Lotta al Covid -19: scuole chiuse, il pensiero di un padre

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Mi rendo conto che forse esagero, ma penso realmente che molti siano diventati daltonici, vedono arancio scuro quando in realtà è rosso.

Rosso: e forse sarebbe anche giusto.

Il contagio si incrementa, e le soluzioni non sono molte. La campagna vaccinale è in ritardo e tra l’altro non è ancora chiaro a quanto servano i vaccini e quanto proteggano, e così ci troviamo esattamente come un anno fa con le scuole chiuse quindici giorni, per il momento, poi si vedrà.

Dopo un anno esatto non siamo riusciti a sconfiggere il virus, e ci può stare, ma soprattutto non siamo riusciti a regolare la nostra vita in base a questo nostro nuovo scomodo condomino.

Si sta verificando lo stesso copione del 2020, e questo non va bene. Non va bene dopo aver liberato migliaia di parole nell’aria, centinaia di promesse e idee che nella triste realtà sono volate via come lanterne cinesi in un giorno di pioggia torrenziale.

Non va bene perché diciamo di pensare al futuro ed invece lo fermiamo, lo blocchiamo, lo mettiamo in uno stato di repressione che rischia veramente di stravolgerlo completamente.

Aumentano i contagi: soluzione= chiudere le scuole.

Mi auguro sarà veramente solo per 15 giorni.

Il danno che facciamo nel chiudere le scuole è un danno che rischia di danneggiare almeno 3 generazioni di ragazzi. Un danno futuro economico-sociale che nessun Recovery Fund potrà recuperare!

Sia chiaro, i ragazzi fanno circolare il virus, si era già visto a Settembre quando finalmente tornarono in classe; ad ottobre i contagi ebbero un’impennata che ci costrinse nuovamente ad altre restrizioni.

Sembrerò sconsiderato, fa lo stesso, ma penso che i ragazzi non si possano più tenere chiusi in casa. Non ce la fanno più.

Stiamo sacrificando loro per salvarci noi. È veramente giusto?

Lo scorso anno in tanti paragonarono il lock down alla guerra. Mi ero permesso di dire che non c’era paragone. Alla fine ci chiedevano solo di stare in casa.

Le differenze erano e sono abissali, ma una è quella più grande, enorme.

In guerra, e nel suo schifo, alla fine però si cresce. La guerra ti costringe a farlo, e ha costretto milioni di persone, nostre nonni, nonne, madri e padri, a “svilupparsi”.

Il lockdown ferma, blocca, reprime. Lo scorso anni i primi a fermarsi e gli ultimi a riprendere furono i giovani. Lo scorso anno abbiamo fermato il futuro. E lo abbiamo danneggiato.

Molti ragazzi non volevano più riprendere la scuola e neanche le attività sportive.  C’è chi ha lasciato, sia la scuola, sia l’attività sportiva  mentre quelli che non hanno mollato comunque hanno fatto una gran fatica a ripartire, anche se di riffa o di raffa ce l’hanno fatta.

Ce l’avevano fatta.

Ma ora, dopo un anno esatto, siamo punto a capo. Non è certo solo un problema dell’Italia ma non si può più, per loro, continuare così.

Se non vogliamo trovarci buchi generazionali giganteschi tra una manciata di anni, dobbiamo cercare veramente di far finta di essere in guerra, e responsabilizzare i nostri ragazzi facendoli capire che non è ora di scherzare. Ne va, realmente della loro vita, ne va del futuro loro e di chi verrà dopo di loro.

Responsabilizzare i, nostri ragazzi ed essere più responsabili noi adulti, responsabile sacrificio di essere anche genitori severi che impongono un buon esempio.

E i nonni dovranno ancor più sacrificarsi, stando in casa loro, non i nipoti,  e facendosi dare una mano per la spesa, per i giri in farmacia o dal dottore, un saluto da dietro alla porta e prima o poi potremo riabbracciarci ancora.

A casa non ci devono stare i giovani. Le scuole devono rimanere aperte, come le  palestre e gli impianti sportivi, perché è lo sport, e il movimento fisico, il primo e più importante integratore.

Lasciamo vivere i nostri ragazzi, non fermiamo di nuovo il futuro.

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