La Cultura (NON) si ferma in Appennino: Loriano e Sabina Macchiavelli

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Loriano Macchiavelli

 

Questa volta, le presentazioni paiono quasi superflue.

Due guest star che hanno onorato la nostra rassegna virtuale con la consueta simpatia e disponibilità. Per chi, come me, è un fan sfegatato dell’Ispettore Sarti Antonio, il nome di Loriano Macchiavelli apre un intero universo.

Scrittore eclettico ed ex attore di teatro, conosciuto come ideatore e fondatore del Gruppo 13, Loriano Macchiavelli è quello che definisco un autore di grande coraggio.

Un coraggio dimostrato più volte, nel raccontare storie scomode in periodi ancora più scomodi. Un autore di grande talento, sempre in grado di stupire e reinventare il proprio stile narrativo, legandosi profondamente al territorio e svelando facce sorprendenti, non soltanto di Bologna ma dell’Appennino che ha iniziato a esplorare anni fa con l’amico Francesco Guccini.

Ma il talento di Loriano Macchiavelli ha trovato linfa nella figura della figlia Sabina, che ha compiuto il non facile percorso che le ha permesso di svelare una propria e solida identità di autrice attenta alle persone, ai dettagli, alle tradizioni.

Due personalità profondamente diverse, eppure accomunate dal forte desiderio di narrare ciò che è stato e ciò che forse potrebbe essere.

Storie intrise di malinconia e personaggi bizzarri, immersi nei luoghi che hanno incantato per primi i due autori, che hanno deciso di riunire nuovamente il loro estro, dopo la fortunata raccolta di racconti “E a chi resta, arrivederci”.

Questa volta, Loriano e Sabina si cimentano nel romanzo intitolato La bambina del lago, che vede protagonista nuovamente il territorio, all’interno di un contesto storico particolare e mai scontato, nel quale i personaggi si inseriscono egregiamente e dove anche un pizzico di magia può trovare ampio spazio.

Le montagne che nascondono leggende, la natura che avvolge paesi lontani nel tempo e protagonisti mai banali né bidimensionali.

Ancora una volta il lettore, scorrendo avidamente le pagine di questa nuova opera, si lascia delicatamente trasportare in un mondo che raccoglie le radici di noi stessi e risveglia memorie solo parzialmente sopite.

Un romanzo che sorprende e affascina le nuove generazioni di chi ancora ha voglia di leggere la storia narrata a trecentosessanta gradi, che non trascura ironia e dove si coglie il fondamentale aspetto del divario generazionale con cui i due Macchiavelli sono andati a braccetto, lasciandoci ancora una volta emozionati e freschi nell’anima.

Ma scopriamo di più, parlando proprio con Sabina Macchiavelli, di questa nuova avventura in terra nostra.

Sabrina Macchiavelli

 

Il territorio torna alla ribalta, in questo nuovo e promettente romanzo. Ancora una volta, avremo il piacere di scoprire nuovi aspetti e nuove leggende dei luoghi in cui viviamo?

I nostri romanzi o racconti sono fortemente caratterizzati per la loro appartenenza a un luogo. Per Loriano è la città (Bologna) o la montagna, cioè luoghi che conosce intimamente dal punto di vista sociale e geografico, ai quali è legato e che ha condiviso con altri. Quando ha ambientato storie in altri luoghi che non gli erano familiari, è andato vederli, a sentirli, ad annusarli. Ad esempio, la Sicilia per Noi che gridammo al vento, o L’Aquila del dopo terremoto per L’ironia della scimmia. E anche per me i luoghi sono centrali nella narrazione. Alcune volte è, di nuovo, Bologna, altre volte sono paesi stranieri che ho incontrato nei miei viaggi; e, recentemente, l’Appennino in cui sono venuta a vivere e che si è rivelato pieno di sorprese: gli animali e le piante, soprattutto, e le persone nel loro lato più oscuro e selvatico. Con Loriano ci siamo incontrati su questo bisogno, e questo piacere, di raccontare storie intorno ai luoghi: storie vere o inventate, leggende o eventi inspiegabili, o tutto quanto insieme. La nostra montagna è inesauribile. Ci auguriamo che la Bambina del lago ne riveli alcune a chi avrà la curiosità di andarle a scoprire.

Perché la scelta di quel particolare contesto storico?

 Ci pareva necessario raccontare ai lettori qualcosa del nostro passato che ormai appartiene alla Storia. Qualcosa che forse non sapevano o avevano dimenticato. Per ricordare che dobbiamo sempre stare in guardia perché, per citare Brecht, il ventre che ha partorito quel mostro è ancora fecondo. Naturalmente non potevamo essere così brutali e il nostro romanzo racconta quel mondo visto dagli occhi di due bambini.

Una bambina  protagonista: simbolo del nuovo che si confronta con le tradizioni rurali, in parte stravolgendole o c’è di più?

 Abbiamo raccontato una situazione che l’umanità ha sempre vissuto: la fantasia contro la consuetudine. La fantasia aiuta a vivere e a cambiare il punto di vista; la consuetudine cerca di mantenere tutto com’è: appunto, consuetudine. A volte, lo scontro si fa anche violento e allora i cambiamenti diventano problematici. Facile è capire che i due autori sono per la fantasia…

Esiste un target di lettori a cui è più rivolta la storia o tutti possono coglierne le diverse sfumature?

 Credo che possa essere apprezzato sia da adulti che da bambini; naturalmente ognuno coglierà gli aspetti che sono più consoni rispetto alla propria esperienza e alla propria età. I bambini non avranno difficoltà a comprendere il mondo di Aladina e Gufo, a condividerne la curiosità e a credere ai loro ‘poteri’. Ci sono piante magiche, animali bizzarri e luoghi pieni di un suggestivo mistero, tutto che invita al gioco e alla scoperta; e forse ritroveranno nella metafora narrativa anche le difficoltà che il mondo adulto e razionale pone continuamente sulla loro strada. Ci auguriamo che il racconto aiuti i grandi a ricordarsi della dimensione creativa che spesso crescendo passa in sordina, e ritrovare quell’aspetto fantastico del nostro agire senza cui l’esistenza diventa un triste susseguirsi di ruoli, doveri e lavoro produttivo.

Quanto incide la differenza generazionale tra i due autori, per realizzare un’opera del genere?

 È fondamentale, sia per quanto riguarda l’esperienza viva di ciò di cui si parla che in relazione alle modalità di scrittura. Ognuno di noi due ha portato nel romanzo ricordi e riflessioni molto differenti, e quello che abbiamo cercato di fare è stato amalgamarli in un insieme coerente che desse vita a uno stile terzo rispetto ai due nostri personali. Seppure è difficile distinguere gli apporti, e forse anche poco sensato, certamente possiamo dire che lo sguardo di Loriano è focalizzato particolarmente sulla Storia con la S grande e sulla sua storia personale dentro di essa, e dunque lui ha portato nella “Bambina del lago” un riflesso dei suoi ricordi, delle esperienze vissute e dei personaggi incontrati. Il mio interesse per gli aspetti legati all’esplorazione dell’infanzia, del gioco e della creatività, ha contribuito a plasmare le atmosfere emozionali del racconto e arricchire il tessuto relazionale dei rapporti fra i personaggi. Ma poiché ognuno di noi è intervenuto sul lavoro dell’altro, sfido i lettori a districare il viluppo stilistico e narrativo che costituisce l’originalità del romanzo. Noi stessi, rileggendolo, non ci riusciamo.

Se dovessi descrivere “La bambina del lago” con tre aggettivi, quali sceglieresti?

 Rigenerante, onesto, prodigioso (nel senso di ‘pieno di prodigi’)

In questo contesto storico di emergenza sanitaria, le responsabilità di chi costruisce storie sono più importanti?

Le responsabilità di chi costruisce storie sono sempre importanti perché in realtà viviamo continuamente in un contesto di emergenza e oggi ce ne rendiamo conto in misura del clamore che questo specifico tipo di emergenza suscita. I morti per inquinamento ambientale o incidente d’auto, senza pensare a tragedie ben maggiori, come le guerre, non hanno nulla di meno ‘emergenziale’, per numero, gravità e trasversalità, rispetto al rischio sanitario attuale. Semplicemente ci siamo abituati. Diamo per scontato, fino a dimenticarcene, lo scotto che è necessario pagare al sistema economico occidentale.

E dunque chi scrive, racconta sempre l’esperienza di vivere pericolosamente. Non solo la racconta, ma cerca di leggerla in filigrana (e offrire ai lettori questa riflessione) per comprendere i meccanismi e trovare strade verso un pensiero differente che finalmente ci consenta, se non di vivere meglio, di vivere meno peggio.

 

Foto da internet

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