La Cultura (NON) si ferma in Appennino: Roberto Carboni

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Roberto Carboni

 

Il secondo appuntamento della rassegna letteraria virtuale, organizzata dai comuni di Monzuno e Loiano, si tinge di giallo o sarebbe meglio dire di noir.

Ospite di questo nuovo incontro è lo scrittore Roberto Carboni, ex tassista ed ora esploratore a tutto tondo dei meandri più oscuri e imprevedibili dell’animo umano.

Un viaggiatore del lato oscuro che risiede in ciascuno di noi e attende con pazienza la scintilla per scatenarsi, mentre Bologna diventa il calderone dei misteri di un narratore che, negli anni, ha dimostrato non soltanto di saper evolvere, ma anche di riuscire a dare una propria identità, sicuramente più intrigante, a un genere forse ormai troppo incasellato.

Vincitore del prestigioso Nettuno D’Oro e di altri importanti riconoscimenti nazionali, Carboni ha fatto il salto di qualità già da diversi anni, trasformando la sua passione in un lavoro a tempo pieno, sempre sfornando incubi e deliri senza sosta, ora per la prestigiosa casa editrice Newton Compton, per la quale ha pubblicato il libro “Il giallo di Villa Nebbia”, sua ultima fatica letteraria.

Residente sulle colline del nostro Appennino, Carboni è anche docente di scrittura creativa e realizza interessanti seminari sulla psicologia e i disturbi comportamentali dell’essere umano, affiancato da esperti del settore.

 

 

Roberto Carboni, scrittore dalle molteplici personalità. Ce n’è una che ti fa paura e che temi di esplorare?

Quasi tutti gli aspetti del mio inconscio mi spaventano, per questo cerco di esplorarli.

Tra il fango si scoprono le pietre preziose più splendenti e inaspettate. Basta non lasciarsi prendere dal panico quando ci si vede realmente per ciò che si è.

 

Nel tuo nuovo libro, hai detto che la protagonista è la Villa. Quanto è importante lo scenario, il contesto e il luogo per la buona riuscita della storia?

Molto: la villa è un simbolo e le metafore dialogano con l’inconscio del lettore, contaminandolo dall’interno, in profondità inaspettate, rivelandosi a lui solo in parte, soprattutto con gli stati d’animo contaminati, le inquietudini.

Seleziono con cura le parole che uso, la loro posizione all’interno della frase, per creare suggestioni. Fare lo scrittore è un lavoro talmente bello che non c’è nemmeno bisogno di spiegare il perché.

 

Quanto ha influito questo stravolgente periodo storico nella tua creazione letteraria, se ha influito?

Il tempo è la quarta dimensione. Ogni storia va contestualizzata nello spazio, ma anche nel tempo. Il tempo di Villa Nebbia è quello che va dal 1968 al 1978, perché erano gli anni del thrilling italiano. Ma anche il momento storico adatto al personaggio: Piero Bianchi.

La storia si delineava addosso alla villa con il proprio tempo. Il romanzo successivo, che ho terminato da tre settimane è ambientato ai nostri giorni, perché questo è il suo unico tempo possibile, mentre quello che sto scrivendo ora si svolge nel 1986.

Ogni storia ha un proprio tempo e io la cerco con la stessa cura con cui progetto tutto il resto.

 

Pensi mai ad un ritorno ai racconti? Continui a scriverli in via privata?

A dire il vero, no. Nel romanzo ho la possibilità di esplorare a fondo gli esseri umani e le loro interazioni. Ho scritto qualche racconto, ma non mi entusiasma farlo. L’esperienza in sua compagnia dura troppo poco, non riesco a creare il sentimento che mi lega. Ho bisogno di un tempo che il racconto non può concedermi.

 

La mente umana: un tesoro prezioso o un incubo stravolgente?

Un tesoro prezioso proprio perché è anche un incubo stravolgente. Come le carte del Monopoli: Imprevisti e Probabilità. Non sai mai quello che ti capiterà, nelle mie storie particolarmente.

 

Quanto è importante la musica nelle tue opere?

Questo è un discorso lunghissimo. L’essere umano ha tre macrocanali con cui filtra gli stimoli esterni: visivo, auditivo e GOT (Gusto, Olfatto e Tatto). Ognuno di noi predilige uno di questi canali. Io ero Visivo e Auditivo, con poco spunto GOT.

Ora vivo con Margherita, che è Cinestesica pura (una GOT), quindi mi ha insegnato a inserire questo canale nelle mie percezioni.

Detto questo, all’interno delle mie storie ricerco l’aggancio a tutti i canali possibili del lettore, in maniera che ognuno riceva gli stimoli e le suggestioni di cui ha bisogno e che fanno poi esplodere il giacimento dell’inconscio.

La musica è importantissima, come lo sono le immagini e gli odori (e le sensazioni). Tutto è importante, la finzione è una cosa tremendamente seria: con una parte del proprio cervello il lettore vuole sognare, ma con l’altra controlla che non lo deludi scrivendo strafalcioni o corbellerie.

Siamo al servizio del lettore e della sua fantasia. Scrivere è un lavoro meraviglioso – l’ho già detto?

 

Foto dal web

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