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Una lettera che, credo, sia condivisibile da chi è nato, frequenta, vive nei piccoli borghi del nostro Appennino e li ama…nonostante tutto.
Gentile Direttore, dopo tanti mesi in cui tutti siamo stati provati dall’emergenza
sanitaria, ancora in atto purtroppo, ci troviamo a fare il resoconto di ciò che è
accaduto e di ciò che sarebbe potuto accadere nelle nostre montagne.
Nei borghi montani, il distanziamento sociale, purtroppo, esisteva già da molto
tempo, prima del coronavirus, direi da decenni.
La mia, Direttore, è una lettera colma di amarezza, amarezza scaturita da tempo,
ancor prima di leggere articoli e argomenti vari di chi sostiene che il futuro è nei
borghi di montagna solo perché c’è l’aria pulita e perché il virus non ha colpito.
Ma il futuro dei borghi montani non può essere legato solamente a un modo di
vivere lontani dal caos cittadino e chiusi nel proprio individualismo. Il futuro in
montagna bisogna saperlo costruire con la socializzazione, con l’aiuto reciproco
(come lo era ai tempi in cui i borghi furono fondati).
Nei borghi di montagna manca una cosa essenziale e vitale che nessuna volontà
governativa, pur volendo, ci potrebbe ridare. Manca la SOLIDARIETA’ caro
Direttore, quella con la “S” maiuscola che conoscevano i nostri vecchi, quando in
un borgo si era come una famiglia e ci si voleva bene in qualunque situazione.
Manca l’amore di quando la gente puliva i sentieri e i boschi, i fossi e gli scoli
dell’acqua che non allagassero i paesi, quando la gente col badile tirava via la neve
e puliva i paesi in ogni angolo senza se e senza ma, senza addossare le colpe al
maltempo e agli enti locali. Mancano le braccia dei nostri vecchi che avevano tanta
voglia di fare, di quando, con loro, non c’era un ramo o un sasso fuori posto per
mantenere la salvaguardia, la bellezza e la “salute” di un luogo.
E’ vero che i borghi in gran parte si sono spopolati dagli anni sessanta, ma è anche
vero che ora la nostra montagna è diventata il paradiso delle seconde case, dove chi
arriva per un week-end o per giorni di vacanza, vuole “stare in pace” senza
pensare alle priorità che si davano i nostri vecchi a beneficio della comunità.
Purtroppo il perseverare del menefreghismo verso i luoghi e la mancanza di
solidarietà tra le persone, anche di quelle che ci vivono, sta uccidendo lentamente la
nostra montagna.
E anche se ci restituiranno tutti i servizi di cui abbiamo bisogno, poste, sportelli
bancari, ferrovia, servizi di sostegno alla persona, servizi ambientali e tanto altro,
senza solidarietà e buon senso fra le persone, non ci sarà nessun futuro per i nostri
piccoli e amati borghi montani.
Lettera firmata