Il panorama dell’Appennino visto dal piazzale della chiesa parrocchiale 

Testo e foto di Fabrizio Carollo

 

Si sa, sono un esploratore.

O almeno, lo sanno tutti quelli che mi conoscono bene e che condividono le mie passioni.

Ma le mie esplorazioni sono diverse, particolari. Mi piace dire che sono percorsi del cuore e dell’anima, ovvero quelli che accrescono una persona, rendendola forse più matura e più consapevole, non soltanto dei luoghi fantastici che ci circondano e che abitiamo, spesso senza troppa attenzione nei loro riguardi, ma parlo di quei piccoli viaggi che si snodano nei sentieri che, talvolta, non vengono più battuti oppure quelle mete scoperte per puro caso e poco reclamizzate, ma altrettanto affascinanti, specialmente quando suscitano un irresistibile ritorno al passato e nelle quali sembra di respirare ancora quell’aria di protezione e identità verso un tempo che fu e non è ancora completamente andato.

Esplorazioni dell’anima e umane al cento per cento, dove la passione per la fotografia integra quella per la scrittura, nella speranza di dare infine un resoconto dettagliato, anche se personale, di quello che si prova a visitare luoghi che ancora resistono e che sono un simbolo di quell’Appennino che si vuole svelare soltanto ai più sensibili e tutti coloro che hanno voglia di vedere e ascoltare i rumori, i colori, le sensazioni di ciò che fu  e che ancora echeggia tra gli alberi e gli scheletri delle abitazioni immerse nel verde e protette dagli animali che fanno capolino fra i cespugli.

Casola – Casoncelli

Una piacevole scoperta. Ecco come potrei riassumere in una sola frase, la gita in questa piccola frazione di Castel Di Casio.

Consigliato da tempo da chi, come me, è attento ai tanti aspetti di questo territorio, decisi finalmente di raggiungere questa località, in un pomeriggio di sole forse anche troppo battente.

Subito, la sorpresa mi avvolse, quando i tornanti e le salite terminarono al cospetto di un piazzale che sembrava dare il benvenuto al nuovo viandante e, dopo aver lasciato l’auto all’ombra di un imponente albero nei pressi della chiesa, scesi con l’entusiasmo di un bambino, fedelmente accompagnato dalla mia reflex, che già scalpitava per poter raccogliere le immagini delle tradizioni e della stupenda cornice di un luogo dove il tempo sembra essersi completamente fermato, in attesa di essere ancora ammirato.

Casola è piccola e graziosa, ma immediatamente infonde un senso di potenza e identità a sé stante, senza nulla da invidiare ai comuni più popolati e più frequentati.

La chiesa di Santa Maria Assunta e la torre seicentesca che la affianca sono qualcosa che non ti aspetti di trovare, così come la terrazza naturale di fronte all’ingresso dell’edificio sacro, dalla quale si può dominare la vallata. Non appena si varca la soglia, non si può non restare ammutoliti e rapiti dalla pala raffigurante “Assunta”, di scuola bolognese del Seicento, che svetta dietro l’altare, in tutti i suoi colori e nell’importanza della rappresentazione ivi raffigurata.

All’esterno, alcuni sguardi incuriositi accompagnavano la mia visita, mentre gli anziani del paese si davano da fare per allestire la tipica Zampanellata organizzata da un’efficiente Pro Loco.

Ancora qualche decina di minuti, trascorsi in totale relax, passeggiando per le strade del borgo e assaporando quell’indefinibile sensazione di appartenenza e libertà, come un vero cittadino del mondo, accompagnato dai tantissimi click della mia fidata assistente fotografica, per poi decidere di dirigermi verso un sentiero bianco che sembrava addentrarsi nel bosco e non poteva certo essere ignorato dal sottoscritto.

Il cartello ai margini della strada diceva Casoncelli: perché non decidere di raggiungere un luogo dal nome tanto curioso e quasi tenero a pronunciarlo?

Nonostante l’umidità di una primavera che già strizzava l’occhio all’estate ormai prossima, passo dopo passo e sempre ammirato dalle meraviglie della natura, giunsi così a pietrificarmi dall’emozione, una volta raggiunto un piccolo complesso di abitazioni ormai abbandonate, ma non per questo fatiscenti.

 Casoncelli

Nessun senso di inquietudine, anzi tutt’altro: spinto dalla voglia di scoprire meglio quella piccola oasi di passato, mi aggirai con prudenza, completando un reportage magari non degno delle riviste più autorevoli, ma certamente importante per quello che mi riguarda e che da un senso a ciò che faccio.

La pietra, la vita che ancora respira dentro le mura consumate, i dettagli ed il silenzio. Ogni cosa perfetta e al suo posto, come se tutto fosse stato sempre così.

Non sempre (anzi, quasi mai!) è facile narrare un viaggio del genere senza scadere nel banale o nel già detto, ma invece tentando di riportare in maniera efficace le sensazioni provate, cercando le parole giuste e riscoprendole ancora vive dentro sé stessi, nella speranza che anche il lettore possa riceverle nel modo giusto e venga spinto dalla curiosità di percorrere la medesima strada.

Una esplorazione che mi ha fatto tornare a casa ricco come raramente accade, immaginando storie e sentimenti, ispirandomi per raccontare ancora la vita di questi luoghi, che di storie e storia ne hanno ancora tanta, aiutandomi con immagini e parole, nella convinzione sempre presente che solo l’entusiasmo che si possedeva da ragazzi, se mantenuto, può cogliere nel modo giusto lo spirito di realtà come quello offerto da Casola e Casoncelli.

 

SHARE

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here