Testo e foto di Enrico Pasini

 

Le mie vacanze in tranquillità, pace pura respirando aria buona, fresca, pulita, aria che ha il sapore di muschio e di timo, che penetra nei polmoni e li pulisce dallo smog cittadino.

Le mie vacanze al Corno Alle Scale, a La Cá, vacanze fatte di passeggiate, nuotate in piscina, tuffi gelidi nel Dardagna, uno sdraio in giardino, un libro da leggere, le nuvole che corrono e le stelle che cadono, un giro dal pastore a prendere un pecorino, due foto allo Scaffaiolo con un’occhiata alla Toscana, controllando se si vede il mare e poi soprattutto, immancabile, la bicicletta, dall’alba fino al mezzodì, lungo quelle strade nascoste dai boschi, strade che da Bologna sogno tutto l’anno.

L’estate 2019, ciclisticamente parlando, resterà storica e penso irripetibile.

Sono rimasto sui miei monti una decina di giorni, uscendo 5 volte, un giorno si e uno no, un giorno fatica, un giorno riposo, pedalando in solitaria e in compagnia, accompagnando e facendomi accompagnare dagli amici di una vita di pedalate, su salite e discese che difficilmente dalla pianura riusciamo a raggiungere.

Il primo giro arrivava dopo dieci giorni fermo, al mare, sdraiato sulla spiaggia e le valige ancora fatte. Il tempo di arrivare, dormire la notte e svegliarsi con il sole che ancora doveva sorgere dal Serretto. Tutte le mattine d’uscita in bici a La Cà son fatte di colazione in giardino sotto il portico, una tazza di cereali, il caffè fumante, un succo di frutta e un croissant.

L’obbiettivo era fare un giro lungo, ma non troppo faticoso, in modo da far riprendere la gamba dall’ozio marittimo.

Il Passo Cento Croci non lo avevo mai raggiunto, cercando su Goggle Maps avevo notato che tra andata e ritorno avrei fatto più o meno 120 km. Era quello che mi ci voleva, non capivo quanta salita avrei dovuto affrontare ma non mi sembrava esagerata.

Studiando su Google Maps avevo notato che una delle opzioni, la più corta, mi faceva passare da Sassostorno. Decidevo di tenerla per il ritorno e di allungare quindi da Vaglio e poi da Lama Mocogno. Le scorciatoie in bicicletta sono spesso, se non sempre, traditrici. Non sbagliavo, come invece avevo sbagliato a calcolare il dislivello. La strada dalla fine della discesa di Acquaria era tutta salita, fino al Passo, dove una cappellina salutava i pellegrini che in antichità percorrevano la via Vandelli. Una via imporrante per i Modenesi che arrivavano sul Tirreno senza mai entrare nel territorio Pontificio.

Il rientro con le vertigini a scendere da Sassostorno tanto la strada era ripida, la salita inedita di Montecreto dalla galleria e la Masera, sempre bellissima e cosi calda all’ora di pranzo, che l’ombra dei boschi tra Vidi e La Cá non mi riusciva a rinfrescare. Un giro che doveva essere leggero mi aveva fatto sfiorare i 3000 metri di dislivello, eppure le gambe gioivano dopo tanto star ferme.

Dopo un paio di giorni di riposo mi facevo raggiungere di mattina presto da Lorenzo e Gianluca. La giornata era incerta, nuvoloni viaggiavano nel cielo e l’aria a scendere dalla Masera era fresca come ormai non la ricordavamo. Stavamo affrontando un giro già fatto lo scorso anno con Lorenzo, la conquista delle due cime più alte di questa zona dell’Appennino, Il Cimone da Canevare fin su a Pian Cavallaro lungo la bella strada militare e poi il Corno alle Scale da Farnè.

La salita al Cimone da Canevare è stupenda, affrontata al mattino presto raccoglie tutta la poesia della montagna mescolata al dolce faticare in bicicletta. Il Giro d’Italia negli anni passati l’ha affrontata per due edizioni in discesa salendo da Sestola a Passo del Lupo e scendendo a Fanano. Salita anch’essa bella e dura,  che vide la vittoria della giovane promessa, sbocciata proprio quest’anno, Giulio Ciccone, ma non paragonabile alla bellezza del salire da Canevare, con i campi della parte passa e la faggeta in cima, con le sue rampe micidiali uscendo da Fanano e la dura costanza del finale per arrivare al Lago.

Per salire di nuovo verso il Belvedere, invece che prendere la Masera al tornante subito dopo il Dardagna, siamo andati dritti dove un vecchio cartello indica Castelluccio. Una salita bellissima e molto dura nel finale, quando apre lo sguardo su tutto l’Appennino e dove Corno e Cimone si possono vedere entrambi nella loro maestosa differenza. Purtroppo tutto il primo tratto, in territorio di Lizzano, è lasciato andare e ormai distrutto. Chiamarlo serrato tra tratti in ghiaia, tratti in asfalto vecchio e tratti in ciottolato dove riaffiora l’antica strada, è un complimento. Gianluca cadeva due volte, poco pratico di quel pedalare, ed è veramente un peccato trovare spesso strade di confine che non interessano ad un comune, vedi per esempio il versante bolognese che sale a Passo della Collina, lasciati andare in quello stato. Quelle stradine sono parte della nostra storia e sono un vero e proprio patrimonio. Non si possono trattare così, non si dovrebbe.

Salita vera, poco conosciuta, non considerata, sottovalutata, è quella che sale da Farnè fin su al Corno Alle Scale, dodici chilometri e novecento metri di dislivello per arrivare alle piste, (la salita finisce alle Polle, non al Cavone) . Una salita che forse faccio solo io e pochi altri per salire al Corno, una salita che attraversa boschi di castagni e querce, pinete, abetaie e faggete fresche e luminose che da Madonna Dell’Acero al Cavone accompagnano una fatica vera. Una salita di tutto rispetto tra le più dure dell’Appennino, soprattutto affrontata nel finale di un giro di 100 km e 3000 metri di dislivello.

Una fatica che insieme a Gianluca e Lorenzo smaltiamo davanti a dei piatti di cinghiale e tartufo nella sempre ospitale Cà Gabrielli.

Per il terzo giro scendo a Silla, attraversando il buongiorno di Quercia e Gaggio che si stavano svegliando, e dove trovo i ragazzi già cambiati e in sella alla bici dopo aver parcheggiato la macchina sulla via principale.

Direzione Pistoia saliamo lungo la Porrettana dopo aver affrontato la deviazione di Taviano causa la frana di Pavana. Una deviazione bella, in salita, ma che consuma energie che al ritorno sarebbero sicuramente state utili.

Salire in Porrettana è sempre bello, molto pedalabile, da spingere con il rapportone salendo da Porretta, più pendente e un poco più lunga, ma comunque agile da Pistoia. Ogni stagione è adatta per affrontare questa salita, tutta all’ombra dal bolognese, tutta al sole o quasi da Pistoia. Ma personalmente vi consiglio di farla in autunno, quando i boschi sono colorati di rosso e di tutte le sue sfumature e l’acqua scorre in ogni anfratto della montagna.

A pochi chilometri dal centro di Pistoia, nella frazione di Candeglia parte la salita che porta all’Acquerino e alla sua bellissima foresta. Candeglia è una salita difficile da interpretare soprattutto in giornate afose come lo era quel giorno, afa che si impossessava di me a metà dell’ascesa e mi avrebbe lasciato solo una volta sceso dalla bicicletta. La sosta alla fontana della Saracca era stato l’unico momento piacevole di quel giorno, con il secchio a farmi da vasca rinfrescante, mentre la salita da Silla a Vidiciatico mai era apparsa cosi lunga e cosi calda, con il termometro che segnava 35 gradi a Lizzano. Mi sarei ripreso solo alla sera da Massimo, alla Dispensa, quando due birre Gaggioline ghiacciate ristabilivano tutti i miei valori vitali e mi davano un sentore, seppur lieve, di vita. Questo doveva essere il giro più semplice della settimana con 130 km e 2400 metri di dislivello, si rivelò alla fine il più drammatico.

Peggio del pavè …- Foto di Alessandro Galluzzo

 

Il quarto giro era una domanda: “Si può fare la Croce Arcana in bici da corsa, da Capanna Tassoni?”

La domanda l’avevo riposta a diverse persone, chi tra si, chi tra no, chi tra forse, alla fine avevo deciso che l’unica cosa che potevo fare era provare a pedalarla di persona. Insieme a me Ale, che mi dava appuntamento a La Cà alle sette e alle sette lo trovavo dalla Tilde a far colazione, bicicletta parcheggiata sulla terrazza del bar e la macchina a Silla. Aveva parcheggiato alle 6 ed era salito in bici da Gaggio, fino a La Cà assaporando il giorno che nasceva, il gallo che cantava, l’uccellino che si svegliava, e il verde che si accendeva.

Lo invidiavo per quel buongiorno mentre insieme scendevamo verso la Masera e verso il Dardagna, salendo poi verso Fanano ma svoltando poco prima del paese ai Due Ponti dove cominciavamo a salire a Capanna Tassoni e alla Croce Arcana. Salivamo lungo la Riva, eravamo esattamente dall’altra parte rispetto a LaCà, bucandola sarei tornato a casa in pochi minuti. La Riva e i suoi monti con quei massi che rompono il bosco e sembrano appoggiati l’uno sull’altro. L’azione della terra, dei terremoti e delle acque hanno formato sculture che gli occhi imprimono nel cervello ma soprattutto nel cuore. Emozioni, come l’emozione di arrivare alla Croce Arcana, dominando l’Emilia Romagna dall’alto prima di buttarsi in Toscana. Arrivarci in Bici da corsa di può, non è da tutti, è forse un’esagerazione, ma con delle sottili gomme da 25, o da 28, arrivare e scendere dalla  Croce Arcana verso la Toscana è più che possibile. Carichi di un’emozione del genere, scalare dalla Lima fino a Prunetta e da Silla a La Cà risultava un gioco da ragazzi. Il caldo era meno opprimente di due giorni prima, e la gamba dopo un giorno di riposo era più rilassata. Alla fine la stessa risalita, con la stessa fermata alla Saracca, la farò in 6 minuti in meno.

Io mi fermavo a La Cà mentre Ale saliva fino alle piste, scendeva a Silla e tornava a casa in auto, 200 km dopo e con 4000 di dislivello. Ale si stava allenando per la terribile Oetzaeler RadMarathon di Soelden, 250 km 5000 metri di dislivello. Fatta il 1 settembre, la finisce in 9 ore e 10. Un pezzo di quella sua impresa arriva anche dal Corno Alle Scale.

L’ultimo giro il 14 di Agosto, Loris capo, padrone e papà del Bike Studio Team voleva andare a fare il San Pellegrino in Alpe. Gli organizzavo tutto e li facevo arrivare in auto al Boschetto, poco dopo il Molino del Leo sul Fondovalle, con lui altri sei fedelissimi. Li raggiungevo in bici partendo senza sole da La Cá ma con il cielo già azzurro, un magnifico cervo e un gentile Capriolo lungo la discesa della Masera gli unici essere viventi incontrati fin sul fondovalle.

Il San Pellegrino in Alpe è il borgo abitato più alto dell’Appennino, per arrivarci dal fondovalle tagliavamo sui tremendi muri di Olina e di Vaglio e poi muniti di luci attraversavamo la galleria di Monte Creto. Passo delle Radici da Pievepelago è più di una salita appenninica, con il suo pendere poco costante, a volte gentile a volte cattivo, e i suoi boschi contornati da campi vivi e vissuti da storie millenarie. La discesa dal Passo ai Casoni di Profecchia e poi ancora verso Catisglione Garfagnana fino all’inizio della salita, 12 km che sulle Alpi se li sognano, così complicati, illusori, durissimi. Arrivare al San Pellegrino è un’impresa, sempre, è sofferenza, è soddisfazione.

Riportavo sul fondovalle i ragazzi lasciandoli a Poggioraso, dopo aver attraversato, MonteCreto e Sestola. Li salutavo, loro scendevano verso Rocchetta Sandri, io scendevo a Fanano, salivo e scendevo verso il Dardagna,  salendo poi verso Castelluccio di Moscheda, ma senza mai arrivarci. Salivo tutta via Selva fino in cima, poi lungo lo sterrato arrivavo a Montorso e da qui fino a Querciola, accompagnato da centinaia di tafani che allegri si gustano il mio sudore. Arrivavo a Farnè e risalivo a La Cà. Le mie gambe sembravano non avere fine, ma dovevo smettere di pedalare, mio figlio mi aspettava, la farina di Guglielmo mi aspettava per essere impastata e diventar tigella, i salumi di Preci mi aspettavano per imbottire le tigelle e anche la fine di queste vacanze mi aspettava. Arrotondare a 200 chilometri sarebbe stato perfetto, ma finire a Cà Corrieri con 190 km e 4000 metri di dislivello è stato comunque il modo migliore per concludere queste perfette vacanze sui pedali.

La chiesetta di La Ca’

 

Cinque giri in dieci giorni, 679 km pedalati e 12 mila e 300 metri di salite scalate. Tutti partendo e arrivando a LaCà, perfetto punto di appoggio per giri alla conquista delle vette appenniniche più belle zona, dove natura e uomo hanno saputo convivere e dove l’uomo è riuscito a valorizzare appieno le bellezze che gli sono state donate.

Cerchiamo le soluzioni più avveniristiche e quindi spesso più complicate per valorizzare i nostri amati monti, quando in realtà basta una bicicletta, o anche semplicemente i nostri piedi, per poter apprezzare quanto bello e prezioso sia il territorio che viviamo.

I giri di Agosto 2019, partenza e arrivo da La Cà:

Passo Cento Croci 121 km, 2900 metri di dislivello. Salite scalate: Sestola, Cà di Olina, Vaglio, Barigazzo, Passo Cento Croci, Monte Creto, Sestola, Masera, La Cà da Vidiciatico.

Cimone Corno Cà Gabrielli 111 km, 3000 metri di dislivello. Salite scalate: Cimone PianCavallaro da Canevare, ValPiana, CornoAlleScale da Farnè, CàGabrielli da via Borelle.

Candeglia 130 km, 2400 metri di dislivello. Salite scalate: Ponte Della Venturina-Badi, Signorino, Candeglia-Acquerino, La Cà da Lizzano.

Croce Arcana, Prunetta 127 km, 2700 metri di dislivello. Salite scalate: Croce Arcana dai DuePonti, Prunetta, La Cà da Lizzano.

SanPellegrino in Alpe 190 km, 4000 metri di dislivello. Salite scalate: Cà di Olina, Vaglio, Passo delle Radici, San Pellegrino in Alpe da Pieve Fosciana, MonteCreto, Sestola, Querciola da Via Selva, La Cà da Farnè.

 

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