ALTO RENO TERME: L’albero del pane, l’albero del futuro?

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Foto di Pasqualina Tedesco

 

Ottobre, un mese che ti abbraccia all’improvviso, con i suoi caldi colori d’autunno e col suo profumo inebriante di caldarroste.

Ma un profumo che nel granaglionese viene da lontano, dai castagneti matildici ai castagneti di oggi diventati sperimentali e all’attenzione nazionale e internazionale per la biodiversità come quello del Parco Sperimentale Didattico di Varano in collaborazione con l’Università di Bologna; un profumo che sa di fumo sprigionato dagli antichi essiccatoi come il Caniccio di Granaglione, dove le castagne dopo quaranta giorni di cura da parte dei volontari del Consorzio Castanicoltori presieduto da Bruno Valdiserri, di fuoco acceso con ceppi di castagno, saranno pronte per essere macinate per arricchire la tavola moderna con specialità di farina dolce.

E anche se oggi il suo uso in tavola è un “ di più” ricercato, non bisogna dimenticare che il castagno era chiamato “l’albero del pane” e le castagne “il pane dei poveri” perché per secoli ha assicurato la sopravvivenza delle popolazioni montanare.

Ai castagneti di Granaglione è rimasto il nome di “matildici” perché affondano le radici ai tempi di Matilde di Canossa, quando questa Granduchessa del Medioevo e sovrana di tante terre, tra cui l’Appennono tosco-emiliano, volle sviluppare la coltivazione intensa dei castagni affinchè i suoi sudditi avessero una risorsa sicura di sostentamento e così è stato per secoli fino alla metà del ‘900. Con le castagne la gente montanara preparava pagnotte, necci, frittelle e poi le conservava secche per cucinarle durante i mesi dell’inverno, quando il clima rigido non permetteva altre risorse.

Il castagno, è stato oggetto di attenzione in convegni recenti tenutosi all’Hotel Santoli di Porretta Terme dove gli addetti ai lavori, anche del versante toscano, hanno evidenziato a gran voce che ripristinare la coltivazione dei castagneti sarebbe una risorsa per tutta la montagna. Ma è anche vero che voler mantenere i castagneti significa andare incontro a tante criticità come quello del duro lavoro manuale difficile da reperire in tempi moderni in cui le offerte di lavoro sono di tutt’altro genere o andare incontro a vari e vessatori adempimenti burocratici e fiscali, e i costi che magari non ricompensano del lavoro fatto.

Di queste criticità non ha avuto timore Domenico Medici, presidente dell’Associazione Castanicoltori Alta Valle del Reno, a cui sono stati dati anche riconoscimenti importanti per la sua attività. Di recente ha partecipato al progetto del nuovo “tortino di Porretta” preparato con farina di castagne, una novità molto apprezzata e svelata da qualche giorno con Orlando Corsini, produttore insieme ai suoi familiari del classico tortino di Porretta al limone e con le varianti ai frutti di bosco, alla carota, allo yogurt, all’evento di Porretta Slow nel week-end trascorso.

Questa specialità arriva a distanza di anni, dal 2004, quano Granglione lanciò la coraggiosa sfida in commercio della birra Beltaine alle castagne.

E se la castagna ha portato sul territorio queste due apprezzate eccellenze, nonostante il duro lavoro di mantenimento dei castagneti, dalla pulitura alla raccolta e della lavorazione delle castagne dall’essiccazione alla macinatura e conservazione, vuol dire che i sacrifici alla fine ripagano.

Sacrifici che sicuramente, affiancati da nuove attrezzature e tecnologia in aiuto al lavoro manuale dell’uomo, potranno dare una seria svolta al futuro della montagna.

E lo dimostrano la miriade di eventi e sagre a base di castagne in Alto Reno Terme tra ottobre e novembre, con una forte attrattiva per questo umile frutto e per il quale ogni evento rappresenta un successo per il territorio.

Ci sono tutti i presupposti affinchè davvero “l’albero del pane” dei nostri trisavoli possa diventare “l’albero del futuro” delle nuove generazioni.

Folto di Pasqualina Tedesco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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