Nella nullafacenza di un pomeriggio qualunque apro Instagram, scorrendo con l’indice tra i
contenuti senza interesse della home. Per noia apro l’archivio delle stories e vedo un
“ricordo”: esattamente alla stessa ora, l’anno scorso, mi trovavo nella Piazza del comune ad
ascoltare musica soul sotto un palco affollato quanto tutto il resto di Porretta; scene di
ordinario festeggiamento che in questo anno pandemico scatenerebbero polemiche e
inasprimento delle misure anti-covid. Così il Soul Festival, probabilmente il più
internazionale evento dell’Appennino, ha dovuto adeguarsi alle nuove regole, ai nuovi spazi
e mezzi di diffusione che il virus ci impone da marzo a questa parte.
Le notizie, come le correnti marine, sono tante e circolano in direzioni diverse e a temperature differenti: qualcuno dice che il Soul Festival assume nel 2020 una veste “digitale”, con filmati di vario genere proiettati per le vie; ecco poi che spuntano spettacoli dal vivo che paiono feste in maschera (anzi, mascherina), sempre nel rispetto delle norme anti-contagio; infine occorre menzionare l’esercito di bancarelle e semplici cittadini che si interroga sull’ assenza dello street food e di tutto il mercato che solitamente invade via Mazzini.
Che l’informazione possa risultare a tratti scarsa e contraddittoria, è una peculiarità
intrinseca dell’informazione stessa; che la mancanza del tradizionale Soul Festival e di tutte
le altre sagre e feste patronali debba farci riflettere, è un dato di fatto.
Dobbiamo capire che è davvero importante usare mascherine, gel, lavarsi le mani e
rispettare le misure di sicurezza e non perché lo dice quel partito o quell’altro politico o
chiunque sia, ma perché lo stallo in cui la nostra realtà cristallizzata attualmente versa
comincia a essere più stressante del Lockdown stesso. L’insicurezza verso il futuro, la paura
della malattia e la delusione per un’estate sottotono dovrebbero fornire una spinta sufficiente per trovare la forza di impegnarci e mettere in atto uno sforzo comune, lavorando per tornare a una normalità che ad oggi è un miraggio.
Perché la maniera di adattarsi la si trova lo stesso ma il Soul Festival era un’altra cosa
vissuto passeggiando per le strade, con la musica in ogni angolo, mangiando un cartoccio di pesce o un piatto di paella, ridendo con le persone che più amiamo senza distanze, senza
pensieri, senza paura.
Sonia Agnesi