La legge dei tortellini

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A Bologna, parlo di decenni di anni fa, circolava la famosa “Legge dei tortellini”. Cosa significava ? Poniamo caso di aver a che fare con uno visceralmente amante dei tortellini. Gli si proponeva di passare un anno avendo da mangiare a colazione, pranzo, merenda e cena solo “Tortellini”. Chissà come, la sua passione veniva subitamente smorzata. Perché dico questo ? Per la ragione che in Alto Appennino Bolognese per 365 giorni l’anno, 366 negli anni bisestili, si è continuamente martellati, da vari decenni, dalla pubblicità sciatoria. “La Tua neve” “ Km di piste incontaminate” “Impianti ecc ecc”, insomma dal 1° Gennaio al 31 Dicembre è quella musica. Sembra che nell’intero comprensorio non vi sia altra risorsa. La cosa ha finito per creare una forma di rigetto nel popolo del turismo. Che l’interesse per lo sci sia in diminuzione esponenziale basta leggere gli studi in merito per saperlo. Adesso, però, passo ad esaminare un grave problema sociale nel comprensorio di cui parlo. E’ stato chiuso il punto nascite dell’Ospedale di Porretta per la forte diminuzione dei parti. Ma che strano ! E’ da oltre 40 (Quaranta) anni che assistiamo ad una massiccia e, subdola, politica di espulsione della fascia giovanile dall’Appennino. Carenza di iter scolastici con conseguente impossibilità di inserirsi nel mondo del lavoro, inadeguatezza di politiche atte a trattenere le fasce giovanili in Appennino. E’ noto, sin dai tempi omerici, che in gravidanza ci finiscono donne in età fertile, espellendo dette donne dalla società, ci sarà sempre meno bisogno di punti nascita. Tutto risparmio per il mondo politico-amministrativo. Tutto ciò che viene tolto al comparto Sanitario ed all’Istruzione può essere convogliato in altre direzioni assai più “redditizie”. Si è chiuso l’Ospedale di Vergato, sembra che quello di Porretta abbia carenza di personale. Verrebbe da pensare che con un altro sforzo, si riesca a far chiudere l’Ospedale di Porretta sostituendolo con un Pronto Soccorso aperto negli orari di ufficio. Quali sono gli investimenti così “Fondamentali” per l’Appennino ? I palazzi dello sport e gli impianti a fune (seggiovie) . Solo che la proliferazione di questi due tipi di investimento, spesso con utilizzi infimi e costi elevati, sono andati di pari passo con il degrado socio-economico delle popolazioni interessate. Andiamo nel pratico. Non è casuale che, all’aumento degli impianti a fune nel comprensorio del Corno alle Scale, vi sia stata, in parallelo, un sistematica diminuzione sia del reddito che della componente giovanile della società in oggetto. Se si è finiti al punto che l’unica specializzazione delle persone in età scolare o lavorativa sia quella di controllare chi sale e chi scende da una seggiovia ed, eventualmente, quella di maestro di sci, ne consegue che così non si aprono molte opportunità di lavoro, sia localmente che altrove. Da qui una delle ragioni della massiccia emigrazione. Si è arrivati al punto che nel capoluogo, Lizzano, ed immediati dintorni, oltre il 70 % delle attività di ristorazione, alberghiere e di intrattenimento abbiano chiuso i battenti. Ed ancora la fase discendente non dà segni di arrestarsi. Non credo che in altre località della zona le cose vadano particolarmente bene. Ciò che inquieta è vedere che da parte istituzionale non si faccia assolutamente nulla per adeguare l’economia turistica alle richieste del 3° millennio e si continui a spingere sull’acceleratore degli impianti a fune. Posso capire che dietro a tali impianti vi sia un cospicuo giro di affari che solletica il mondo partitico, ma penso, anche, che la prima preoccupazione per una corretta gestione amministrativa della cosa pubblica, sia quella di portare benefici alla popolazione e non agli amici dei loro amici. Adesso si parla di carenza di neve, di Crisi Climatica negata dal mondo partitico-amministrativo e, silenzio totale, su Istruzione e fonti turistiche di reddito alternativo agli impianti a fune. Meraviglia anche che una certa percentuale di residenti continui a pensare che la soluzione di tutti i problemi dell’Alto Appennino Bolognese sia legata al numero degli impianti a fune. Perché costoro non vanno a leggersi gli studi fatti da un Dipartimento dell’Università di Bologna ed altre analisi in merito fatte da persone competenti ? Che dietro alla smania istituzionale per detti impianti non vi sia molta chiarezza lo dimostra il fatto che non è stata supportata da alcun studio serio ad alto livello in merito al ritorno economico, al loro utilizzo e quant’altro. Tanto fumo e niente arrosto. Vi è, poi, stata una vergognosa pubblicità pro impianti a fune raccontando che detti impianti avrebbero servito per portare persone con handicap motori a spasso sul crinale appenninico. Ci ha pensato il Presidente della Federazione delle Associazioni di tali persone a far cessare tale oscenità con una lettera in merito. Purtroppo, quando girano valanghe di milioni, difficilmente si riesce a far ragionare chi maneggia tali capitali di danaro dei contribuenti. Come dice Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare “Malanno, ti sei messo in moto, ora vai avanti da solo”, ci potrebbe anche essere il rischio di sentir dire che detti impianti servirebbero per portare i ciechi in crinale a vedere i tramonti sul Mar Tirreno.

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