ALTO RENO TERME – Olivacci: storia di un vecchio lavatoio

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L’8 settembre scorso si è inaugurato il restauro del vecchio lavatoio di Olivacci alla presenza del Sindaco di Alto Reno Terme Giuseppe Nanni, del Parroco Don Michele Veronesi e della gente delle borgate viciniore.

Per sapere qualcosa di più abbiamo fatto quattro chiacchiere con Pasqualina Tedesco, presidente dell’Associazione Culturale Olivacci e Dintorni, da anni impegnata nella valorizzazione del borgo e nella diffusione per la conoscenza di Alto Reno Terme.

Perché avete deciso di restaurare questo vecchio lavatoio?

Ad Olivacci, come in tanti altri borghi dell’Appennino, sorgevano dei lavatoi che servivano per approvvigionarsi di acqua e per fare il bucato fino agli anni’50/60, quando ancora non esisteva l’acqua nelle case, per non parlare della lavatrice apparsa in Italia solo intorno agli anni ‘70. Nel 2016 una frana annullò quasi completamente il sentiero che portava ad esso e che conduce a Casa Poli. Il lavatoio, dopo lo spopolamento dei borghi di montagna, rimase inutilizzato e dimenticato ed è per questo che l’Associazione ha voluto recuperare nel giro di tre anni questa struttura ripristinando dapprima parte del sentiero e poi il lavatoio stesso, perché sia una testimonianza di usi e costumi di circa due secoli e per salvaguardare e tutelare ciò che appartiene al  nostro territorio montano. Il lavatoio di Olivacci oggi è un tassello che va ad arricchire il patrimonio storico e culturale del territorio montano granaglionese e siamo felici di averlo potuto realizzare.

Lo stato di abbandono del lavatoio

Ci racconti qualcosa sulle origini del lavatoio

Il luogo dove sorge l’antico pozzo e il vecchio lavatoio di Olivacci è chiamato “Fosso della Fontana” così come risulta nella mappa catastale, la cui costruzione è risalente al 1879, collocato sulla Antica Via dei Biagioni e adiacente al fosso, dove le abbondanti acque trovano sbocco nel fiume Reno. Qui il pozzo era una risorsa insostituibile per gli olivaccesi di allora ed era importante rifornirsi di acqua ogni giorno per la vita quotidiana.Già anticamente questa era la sorgente che sgorgava naturalmente dalla montagna. Ogni famiglia aveva un pozzo che si riempiva in parte da sorgente naturale, in parte da acqua piovana e poteva così soddisfare le esigenze domestiche. Ma d’estate l’acqua non era più sicura da punto di vista salutare e la gente si approvvigionava per l’uso alimentare più in alto verso la Forra e utilizzando quella del pozzo per gli altri usi. Qui alla Fontana, anche se l’acqua era copiosa, in estate, come detto prima, si seccava. Nel 1879 (come da incisione su pietra) la Fontana fu coperta dopo aver costruito il pozzo attaccato alla montagna. Con i secchi si prendeva l’acqua per l’uso domestico e si teneva in casa sul secchiaio dove col mestolo si beveva direttamente.

Quando il pozzo in estate si seccava si andava alla sorgente della Riccia dove l’acqua era costante e anche migliore.

Era presente anche una verginina che rappresentava la B.V. di San Luca, ma una volta la trovammo rotta e i pochi pezzi rimasti li abbiamo tenuti da parte come ricordo. Ora l’abbiamo sostituita per non lasciare il suo posto vuoto. 

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Dopo la fine della II Guerra mondiale, l’esigenza degli abitanti ha portato alla costruzione del lavatoio e negli anni ’50 il sindaco Angiolino Marconi, subentrato al sindaco Giuseppe Santi dal ’47, aggiunse una vasca portando l’acqua al pozzo dall’acquedotto comunale, per migliorare così la vita degli abitanti e soprattutto delle donne.

 

Perché delle donne?

Perchè qui al lavatoio si recavano per fare il bucato e lo consideravano anche luogo di aggregazione, per stare insieme a fare le chiacchiere oltre che per lavorare e far divertire i loro bambini. Era una fortuna per i borghi avere un lavatoio, perché nei luoghi  che ne erano sprovvisti le donne erano costrette ad andare sulla riva del fiume per lavare i panni con grande fatica, soprattutto per la biancheria più grande.

Ci parli di questo bucato

Il bucato era un rito importante per tutta la famiglia, perché si preparava qualche giorno prima ed era anche un momento di solidarietà perché le donne più giovani aiutavano quelle più anziane. Una volta il bucato, quello più piccolo, si faceva ogni settimana o mese, mentre quello più voluminoso e impegnativo, come lenzuola, coperte, asciugamani si faceva in primavera perché era il periodo migliore per l’abbondanza di acqua dal disgelo sia nei fiumi sia nei lavatoi. La biancheria veniva messa dentro una conca di terracotta, pigiata e coperta alla fine da un drappo che pendeva dai bordi della conca e che veniva ricoperto da cenere. Sulla cenere si versava l’acqua bollente e l’acqua sporca dei panni, la lisciva, cadeva dal foro riposto alla base della conca. La lisciva non veniva buttata via ma era riutilizzata per le pulizie dei pavimenti di casa e per utensili vari. L’operazione si ripeteva più volte finchè l’acqua fuoriuscita non fosse stata limpida. La biancheria si lasciava così tutta una notte e il giorno dopo veniva portata al fiume o al lavatoio per essere insaponata e risciacquata. Al momento di strizzare i panni, soprattutto le lenzuola, le donne si aiutavano fra loro perché erano pesanti, magari di canapa tessuti a mano e quindi era una gran fatica. Una volta sciacquati si stendevano sui cespugli per farli asciugare.

Fantastico, avrete intenzione di farlo come simulazione?

E perché no? Magari con la bella stagione.

Dove avete reperito i fondi?

E’ stato di sicuro un lavoro di una certa entità e l’Associazione ha messo in campo le risorse personali dei soci fondatori, nonché promuovendo eventi culturali e ricreativi. E’ stato importante il contributo della BCC Alto Reno, la Banca a Km 0 sempre vicina per la salvaguardia della storia e delle tradizioni del territorio.

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Avete altri progetti?

Certo, abbiamo in corso il progetto “Salviamo l’Oratorio di San Matteo di Olivacci”, in collaborazione con la Parrocchia Molino del Pallone, perché come dicevo prima, intendiamo salvare ciò che appartiene al nostro territorio e perché un oratorio non è solo di Olivacci ma della intera comunità montana che partecipa agli eventi culturali dell’Associazione e in particolare per la festa di San Matteo a settembre.

E per l’anno prossimo cosa bolle in pentola?

In pentola bollono tante cose, ci sono alcuni progetti importanti di rivalutazione a livello storico e turistico che speriamo di realizzare e che non diciamo in questo momento per lasciare il gusto dell’attesa ai nostri fedeli visitatori. La promozione di eventi culturali e ricreativi sarà sempre patrocinata dal nostro comune Alto Reno Terme.

Quanto è importante la collaborazione di una piccola Associazione come la vostra con altre realtà più grandi come le Proloco?

E’ molto importante e direi anche gratificante, perché favorisce la conoscenza e la crescita reciproca per realizzare lo stesso obiettivo: la valorizzazione e la tutela del territorio.

Quanto costa tutto questo?

Costa tanto in termini di risorse umane e materiali ma se tutto viene fatto per amore non costa niente.

 

Foto di Pasqualina Tedesco

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