CARABINIERI BOLOGNA – Indagine “Sicilia Errante”: eseguite due Ordinanze di Custodia Cautelare in carcere.

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Prosegue ininterrotta la campagna avviata dal Comando Provinciale dei
Carabinieri di Bologna tesa al contrasto dei reati predatori, con
particolare riferimento al settore dei furti e delle truffe agli anziani,
tra le fattispecie più fastidiose proprio perché in grado di colpire
facilmente una delle fasce tra le più esposte della popolazione. La stessa
si fonda sul combinato disposto di attività investigativa e prevenzione.

Proprio al segmento prevenzione si sta attualmente dedicando gran parte
dello sforzo, attraverso mirata opera di sensibilizzazione e, sotto un
profilo generale, di rassicurazione sociale che tende a consolidare il
tradizionale rapporto di vicinanza dell’Arma ai cittadini, sintetizzabile
nel concetto di “POLIZIA DI PROSSIMITÀ”, con particolare riguardo a quanti
si trovano ricompresi nelle fasce più deboli ed indifese. La sicurezza oggi
più che mai è un bene assoluto per gli anziani, spesso messa a repentaglio
dall’azione di criminali senza scrupoli che approfittano della loro buona
fede. D’altro canto i fenomeni in parola risultano legati anche alla
particolare strutturazione delle famiglie dei nostri tempi, e dalla
solitudine in cui molti oggi vivono, soprattutto in tarda età.

Tali fattispecie di reato rappresentano non soltanto un evidente danno
economico, ma anche un vero e proprio motivo di caduta psicologica: sempre
più spesso accade che le vittime si chiudano in se stesse, andando a
compromettere anche la propria autonomia e socializzazione.

In quest’ottica l’attività che – soprattutto in riferimento al segmento
truffe –  il Comando Provinciale dei Carabinieri, sotto l’egida del Prefetto
PIANTEDOSI, sta ulteriormente promuovendo nell’ambito di parrocchie, centri
culturali, circoli ricreativi, sedi di associazioni di quartiere ed anche
attraverso mirato “porta a porta” presso le abitazioni private, soprattutto
nei centri e nelle frazioni più piccole ed isolate. I Carabinieri stanno di
fatto operando con la collaborazione di Enti locali ed autorità religiose
per parlare con gli anziani, informarli sulle modalità – peraltro in
continua evoluzione – attraverso le quali le truffe vengono perpetrate e
fornire loro consigli mirati affinché possano difendersi dalle subdole
tecniche utilizzate dai malviventi per introdursi in casa.

Il riscontro è sempre più positivo, laddove al termine di questi incontri i
partecipanti acquisiscono sempre più la consapevolezza di un concetto
importante: quello della “SICUREZZA PARTECIPATA”, utile al fine di prevenire
i reati e promuovere in maniera sempre più efficace e proficua
l’indispensabile collaborazione con chi è impegnato a contrastarli. Proprio
la fiducia nelle Forze dell’Ordine e la collaborazione con i cittadini
divengono presupposti fondamentali alla costruzione di un efficace rete di
comunicazione che permette di prevenire ed arginare quelle che sono le più
frequenti situazioni di pericolo.

In quest’opera di prevenzione vengono coinvolti anche i medici di base,
associazioni di categoria e sindacati, oltre naturalmente a responsabili
degli istituti di credito, banche ed uffici postali, invitati a segnalare
eventuali operazioni sospette e/o insoliti movimenti di denaro effettuati
dai pensionati. Brochure e vademecum informati vengono affissi nei luoghi di
maggior aggregazione (centri commerciali e supermercati di zona, sale di
attesa dei vari uffici dell’Arma) o inseriti nei bollettini parrocchiali
diffusi dalle varie comunità religiose.

Ovviamente l’attività in corso si sostanzia anche sulla repressione delle
fattispecie delittuose che emergono, anche grazie alla massima diffusione di
quei comportamenti/segnali “spia” che consentono di innalzare il livello di
attenzione, anche perché sotto un profilo generale, la truffa è articolata
su alcune fasi, di fatto imprescindibili, al di là delle connesse “varianti
sul tema”:

–                      “individuazione del target”;

–                     “acquisizione di informazioni personali”, realizzata
attraverso i modi più disparati, ovvero veri e propri servizi di
osservazione e/o pedinamento delle vittime, telefonate tese a verificarne
presenza o meno a casa e compresenza eventuale di altri familiari;

–                     “eventuale acquisizione di ulteriori dati sensibili”,
tesa a completare il quadro informativo sulla vittima, attraverso il
supporto di terzi ad esempio impiegati in pubblici uffici e/o attraverso
l’impersonificazione di pubblici ufficiali e/o addetti a pubblici servizi
potenzialmente in grado di chiedere lecitamente determinati dati;

–                     “fase esecutiva” del reato, realizzata attraverso la
“messa a sistema” delle informazioni acquisite, sfruttando ora e luogo
ritenuti meno rischiosi, secondo le “tecniche” più variegate. In tale quadro
basta ricordare le note truffe perpetrate simulando l’appartenenza alle
Forze dell’Ordine, piuttosto che datati rapporti amicali che stimolano la
vittima ad abbassare le difese e ad aprirsi al criminale di turno.

Esempio lampante quello palesato dall’indagine “Avvoltoio” condotta qualche
mese fa dal Nucleo Investigativo di Bologna, che colpiva uno strutturato
sodalizio criminale dedito alle truffe secondo precisa metodologia:
contattavano le vittime, presentandosi quali “avvocati”, ed indotte a
credere che un parente fosse coinvolto in un sinistro stradale e che lo
stesso, privo di assicurazione, fosse stato trattenuto in una “Caserma dei
Carabinieri”. Per rendere il tutto più credibile, la conversazione veniva
indirizzata ad un finto “Maresciallo dei Carabinieri”, che rassicurava i
malcapitati sulle buone intenzioni dell’“avvocato”, carpendone così
definitivamente la buona fede ed inducendole a consegnare ad un altro
complice, presente nelle vicinanze ed in contatto diretto con l’”avvocato”,
denaro o preziosi, per pagare il bollettino dell’assicurazione.
Nell’occasione il GIP del Tribunale di Bologna aveva emesso un’ordinanza di
custodia cautelare nei confronti di 9 soggetti ravvisando nelle condotte dei
correi il reato di cui all’art.416 C.P.. in relazione ad oltre 40 truffe
commesse tra le città di Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Catanzaro, Roma,
Cosenza, Bari e Avezzano (AQ).

Si è trattato di una contestazione assolutamente originale, innovativa ed
efficace rispetto alla fattispecie delittuosa: aver fatto emergere la
matrice ideativa comune ed aver individuato gli elementi fattuali
costitutivi di un’associazione finalizzata a commettere una serie
elevatissima ed indeterminata di truffe pluriaggravate in danno di anziani,
con condotta protratta nel tempo ed ancora in essere, agendo mediante
ripartizione dei compiti, con carattere di continuità e stabilità, ha
permesso di aggredire in modo incisivo fenomeni delittuosi nei cui
confronti, se presi singolarmente, la normativa vigente non offre strumenti
di contrasto efficaci ed adeguati.

Su quella linea sono proficuamente continuate le attività di contrasto,
grazie anche alla particolare sensibilità evidenziata dall’Autorità
Giudiziaria bolognese, e segnatamente dal Procuratore Giuseppe AMATO. Le
stesse stanno, infatti, via via fornendo risultati quanto mai concreti in
termini di efficacia: prova ne è l’emissione il 29 gennaio u.s. dall’Ufficio
GIP del Tribunale di Bologna di due Ordinanze di Custodia Cautelare in
Carcere, emesse in direzione di altrettanti soggetti – gravati da numerosi
precedenti per reati contro il patrimonio – per i reati di furto aggravato
in concorso commessi negli ultimi mesi del 2017 in provincia di Bologna.
Trattasi di D.B., 22 enne siracusano e R.F., 38 enne catanese, individuati
quali responsabili d’una serie di furti, con particolare riferimento, tra
gli altri, a quelli in danno di M.S., 86enne di Argelato (BO), alla quale,
il 29 settembre scorso, venivano sottratti circa 10.000 euro tra denaro
contante e monili in oro, e L.E., 81 enne di Calderara di Reno (BO), che il
2 ottobre scorso si vedeva privata di circa 3.000 euro in preziosi.

Significativa l’attività che ha portato all’individuazione dei soggetti,
laddove sin dal mese di luglio scorso le attività sul territorio
consentivano di individuare la presenza di famiglia di origini siciliane,
più comunemente denominata “CAMMINANTI DI NOTO” che aveva prescelto proprio
la provincia bolognese quale “base operativa”, posizionandosi fisicamente in
una zona periferica a vocazione prettamente agricola. Le attività di
analisi/accertamento condotte sul territorio consentivano di individuarne
gli appartenenti e di allontanarla formalmente.

Ciononostante, dal mese di settembre sul territorio veniva registrata una
serie di reati “a macchia di leopardo” che per modalità e sviluppo
“geografico” sull’area potevano essere agli stessi riconducibili. Di fatto
le indagini, sviluppate su doppio binario attraverso attività tecniche di
videosorveglianza e di identificazione fotografica condotte con l’ausilio di
alcune vittime, acclaravano la responsabilità di alcuni degli appartenenti
al citato nucleo criminale che, benché allontanatisi dalla provincia,
operavano saltuari blitz in zona per poi far perdere le loro tracce.

Nel giro di pochi mesi venivano individuati e loro ascritti una serie di
reati contro il patrimonio, sino alla formalizzazione delle richieste
all’Autorità Giudiziaria ed alla conseguente emissione delle misure
cautelari.

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