ALTO RENO TERME: Conosciamo l’onlus “Crew for Africa”

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In occasione del Soul Festival è stato allestito nella cittadina termale un piccolo stand dedicato alla onlus “Crew for Africa”, che si trova nel gazebo della BCC Alto Reno. L’occasione è propizia per conoscerla a fondo ed abbiamo quindi rivolto alcune domande al presidente Stefano Sanfilippo.

Sono un infermiere e faccio volontariato in Africa dagli inizi degli anni ’80. In questi ultimi dieci anni tramite  ho seguito interventi e progetti nello Stato di Gibuti, collocato geograficamente nel Corno d’Africa


Come Onlus abbiamo sostenuto e sosteniamo tutt’ora un ospedale locale (Ospedale Balbalà) che assiste i circa 350.000 residenti della limitrofa baraccopoli; il nostro intervento ha riguardato sia l’invio di materiale sanitario colà introvabile sia la formazione sanitaria rivolta a medici ed infermieri dei reparti e del servizio ambulanze. Inoltre, su richiesta di una associazione di genitori di autosostegno, abbiamo costruito una scuola in muratura (Scuola Miriam) che permette a più di 600 alunni della suddetta baraccopoli di frequentare le lezioni in un difficile contesto, in cui il locale Ministero dell’Istruzione non riesce ad arrivare.


Insegna della vecchia Scuola Miriam

 

Qual è lo “stile” della vostra onlus ?

Quanto descritto finora, visto, vissuto e sudato sulla mia pelle e degli altri volontari è quello che ho riassunto in una parola da me inventata: “fratellitudine”, cioè la capacità, da me osservata nella baraccopoli, di darsi una mano, al di là e oltre i vincoli familiari, di clan od origine etnica (nella baraccopoli convivono gibutini, etiopi, somali, eritrei, arabi e yemeniti). La fratellitudine è una coordinata aggiunta alla nostra personale geografia di viaggio e volontariato; la intersechiamo da tempo con latitudine e longitudine, per definire la capacità delle donne e degli uomini di darsi una mano da un continente all’altro, anche attraverso percorsi tortuosi e impensati. Infatti, la fratellitudine, in Italia e a Monterenzio per noi è passata e passa dalla rete solidale dei soci sostenitori, delle aziende che donano materiale e dalle collaborazioni create anche con altre associazioni onlus.

Mi illustri il progetto il progetto “PandaCrew for Djibouti” 2019.

L’idea viene dall’incontro / scontro di due pazzi sognatori, da me e da Marco Ingiulla, anche lui volontario del Crew for Africa  per passione, stregati dall’idea del viaggio in sé e dall’interesse per le diverse culture del mondo.
Ad aprile 2017 sono tornato in Italia dopo un mese di volontariato trascorso a Gibuti. Dopo una serata tra amici con il mio racconto della recente esperienza Marco mi ha letteralmente buttato lì l’idea di andare a Gibuti via terra, con un lungo viaggio in auto. Devo dire che non ci ho pensato molto prima di accettare la proposta, sicuramente attirato dall’unicità dell’occasione ma anche dalla potenzialità di un progetto con molti contenuti. L’aereo è per tutti, noi compresi, il mezzo di trasporto più veloce per spostarsi dal punto A al punto B, ma anche quello che fa perdere senza rimedio il contatto con tutto ciò che unisce i due luoghi. Ecco perchè viaggiando via terra percorreremo tutti i punti intermedi tra la partenza e l’arrivo che di norma saltiamo con l’aereo: è la piccola differenza che c’è osservando su una carta geografica la linea quasi retta di un volo di 12 ore e un bel ghirigoro di un tragitto via terra, tracciato in circa 90 giorni.
Non solo vogliamo avere la possibilità e il piacere di osservare il mutare del paesaggio km dopo km ma, Marco e io, crediamo che sia una grande opportunità per conoscere in modo più naturale gli abitanti del paese in transito o altri viaggiatori incontrati lungo la strada. Abbiamo infatti preso contatto con varie realtà locali come altre associazioni solidali, scuole e ospedali per creare possibilità d’incontro, scambio culturale e reciproca visibilità, rivolta a chi ci seguirà virtualmente nel nostro viaggio.
Abbiamo scelto di viaggiare con una vecchia Panda 4×4 perchè rappresenta da sempre per la nostra generazione l’idea di auto lenta ma inarrestabile, molto adatta alla nostra filosofia di viaggio, spartano e un po’ avventuroso.Siamo quindi convinti che la Panda 4×4 sia la matita più adatta per tracciare il ghirigoro sulla nostra mappa di fratellitudine. Ma nel viaggio ci accompagnerà un fuoristrada pick up che sarà parte attiva del progetto poichè verrà donato all’Ospedale Balbalà.

Veniamo agli obiettivi più prossimi e alle finalità 
Il Progetto PandaCrew si prefigge di s
ostenere la Scuola Miriam  con la donazione di un assegno che contribuirà a coprire le spese di gestione, in aggiunta al periodico sostegno già erogato durante l’anno.
Inoltre
vogliamo potenziare le risorse dell’ospedale Balbalà tramite la donazione di un fuoristrada pick up, allestito per la gestione delle maxi emergenze e l’evacuazione di feriti in scenari anche non cittadini ( realtà giornaliera per i nostri colleghi ambulanzieri gibutini ).

Chi volesse sostenere la vostra associazione cosa deve fare ?


A fronte dell’acquisto (già effettuato) dei due veicoli necessari per il viaggio e delle donazioni all’ospedale e alla scuola vi invitiamo a sostenere il Progetto PandaCrew scoprendo le modalità di sostegno tramite erogazioni liberali, donazioni su pay pal, Rete del Dono e altro visitando i nostri siti istituzionali:


SostieniPandaCrew

Rete del Dono Pandacrew

Gadget per sostenitori crowfunding Pandacrew

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