A Porretta è risaputo vi è sempre stata una tradizione musicale, che varia in ogni genere e perdura da decenni. La storia musicale di questo territorio ha secoli di storia, le fonti ci riportano fino al 1610, anno in cui il compositore bolognese Camillo Cortellini dedicò ai Conti della Porretta (i Ranuzzi, nda.) una raccolta di Magnificat per Coro e Basso Continuo.
Da allora tanti anni sono passati, e tanti generi musicali si sono succeduti fino a noi. Dal Barocco alla Classica, dal Liscio alla musica bandistica, dall’Opera al Soul. Tutta questa musica ha risuonato nella nostra valle, e tuttora risuona grazie ad associazioni e organizzazioni di prima qualità, quali il Soul Festival, Alto Reno Baroque Music Festival, Corsi di Musica di Castelluccio, la Banda di Porretta, Buonanotte ai Suonatori, Teatro Testoni di Porretta e molti altri.
Una di queste organizzazioni da ben 5 anni ha raggiunto e confermato un grande progetto. Riportare l’opera lirica a Porretta Terme dopo decenni di assenza (probabilmente prima del ventennio, quando il teatro settecentesco a 2 ordini di palchi, realizzato dai conti Ranuzzi nell’odierna sede del Municipio, al primo e secondo piano, demolito appunto, per far posto al suddetto). Tanti anni sono passati, ma grazie al progetto lanciato (e preso al volo) al Teatro Testoni di Porretta, capitanato dall’Associazione S.M.Maddalena, dal Regista Lorenzo Giossi, oggi possiamo senza alcun ombra di dubbio affermare che Porretta è la città della musica a 360 gradi. Non c’è un solo stile musicale che non sia realizzato a Porretta e dintorni durante l’anno.
E per festeggiare il 5 anno di questo impegnativo progetto, il teatro Testoni ha deciso di festeggiare 2 volte insieme. Questo perché quest’anno l’opera (che sarà La Cambiale di Matrimonio, prima opera di Rossini, opera buffa in 2 parti, nda.) sarà realizzata nella serata dell’ultimo dell’anno, il 31 dicembre, ore 21.30. Un modo molto inusuale ma allo stesso tempo divertente di passare l’ultima serata del 2017.
Ma per capire meglio questo progetto e questa serata abbiamo intervistato il “Lanciatore” di questo progetto. Il giovane regista bolognese Lorenzo Giossi, che ci ha dedicato un po’ del suo prezioso tempo.
Lorenzo Giossi
-Cosa l’ ha spinto a intraprendere la strada professionale nel mondo teatrale?
-Sembra sia stato naturale, col padre baritono e seguendolo in ogni tournée in tutto il mondo, assistendo alle prove. Fin da piccolissimo sono stato a contatto con grandi cantanti, direttori d’orchestra e registi. Il teatro è nel dna.
-Come mai proprio nel campo della regia e scenografia?
-Fin da bambino mi divertivo a seguire le prove delle opere. Quando poi tornavo a casa facevo un buco nella scatola del pane biscottato e facevo il mio teatrino con tanto di scene in miniatura e casalinghe. La passione per il canto era molto presente poi ha trionfato la passione per curare tutto l’allestimento, non solo un ambiente. Ovviamente con i dovuti studi musicali.
-A volte probabilmente capita di dover scegliere tra due lavori diversi, tra regia e scenografia cosa preferirebbe fare?
-E’ sempre una bella sfida la scelta, in quanto tendo sempre a mantenere completa la mia idea firmando l’intero allestimento. Sono due campi che amo… così a freddo la regia in quanto comunque si da la chiave dell’opera. Ma la scena è super intrigante perché bisogna saper tradurre quello che vuole il regista e spesso costruirla.
-Con Porretta sicuramente ormai hai un filo diretto per i suoi lavori. Bergamo per lei sicuramente è una città semi natale, visto le origini della tua famiglia, ma cosa l’ha portato a Porretta ?
-Bergamo è un teatro che mi ha dato la possibilità di crescere. Ormai sono il regista bergamasco e mio padre che è di Bergamo, ma vive da tantissimo a Bologna è diventato il baritono bolognese. Con Porretta c’è un legame particolare. Tutto è nato dalla sfida che lanciai e che prontamente Giacomo Contro raccolse: riportare l’opera a Porretta dopo decenni di assenza. Consapevoli dell’illustre passato musicale di questo posto con nomi illustri del panorama lirico. Insieme abbiamo cominciato a ricostruire una realtà ormai perduta, il paese ha dato fiducia al progetto ed eccoci qui ancora dopo cinque anni. Porretta inoltre è anche una sorta di palestra per sperimentarmi e provare nuove idee, come lo è per giovani cantanti che poi si lanciano con successo nel difficile mondo dell’opera lirica.
-Diamo un occhio al suo passato nel teatro Testoni: Don Pasquale, Don Giovanni, Barbiere di Siviglia ed Elisir D’amore. Quale di queste opere (a prescindere da come le ha realizzate a Porretta) preferisce?
-Due sono le opere che mi hanno appassionato: Don Pasquale e Barbiere in quanto in entrambe (come nelle altre) ma in queste due in particolare è riuscito particolarmente il processo di scrostamento dalle antiche “caccole” e “stereotipi” di una tradizione passata, non perché era tradizione, ma perché sono opere dove la parola tradizione rappresenta una zavorra che spesso devia dalla vera natura dell’opera stessa.
Gioacchino Rossini
-Quale di queste l’ha più appassionato nel mettere in scena a Porretta?
-Mi ha dato molta soddisfazione il Barbiere di Siviglia, mai avrei immaginato che dopo tre anni ancora fosse un allestimento ancora richiesto e fosse in circolazione nei teatri.
-Quale di queste ha dato più rimpianti? E perchè ?
-Più rimpianti Elisir d’Amore in quanto risente delle problematiche economiche di cui soffrono tutti i teatri, in particolare in un piccolo teatro come Porretta. Nonostante si sia creata una grande atmosfera sul palco con idee funzionanti, la realizzazione scenica (proprio a livello di materiali da costruzione) ha risentito di questo deficit. Il mio sogno sarebbe un maggior incentivo economico verso questa iniziativa che produce nuovi allestimenti da zero senza coproduzioni o noleggi di sorta, con cantanti internazionali.
-Sul palco come regista a Porretta ci sono stati molti artisti a seguire le sue “direttive”, chi più giovane, chi più anziano, chi debuttante, chi professionista. Come ha fatto a farsi “seguire” da una rosa di personalità così varie?
-Penso che la regia non sia “Fai quello che dico e basta”. La regia per me è condivisione e interazione… una volta capito con chi si ha a che fare, si studia la sua personalità e poi si dialoga per arrivare tutti insieme alla meta che sempre deve essere nella chiave dello spettacolo. L’idea è una e va rispettata, ma se un gesto risulta finto e non è sentito dal cantante, assieme si trova quel movimento per trasmettere lo stesso significato che deve sentire anche il cantante. Il regista vive nell’interpretazione del cantante. Col dialogo si può fare tutto.
-Arriviamo al presente. Quinto anno di Opere a Porretta grazie a lei e al suo progetto. Di primo impatto, quando ha capito che è il suo primo “lustro porrettano”, che cosa hai pensato?
-Ho pensato “ Cacchio! E chi l’avrebbe mai creduto?” una follia di cinque anni fa che nemmeno si sapeva se sarebbe andata bene o no. Felicità. Porretta è la prova che se si vuole fare qualcosa, il modo lo si trova.
“La Cambiale di Matrimonio” opera certamente non celebra tra i non addetti ai lavori, e anche molti musicisti la conosco molto poco, o quantomeno per sentito dire. Un regista ha certamente il compito di rendere appetibile un titolo senza nemmeno aprire il sipario. Come poter sciogliere già questo nodo di partenza, per agevolare i lettori di questa intervista a venire il 31 dicembre a vedere quest’opera?
-E’ la prima opera di Rossini che poi sboccerà in opere ben più note. E’ un’opera comica, piena di colpi di scena, una musica scoppiettante e personaggi peperini sul palco. Tutti ingredienti che poi si vedranno in opere come il barbiere di Siviglia. L’aspetto visivo rispecchierà l’aspetto frizzante e giocoso che già sta nella musica. Dopo questo… non dico altro… venite e provare per credere.
-E già, è proprio il 31 dicembre! L’ultimo dell’anno! Una sfida ulteriore convincere la gente a passare l’ultima sera del 2017 a teatro, e non solo, all’opera! Certamente non è un problema che si riscontra solo a Porretta (quest’anno, per la prima volta), ma un problema generale. Già è difficile portarli a teatro, gli spettatori, figuriamoci il 31 dicembre! Ovviamente alla base ci deve essere una rete di comunicazione e di pubblicità da parte del Teatro e dell’Amministrazione locale. Ma il regista di uno spettacolo ha mai veramente influenzato l’affluenza del pubblico a teatro?
-A teatro contribuisce spesso anche il nome, più o meno di richiamo. Certo che il nome di un regista può influenzare l’affluenza di pubblico, ad esempio Strehler, Pizzi, Zeffirelli ecc…. come succede per i cantanti. Accade che gli appassionati si muovano per amore, per venire a vedere lo spettacolo di un regista che conoscono per vedere che “sorprese” ha quest’anno, come per amore di un cantante.
-Diamo un occhio al futuro: il 2018 per lei cosa significherà a livello lavorativo?
-Il 2018 per me sarà un anno di debutti e di lavoro intenso. Importante in quanto si aprirà con un importante debutto alla regia, scene e costumi nell’opera Otello di Verdi. Un’opera che fa tremare le gambe solo a nominarla per la sua complessità e mole musicale.
-E per Porretta? Dopo 5 anni il suo sogno può definirsi realizzato e ora cercherà la “stabilità” del progetto o vuole fare uno scatto?
-Dopo cinque anni di sforzi sarebbe da augurarsi uno scatto. Magari più rappresentazioni? O allestimenti davvero che possano avvalersi di tecnologia costruttiva adeguata? Si parlava prima di problemi economici generali. Questo scatto si può ottenere sicuramente con un aumento delle quantità del vile denaro che, lo si voglia o no, è sempre il punto di partenza. Se da cinque anni non c’è stato un cedimento vuol dire che la base è ottima. Ora bisogna costruirci sopra. Consapevole del lungo cammino, mi auguro che le amministrazioni aiutino l’opera. La gente viene volentieri e dimostra sempre grande interesse. Non sarebbe certo una azione di cui pentirsi. Certo, cinque anni è un grande traguardo
-Siamo alla fine. In 5 anni sicuramente degli errori sono stati fatti, ma il pubblico ha sempre risposto molto positivamente. Che cosa modificherebbe?
-Tutto si può migliorare. E’ una realtà giovane, quindi sempre in continua evoluzione. Io stesso crescendo e maturando cambio il mio modo di vedere e incentrare gli spettacoli.