al numero di intervistati: Manuel, un pescatore locale, mi spiega:
“Per eliminare i metri di fango e melma che in certi punti si sono depositati sul fondo del
fiume ci vorranno parecchie piene. Per quanto riguarda la fauna del fiume sicuramente
faranno un ripopolamento quando l’acqua tornerà almeno in parte come prima ma questo
non cancella la distruzione di un intero ecosistema.” , mentre altri residenti si mostrano più
ottimisti: “Se sarà tutto limitato al disastro del 28 luglio, probabilmente, entro il termine dei lavori, se non prima, l’ecosistema sarà ristabilito.”

L’ultima domanda ha risposta unanime: “No, mai, penso sia la prima volta”; e ancora:
“Assolutamente no, ci sono stati altri svuotamenti della diga (almeno 2), ma non hanno avutoconseguenze del genere”.
La verità è fatta di tante contraddizioni: come sempre, non c’è nero o bianco ma solo grigio
in tante sfumature sottili. “Come tutte le cose la verità non si sa mai”, mi dice, con una punta di rassegnazione, una residente; quel che sappiamo per certo è che il danno c’è ed è
evidente. “Il precedente svaso fu fatto in una stagione in cui il fiume abbondava di acqua.
Come se non bastasse questa volta nessuno si è preoccupato di salvaguardare la fauna del
fiume, infatti nello svaso che ci fu anni fa degli operatori furono incaricati di stordire e
raccogliere il maggior numero di pesci possibile per poi immetterli nuovamente nel fiume.
Questa volta invece tutti i pesci e non solo sono stati lasciati morire senza nessuna tutela e
salvaguardia”, fa notare un pescatore. La sicurezza e il benessere di tutti sono importanti e
vanno tutelati ma il letto di fango, vuoto di pesci e di vita, riempie il cuore di tristezza.

Qualche giorno fa stavo camminando sul ponte di Porretta con il mio bel gelato in mano, in
una bella giornata estiva, quando li ho notati. Sui grandi sassi nel fiume sono state dipinte
delle lische di pesce con la vernice nera: forse una protesta, un grido silenzioso e disperato
della Natura e di chi la ama, nella speranza che acqua limpida torni a scorrere dove per ora
ristagna solo del torbido.

P.S.: È doveroso ringraziare tutti coloro che hanno accettato di partecipare al
questionario fornendo i loro pareri, esperienze di vita, aneddoti: senza l’aiuto di tutti
loro questo articolo non sarebbe esistito. Semplicemente grazie, anche per le foto concesse

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