Appennino e coronavirus – Il silenzio delle chiese

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La Pieve

 

Questo coronavirus, che abbiamo sottovalutato fino a qualche mese fa, da invisibile e nascosto ai nostri occhi, ora è più evidente che mai nei numeri dei media, nelle strade e nei negozi vuoti, nell’attività lavorativa sempre più ridotta, negli ospedali sempre più al collasso.

E così per combatterlo i baci e gli abbracci hanno dato il posto alla diffidenza reciproca, senza potersi dare nemmeno una stretta di mano e dove la  paura inconscia per uno starnuto diventa motivo di terrore.

Non ci sono volute distanze chilometriche per allontanarci, né pc, né tablet, né smartphone, stavolta è bastato un virus sconosciuto che serpeggia nell’aria e altrettanto potente che sta cambiando le nostre abitudini e le nostre vite.

Sindaci e istituzioni, preoccupati per i propri cittadini, danno le istruzioni per l’uso, per salvaguardare noi stessi e gli altri. E ognuno, senza ombra di dubbio, cerca di fare la sua parte e per il ruolo che ha.

Ma se in città la vita frenetica ti fa notare meno le porte chiuse delle chiese come se fosse una cosa normale, nei piccoli paesi dell’Appennino, come Granaglione e Porretta, dove la chiesa è un centro di aggregazione importante, soprattutto domenicale, la porta chiusa diventa pesante come un macigno, mai successo da secoli, se non in periodi di gravissima peste come ci ricorda la storia.

E allora c’è chi, in questo periodo, peraltro di Quaresima, non si scoraggia di fronte a questo silenzio delle chiese, come i parroci Don Michele Veronesi e Don Lino Civerra che celebrano la messa a porte chiuse restando in contatto continuo con i fedeli, attraverso i mezzi tecnologici a disposizione.

Loro due non sono di sicuro come i preti di una volta, che suonavano personalmente le campane e non avevano telefoni se non quello fisso della canonica.

Certamente i nostri parroci di Alto Reno Terme,  parroci da terzo millennio, si sono trovati ad affrontare un nuovo nemico inaspettato, viscido e pericoloso e che lo combattono usando Youtube per non privare i propri fedeli della messa domenicale e tantomeno della stazione quaresimale, celebrandole senza nessuna abbreviazione, come se la chiesa fosse piena di gente; lo combattono usando i social per non spezzare, in questo periodo di privazioni non solo della società civile ma anche della Chiesa, quel filo che li lega ai parrocchiani e mantenere con loro e con Dio quel rapporto di empatia necessario a superare l’emergenza coronavirus.

San Niccolò di Granaglione

 

Mentre tutte le attività quotidiane e domenicali che creano assembramento, come il catechismo per i ragazzi, le attività di oratorio, la catechesi per gli adulti, le benedizioni pasquali nelle case sono state annullate momentaneamente creando sicuramente disagio nelle comunità granaglionesi e porrettane.

Così le chiese, più belle che mai con i loro maestosi campanili nella valle del Reno, da punti di aggregazione e di gioia per le nostre piccole comunità, diventano anche in Appennino luoghi di silenzio dove guardarli da fuori, increduli e confusi per tutto quello che ci sta accadendo.

E dove guardarli con nostalgia e speranza non sarà mai abbastanza!

 

Foto di Pasqualina Tedesco

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